venerdì 18 maggio 2012

Mahler - Toblach


Risalendo la val Pusteria, superata Niederdorf (Villabassa) si arriva a Toblach (Dobbiaco). Prima di arrivare a Dobbiaco, nel punto in cui sulla sinistra c’è la locanda Gratschwirth, sulla destra c’è una deviazione che conduce ad un Tiergarten, una specie di piccolo giardino zoologico. Si passa sotto il piccolo ponte della ferrovia, una curva a sinistra, una a destra, si attraversa la pendice estrema di un boschetto, si riemerge alla luce, si gira a sinistra puntando perpendicolari verso la montagna. Dopo poche centinaia di metri si arriva ad una grande casa. Al piano terra c’è un ristorante, al primo piano abitano i proprietari, la famiglia Trenker, mentre al secondo piano ci sono vari appartamenti per gli eventuali ospiti dove ho soggiornato, dal 1992, con la famiglia diverse volte sia d’estate sia d’inverno. Sull’esterno della casa campeggia la scritta Gustav Mahler Stube con una targa che ricorda che in quella casa Gustav Mahler con la famiglia soggiornò, al primo piano con la veranda, nelle estati dal 1908 al 1910 e vi compose il Das Lied von der Erde, la nona e la decima sinfonia che non avrebbe terminato perché sarebbe morto giovedì 18 maggio 1911; oggi quindi cade proprio l’anniversario della sua morte e lo ricordiamo grande rispetto e partecipazione.
Uscendo dalla casa si può andare a sinistra o a destra.

Andando a destra si va verso Toblach. Si attraversa un prato che fa una gobba a salire e poi a scendere. Qui a fianco c'è la foto che feci nel 1992 (si vede mia moglie e mio figlio). Quel prato è lo stesso di una foto in cui vede passeggiare Mahler con sua moglie Alma come si vede confrontando il profilo della montagna sul fondo. Davanti si apre la valle e poco lontano sulla sinistra si vede Toblach con la sua bella chiesa. Continuando a camminare si attraversa un piccolo bosco e ci si ritrova in un altro grande prato che d’inverno diventa una pista di sci. Ora Toblach è ancora più vicina. Si scende fino ad una Hütte dove ci si può ristorare, si passano gli impianti di risalita, si attraversa lo spiazzo che d’inverno è pieno delle automobili degli sciatori, si attraversa il torrente Rienza, che si getterà nell’Isarco e quindi nell’Adige, su uno dei due ponti, poi, seguendo la breve strada asfaltata si arriva al passaggio a livello a Neu Toblach, Dobbiaco nuova. Proseguendo diritti si passa davanti alla stazione ferroviaria  e si imbocca una pista ciclabile che porta a San Candido. Andando a destra ci si va verso Cortina, ma, facendo una stradina nel bosco si arriva al Toblacher See, Lago di Dobbiaco, che è uno dei posti più belli che il buon Dio ci ha donato. Se invece, dal passaggio a livello si va a sinistra ci si dirige verso l’incrocio della provinciale e ci si inoltra nella vera e propria Toblach. Poco avanti, sulla destra, c’è l’hotel Cristallo gestito dai due fratelli Armin e Thomas Walch, persone di una gentilezza assoluta e non formale, dove andavamo prima di optare definitivamente per la Gustav Mahler Stube. Risalendo la via, la Johannesstrasse, si passa davanti al caffè Marleen, dove fanno torte alte 15 centimetri ai frutti di bosco, al grano saraceno, al cioccolato, ecc. e si bevono ottime bevande e drink. Poi si arriva alla chiesa. Lì vicino c’è la statua a Gustav Mahler davanti ad un bellissimo negozio sotto i portici che vende splendide statuette di legno dipinto per il presepio, la serie completa dei Cavalieri Templari e splendidi boccali per la birra che non ho mancato di acquistare. Proseguendo diritto si esce da Toblach, si passa in un piccolo bosco attrezzato per fare vari esercizi ginnici e ci si ritrova alla locanda Gratschwirth, da dove, con poca fatica dal momento che la salita è molto lieve, si torna alla Gustav Mahler Stube.
Se dalla Gustav Mahler Stube si va a sinistra si entra nel piccolo giardino zoologico. Ci sono cavalli, caprette, pecore, stambecchi, gufi, pollame vario, maiali di varia tipologia, una coppia di linci. Arrivati alla gabbia delle linci, girandosi, in mezzo ad un piccolo spiazzo tra gli alberi si vede una casetta di legno. Quella è la casetta dove Gustav Mahler faceva portare un pianoforte e componeva. Dalla casetta si vede la valle con tutte le infinite varietà di diversi verdi dei prati immensi. Dalla parte opposta la valle risale verso il paesino di Aufkirchen (Santa Maria) con l’alto ed aguzzo campanile.
Mahler era arrivato in quel posto dopo la grande tragedia del 1907 quando venerdì 5 luglio gli era morta la figlia maggiore Maria Anna, detta Putzi, di 5 anni. Può esistere una tragedia peggiore della morte di una figlia? No, questo lo posso dire con assoluta certezza. Quello stesso anno Mahler si fece visitare dal medico che curava sua moglie che era distrutta e il medico gli diagnosticò una malattia cardiaca. La sua vita cambiò e anche la sua musica cambiò nella consapevolezza del proprio stato. È indubbio, infatti, che dall’ottava sinfonia alle composizioni successive, le ultime tre, c’è uno stacco molto grande. Dopo la morte della figlia Mahler fuggì dalla casa estiva di Maiernigg sul Wörthersee e spostandosi verso occidente arrivò a Toblach dove passò quel che rimaneva di quella estate del 1907.
Nell’estate successiva compose il Das Lied von der Erde, il canto della terra, su poesie tratte da una raccolta di poesie cinesi tradotte dal poeta tedesco Hans Bethge che in realtà non tradusse dal cinese ma da due edizioni precedenti in francese.
Il Das Lied von der Erde è il primo approccio di Mahler alla morte, alla consapevolezza del proprio destino. La morte non è evocata direttamente ma è sottintesa.
Quattro dei sei lied richiamano esplicitamente o implicitamente alcune stagioni. Il secondo lied, Der Einsame im Herbst (Il solitario nell’autunno), richiama una visione autunnale in cui tutto sfiorisce e dove il protagonista si scopre stanco e desideroso di riposo. Nel terzo lied, Von der Jugend (Della giovinezza), alcuni amici chiacchierano e scrivono versi in un padiglione vicino ad un piccolo stagno, mentre nel quarto, Von der Schönheit (Della bellezza), giovani fanciulle raccolgono fiori nella luce dorata; entrambi sono lied in cui si sottintende un’ambientazione estiva. Il quinto lied, DerTrunkene im Frühling, richiama esplicitamente la primavera, una primavera incantata. Manca l'inverno che è una stagione troppo positiva e piena di energia, nella promessa della futura primavera.
Invece il primo lied, Das Trinklied vom Jammer der Erde (Il brindisi del dolore della terra), è un brindisi in cui una persona dice delle cose, come si fa nei brindisi. Ciò che dice, però, è amaro; ciò che canta è una canzone della sofferenza e se è bello avere in mano una coppa di vino al momento giusto non ci si deve dimenticare che oscura è la vita, è la morte. Ad un certo punto si dice:

Azzurro eterno è il firmamento, e la terra
È destinata a lungo a rimanere immobile
E a rifiorire in primavera..
Ma tu, uomo, ancora vivrai?

dove si vede come si pone il confronto tra l’eternità della terra e il destino effimero dell’uomo.
Questo tema ritornerà nell’ultimo lied, Der Abschied (L'addio), che da solo dura quanto i primi cinque assieme ed è uno dei capolavori assoluti di Mahler da accostare al primo movimento della IX sinfonia. In questo lied, mentre scendono le luci del crepuscolo sulla valle e nell’aria vibrano suoni della natura, una persona aspetta un amico per dargli l’ultimo addio. Questa prima parte è in prima persona. Nella seconda parte, dopo uno dei più grandi passaggi orchestrali di Mahler, ma tutta l'orchestrazione così rarefatta e che crea un enorme effetto spaziale di questo lied è un miracolo, il discorso prosegue in terza persona, aspetto questo da non trascurare osservando come il discorso autobiografico diventa un destino comune. Egli scende da cavallo ed fa un brindisi con l’amico e con il brindisi gli annuncia la sua partenza:

Cerco pace al mio cuore solitario
Vado via, torno in patria, il mio sito.
Mai più di lì mi muoverò per andare lontano.
Tace il mio cuore e attende con ansia la sua ora!
La cara terra dovunque
Fiorisce in primavera e verdeggia
Sempre di nuovo. Dovunque, eternamente
D’azzurro s’illuminano i lontani orizzonti!
Eternamente… eternamente…

Il lied termina spegnendosi in una rarefazione crescente (quanto ne è stato influenzato Shostakovich nei finali, ad esempio, della IV e della XV sinfonia!) ed è impressionante il fatto che mentre per due volte la parola “ewig” viene ripetuta due volte sulle note mi-re, re-do, per altre tre volte la parola viene detta una sola volta sulle note mi-re, negando l’approdo al do; è come un paesaggio che diventa sempre più blu sfumando. Forse è così che si muore.
Dell’esecuzione in sé parlo con difficoltà, non perché non sia stata buona, ma perché per me questa è una musica da ascoltare interiormente nel silenzio, in un luogo appartato, con i piedi sull’erba e la testa tra le nuvole.
Comunque sono stati tutti molto bravi, il primo flauto Massimiliano Crepaldi e il primo oboe Luca Stocco che soprattutto nell’ultimo lied sono molto impegnati in interventi molto espressivi, il primo clarinetto Raffaella Ciapponi, il primo fagotto Andrea Magnani, tutti gli altri fiati in generale, il primo corno Giuseppe Amatulli, e, sempre per mettere in evidenza i solisti, il primo violino Nicolai von Dellinghausen (sostituiva Luca Santaniello impegnato nel triplo di Beethoven che occupava la prima parte del concerto) che era impegnato un po’ ovunque nei vari lied in parti solistiche, in particolare nel quinto, e che come al solito ha fornito un'ottima prestazione.
Il direttore Xian Zhang ha ben diretto Mahler ottenendo una gran prestazione dall’orchestra. Non mi è piaciuto molto, però, il IV lied che secondo me è stato condotto ad un tempo troppo spedito, privo di quegli indugi, di quella calma e voluttà di cui è ricca quel testo, ed inoltre nella selvaggia parte centrale non è stata molto incisiva. Per quanto riguarda i cantanti, la mezzosoprano Carina Vinke ha una bella voce un po’ carente, però, sui bassi, mentre il tenore John Daszak non mi è molto piaciuto, in generale.
Nella prima parte, con Luca Santaniello al violino, Mario Shirai Grigolato al violoncello e Simone Pedroni al pianoforte, c’era il triplo concerto di Beethoven, opera un po’ snobbata. Certamente non è portatrice di chissà quali messaggi ma si ascolta molto volentieri ed è comunque Beethoven, anche se un Beethoven che si stava riposando un po'. La Xian Zhang ha diretto in modo un po' anonimo, senza particolari slanci, però l’esecuzione mi ha convinto nel movimento lento ed in parte nel finale, ma con alcune pecche, mentre mi è parso che nel primo movimento l’esecuzione fosse un po’ incerta e con alcuni problemi di intonazione dei solisti; forse era la prima e le cose miglioreranno nelle serate successive.
Molto pubblico. Successo soprattutto per il triplo di Beethoven.

PS

Le traduzioni dei lied sono di Quirino Principe e di Ugo Duse.
Quando sono uscito dal concerto ieri sera e mi sono incamminato nel breve tragitto verso l'auto e nell'ancor più breve tragitto, temporalmente, in auto ero molto incerto se scrivere qualcosa, ma non sapevo bene perchè non avessi voglia di scrivere. Poi ho pensato di scrivere qualcosa per amore verso Toblach e la val Pusteria in generale e ricordando quello strano sentimento che mi ha preso ogni volta che mi sono trovato a guardare quei prati e quelle montagne.

1 commento:

  1. Luoghi bellissimi, che conosco,storia affascinante, grazie!

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