sabato 26 giugno 2010

Inni nazionali

In quest'epoca di mondiali di calcio, nei quali, per inciso, abbiamo fatto l'unica figura che potevamo fare, quindi mi stupisco se qualcuno si è pure incavolato, basta vedere quanto conti il calcio italiano in campo internazionale a livello di club, dicevo, in quest'epoca di campionati mondiali di calcio si ha l'occasione di ascoltare gli inni delle nazioni straniere.
Mi ha sempre incuriosito l'inno brasiliano, e così mi sono informato e ho appreso che è stato scritto da un tale Francisco Manoel da Silva nel 1822 su parole di Joaquim Osório Duque Estrada scritte nel 1899. Il da Silva doveva essere, credo, un rossiniano, e scrisse un inno che sembra il coro iniziale di un'opera di primo ottocento, alla Donizetti. Molto bello.
Anche l'inno dell'Uruguay, Orientales la Patria o la Tumba! Libertad o con gloria morir!, non è niente male. La musica è di Francisco José Debali (1848) su testo di Francisco Acuña de Figueroa la cui poesia Orientales la Patria o la Tumba! fu dichiarato inno nazionale nel 1833. Anche questo è un bell'inno operistico alla Donizetti con un'introduzione piuttosto estesa.
Analoghe considerazioni sull'inno argentino, creato nel 1813 da Vicente López y Planes; più solenne ma della stessa pasta dei precedenti.
Sono inni molto belli, un po' come il nostro, battaglieri, inni cha danno la carica; non sono belli e imponenti come quello inglese o quello tedesco, che è il più bello di tutti (sfido, l'ha scritto Haydn) ma sono molto simpatici.
Tra parentesi, sai che mortorio il Va pensiero come inno nazional! Un lamento che tolto dal Nabucco non ha senso e che lascerei volentieri, come inno, a frustrati padani infelici di essere italiani.

mercoledì 23 giugno 2010

Stagione 2009/10 de LaVerdi - Concerto N. 36


La scorsa settimana si è conclusa la stagione sinfonica con l'esecuzione dell'oratorio Paulus di Mendelssohn; composizione ben raramente eseguita in Italia e quindi in genere ben poco conosciuta, vuoi per la lingua tedesca, vuoi per il genere in sè che non è tra i più popolari alle nostre latitudini.
Mendelssohn fu il più grande bambino prodigio della storia della musica, anche più di Mozart, perchè, come osserva Rosen nel suo bel libro "La generazione romantica", nessuno, prima di raggiungere i diciannove anni potè eguagliare la perizia di Mendelssohn, una perizia sbalorditiva che possedeva già a sedici anni e che gli permetteva di controllare perfettamente la composizione nelle sue macro e microstrutture.
La prima esecuzione del Paulus avvenne a Dusseldorf il 22 maggio 1836. Piacque tantissimo a Schumann che lo contrappose a Les Huguetots di Meyerbeer, indicato come la via conduce al male. Si sa che Mendelssohn, nella settimana santa del 1829, aveva dato la prima esecuzione, dopo 100 anni, della Passione secondo Matteo di Bach, dando quindi un contributo decisivo alla rinascita d'interesse per quell'autore che non era mai veramente venuto meno all'interesse dei musicisti (Beethoven suonava il Clavicembalo ben temperato) ma che certamente era in larga misura scomparso dalle sale da concerto e dalle chiese. Mendelssohn quindi, osservando l'opera di Bach e di Haendel, inaugurò un filone musicale ottocentesco che ha a che fare con il rapporto tra musica e religione che arriva al Parsifal di Wagner, a La forza del destino, al Don Carlos, all'Aida di Verdi. Con lui la religione entrò nelle sale da concerto, sollecitando in realtà non un senso religioso autentico, ma un senso di devozione e un certo timore reverenziale. Il Rosen etichetta tutto ciò con la definizione di Kitch religioso.
Comunque a me il Paulus piace e mi è sempre piaciuto fin da quando negli anni '60 lo ascoltai alla radio suo terzo programma, quando il terzo programma trasmetteva ancora musica! L'avevo anche registrato sul mio Geloso con i tasti colorati e lo ascoltavo spesso, in tedesco, senza capirci nulla delle parole, ma non aveva nessuna importanza. Poi l'ho perso di vista completamente per diversi anni ma alcune arie e cori di tanto in tanto mi tornavano in mente come dei feticci. Mi bastava sentire il nome Paolo perche alcune musiche mi tornassero in mente. Naturalmente quando ho potuto ho comprato i CD ma dal vivo non lo avevo mai potuto ascoltare.
Facendo un'imperfetta scelta tra i vari brani segnalo l'ouverture, il primo coro, la scena della lapidazione di Stefano che comprende tre recitativi, due splendidi cori ed un corale centrale e l'haendeliano coro Mache dich auf, "Alzati!" che viene subito dopo la rivelazione sulla via di Damasco. Ascoltando questo modo di trattare le voci e i cori si capisce, ad esempio, da dove viene una certa musica, ad esempio, di Brahms, quella del Canto del destino, della Rapsodia per contralto e coro, o lo stesso Requiem.
L'occasione è stata ottima perchè la direzione è stata affidata a Helmuth Rilling, un autentico specialista del genere, che l'ha diretto a memoria. Bravi i cantanti, soprattutto il basso Konstantin Wolff, anche se in possesso di una voce non particolarmente imponente, e la mezzosoprano Bettina Ranch. Grande performance del Coro. Pubblico non foltissimo, probabilmente non attratto dalla novità del titolo. Del resto è noto che anche i più grandi autori sono conosciuti per non più di una dozzina di titoli e di Mendelssohn chedo che se si esula dalla sinfonia Scozzese, dalla sinfonia Italiana, dal concerto per violino, dal Sogno di una notte di mezza estate, si entra in un campo piuttosto sconosciuto, qui da noi. Comunque chi c'era ha apprezzato moltissimo applaudendo tutti, tenendo anche conto del fatto che l'orchestra era praticamente dimezzata a causa del contemporaneo impegno al Festival dei due mondi di Spoleto.

lunedì 21 giugno 2010

Stagione 2009/10 - Ciclo Haydn - Concerto 10

Anche la serie dei concerti di Haydn è giunta alla sua conclusione. Questa volta il tema era il teatro, ovvero i legami tra l'opera di Haydn e il teatro. Indubbiamente, se Haydn oggi è in genere abbastanza o ben conosciuto per le sue sinfonie, gli oratori, alcune messe, i quartetti, qualche trio, qualche concerto, certamente lo è molto meno per le sue opere. Non so quante occasioni si presentino per ascoltare opere come "Il mondo della luna", "L'isola disabitata", "La fedeltà premiata", "L'incontro improvviso", ecc. Credo siano molto poche. Haydn però, soprattutto in un certo periodo, dovette scrivere molte opere per la corte ed anche musiche di scena. Una di queste musiche di scena, del 1777, furono "I tre sultani". Uno dei brani, che ritrae la moglie del sultano Roxelane, divenne immediatamente famosissimo anche grazie ad una sua trascrizione per il pianoforte. Poichè Haydn, nel frattempo, doveva anche scrivere sinfonie, pensò bene di prendere questa musica, e di farne il secondo movimento di una sinfonia, al quale antepose un primo movimento che altro non è se non la sinfonia dell'opera "Il mondo della luna", riciclando inoltre un minuetto e un finale che aveva già composto, per poi sostituirli con due nuovi movimenti, minuetto e finale, di nuova composizione. Così abbiamo questa sinfonia, la numero 63, in due versioni diverse.
L'altra sinfonia eseguita, la numero 103 del 1795, si chiama "Mit dem Paukenwirbel", ovvero "Con il rullo di timpani" che è un po' riduttivo in quanto Wirbel significa anche turbine, vortice, baccano, che, unito al fatto che Haydn scrive sulla parte del timpano, che inizia la sinfonia da solo, la parola "Intrada" che viene ripetuta anche poco prima del termine del primo movimento, sta a significare che il timpanista dovrebbe fare non una semplice rullata ma un'improvvisazione sui timpani, quasi un richiamo d'attenzione per il pubblico che magari si sta ancora sedendo o sta conversando con il vicino o sta saggiando la poltrona con i sensori posteriori per valutare quanto saporito sarà il sonnellino; insomma una specie di alzata di sipario. Ciò che segue è qualcosa di misterioso, una citazione del tema del Dies irae. Haydn ci fa entrare quindi, in modo teatrale, in un mondo sconosciuto che successivamente diventerà più sereno ma che ritornerà oscuro alla fine del movimento in modo inquietante. La sinfonia proseguirà poi con un secondo movimento che come "La Roxelane", è un tema con variazioni, un danzante Menuet e un finale, costruito su un solo tema, che, in alcuni dettagli, ha alcuni momenti che ricordano già lo Schubert delle prime sinfonie.
Tra le due sinfonie è stata eseguita l'aria da concerto "Berenice, che fai" del 1794, scritta per la soprano cremasca Brigida Giorgi Banti; un'aria molto difficile perchè richiede un'estensione vocale notevole, dal mezzosoprano al soprano leggero, che è stata ben eseguita dalla sopranoSabina Macculi.
Grazie a tutti coloro, orchestrali, solisti e al direttore Giuseppe Grazioli, che hanno reso possibile la realizzazione di questo ciclo interessante di concerti.

sabato 19 giugno 2010

Musica del XX secolo

Nell'ultimo concerto della serie '900 di un paio di settimane fa, il maestro Colombo ha consigliato un paio di libri per orientarsi nel multiforme scenario della musica del XX secolo. Nello specifico ha consigliato il classico "Ricordi e commenti" di Stravinskij-Craft, libro imperdibile che riguarda probabilmente il più grande musicista del '900. L'altro libro consigliato è "Il resto è rumore" di Alex Ross (classe 1968) critico musicale del New Yorker che ho rapidamente acquistato e ho cominciato a sfogliare avanti e indietro con un procedimento un po' casuale facendomi portare da determinati filoni di interesse, approccio che preferisco a quello sequenziale. Mi pare un libro molto ben fatto dove tutto ciò che è accaduto di importante nella musica del XX secolo, il secolo breve, viene trattato senza preclusioni di generi dai suoi esordi iniziali al be-bop, il rock e i minimalisti. Oltretutto esiste anche il sito internet, www.therestisnoise.com, dove in www.therestisnoise.com/audio si trovano esempi musicali relativi a brani citati nel libro. Credo sia molto interessante leggere il libro e ascoltare direttamente la musica di cui si parla. Il sito contiene inoltre un sacco di links a blogs e altri siti di musica e musicisti contemporanei. Credo veramente che questo libro sia un ottimo strumento di perlustrazione di un territorio, quello della musica del XX secolo, così vario che ancora oggi spaventa spesso chi ascolta e credo che sia utile anche per la l'argomentazione sistematica della materia illustrata non limitandosi a segnalare solo alcune opere e/o incisioni discografiche. La serie biennale dei concerti del '900 de LaVerdi hanno dimostrato invece che se la musica del '900 viene ascoltata (e riascoltata) in un modo consapevole e informato, e non solo per abitudine d'ascolto, risulta spesso molto più interessante e coinvolgente di quanto non si pensi perchè nel '900 sono vissuti compositori grandi e geniali almeno quanto quelli dell'800 o del '700, per limitarsi ai secoli la cui musica viene più spesso ascoltata.

venerdì 11 giugno 2010

Stagione 2009/10 de LaVerdi - Concerto N. 35

Arriviamo al penultimo concerto della stagione ufficiale ancora con la Zhang, che dirige il suo ultimo concerto di quest'anno proponendo ancora Beethoven e Mahler, come assaggio della prossima stagione dove Mahler sarà molto presente essendo il 2010 il 150° anniversario della nascita e il 2011 il 100° anniversario della sua scomparsa.
Esaurite le sinfonie di cui la Zhang quest'anno ha eseguito la I, II, III, IV, VII, la Missa solemnis ed alcune ouvertures, questa volta, dopo il IV concerto per pianoforte di qualche settimana fa, è stata la volta del concerto per violino che ha eseguito con la giovane violinista Jennifer Koh.
Il concerto per violino, in genere, è una specie di conversazione tra orchestra e strumento solista che si parlano, si rispondono, allargano il discorso, divagano, fanno delle perorazioni trovando alla fine un punto d'accordo. Il concerto di Beethoven, figlio di quelli grandissimi di Mozart, non smentisce questa impostazione pur mostrando un colore più scuro, una certa ombrosità e introspezione fin dal primo movimento che inizia su sommessi colpi di timpano e si sviluppa poi con un tema molto lirico e meditativo. Nel secondo movimento abbiamo un'aria d'opera italiana con variazioni e con momenti bellissimi come l'episodio del violino accompagnato dai pizzicati degli archi. Sulla cadenza finale del movimento lento attacca il finale, un rondò con un tema molto semplice che rimane facilmente in mente, piacevole, pastorale e vagamente umoristico.
La Jennifer, come si direbbe a Milano, ha suonato con grande temperamento anche a rischio di sporcare qualche nota del suo bellissimo Stradivari del 1727 ex Grumiaux, ex General DuPont. La Zhang ha ben diretto dimostrando ancora una volta quanto Beethoven le si addica.
A seguire, Mahler, quello della prima sinfonia scritta tra il 1884 e il 1888 con varie revisioni successive, programmi scritti e poi eliminati perchè giudicati fuorvianti e superflui, un movimento, che occupava il secondo posto, Blumine, eliminato.
Questa sinfonia è chiaramente divisa in due parti, la prima formata dai movimenti I e II e la seconda dai movimenti III e IV. Che questa divisione esista è evidente all'ascolto, quando l'inizio del terzo movimento segna un cambio di scenario drastico rispetto ai primi due movimenti; lo stesso Mahler prescrive, alla fine del secondo movimento una "ziemlische Pause" ovvero una pausa considerevole. Una cosa analoga verrà prescritta anche nella II sinfonia dove, alla fine della prima parte costituito dal I movimento, Mahler prescrive una pausa di 5 minuti.
Questa sinfonia usa materiale preesistente proveniente dal ciclo dei "Lieder eines fahrenden Gesellen".
Nel primo movimento, dopo un inizio in cui si assiste al risveglio della natura su un pedale sovracuto degli archi e con gli strumenti a fiato che suonano "Wie ein Naturlaut" (con un suono di natura) prevalentemente per quarte discendenti e lontane fanfare, entra il primo tema che viene dal secondo lied del ciclo: "Ging heut morgen übers Feld"

Ging heut’ morgen übers Feld,
Tau noch auf den Gräsern hing;
sprach zu mir der lust’ge Fink:
„Ei du! Gelt? Guten Morgen! Ei gelt? Du!
Wird's nicht eine schöne Welt?
Zink! Zink! Schön und flink!
Wie mir doch die Welt gefällt!

“Auch die Glockenblum’ am Feld
hat mir lustig, guter Ding’,
mit den Glöckchen klinge, kling,
ihren Morgengruß geschellt:
„Wird’s nicht eine schöne Welt?
Kling, kling! Schönes Ding!
Wie mir doch die Welt gefällt! Heiah!

“Und da fing im Sonnenschein
gleich die Welt zu funkeln an;
alles Ton und Farbe gewann im Sonnenschein!
Blum und Vogel, groß und klein:
„Guten Tag! Ist's nicht eine schöne Welt?
Ei du! Gelt? Schöne Welt?

“Nun fängt auch mein Glück wohl an?
Nein! Nein! Das ich mein’,
mir nimmer blühen kann!

ovvero

Stamani andavo per i prati,
la rugiada imperlava ancora l’erba;
l’allegro fringuello mi disse:
“Ehi, tu! Buongiorno! Tutto bene?
Non sarà bello questo mondo?
Zink! Zink! Bello e leggero!
Come mi piace il mondo!

”Anche la campanula nel prato,
di buon umore, con la sua campanella,
din, din, mi ha suonato
il suo saluto mattutino:
“Non sarà bello questo mondo?
Din, din! Bello!
Come mi piace il mondo! Ehi-a!

Ed allora sotto la luce del sole
il mondo iniziò a scintillare;
a tutto la luce del sole diede suoni e colori!
Fiori e uccelli, grandi e piccoli:
“Buongiorno! Non è bello il mondo?
Ehi tu! Tutto bene? Non è un bel mondo?

“Forse comincia qui la mia felicità?
No! No! Quella che intendo io,
non potrà mai più rifiorire!

Questo tema verrà elaborato e portato in trionfo alla fine del movimento.
Il secondo movimento, uno scherzo con un bellissimo trio viennese con suoni portati, piccoli ritardi e piacevolezze da operetta, cita invece un lied giovanile "Maitanz im Grünen" (Danza di maggio sull'erba) del marzo 1880.
Con il terzo movimento cambia completamente il panorama. Se prima avevamo sole, prati fioriti, uccellini e piacevoli intrattenimenti, ora abbiamo una strada percorsa da un corteo funebre accompagnato da musica da strada di seconda categoria. Si tratta di una marcia funebre intonata sul tema di Fra Martino campanaro in minore estravolto nella strumentazione dove fanno irruzione elementi grotteschi e volgari. Nel mezzo, a mo' di trio, un momento dolcissimo che cita il IV lied del ciclo dei "Lieder eines fahrenden Gesellen", "Die zwei blauen Augen von meinem Schatz" (I due occhi azzurri del mio tesoro"

Die zwei blauen Augen von meinem Schatz,
die haben mich in die weite Welt geschickt.
Da mußt’ ich Abschied nehmen
vom allerliebsten Platz!
O Augen blau! Warum habt ihr mich angeblickt?
Nun hab’ ich ewig Leid und Grämen.

Ich bin ausgegangen in stiller Nacht
wohl über die dunkle Heide;
hat mir niemand Ade gesagt. Ade!
Mein Gesell’ war Lieb’ und Leide!

Auf der Straße steht ein Lindenbaum,
da hab’ ich zum ersten Mal im Schlaf geruht.
Unter dem Lindenbaum, der hat seine Blüten
über mich geschneit, da wußt’ ich nicht
wie das Leben tut, war alles, ach, alles wieder gut!
Alles! Alles, Lieb’ und Leid,
und Welt und Traum!

ovvero

I due occhi azzurri del mio tesoro,
mi hanno mandato lontano nel grande mondo.
Ora devo prendere congedo
dal luogo che più amo!
Oh, occhi azzurri! Perché mi avete guardato?
Ora in eterno proverò dolore ed ansia!

Sono uscito nella notte silenziosa
per la campagna scura;
nessuno mi ha detto addio. Addio!
Miei soli compagni erano amore e dolore!

Sulla strada si trova un tiglio,
là, per la prima volta, mi sono riposato dormendo.
Sotto il tiglio, che versava su me
i suoi fiori, io non mi ricordavo più
com’è la vita, e tutto, ah, tutto era ancora bello!
Tutto! Tutto! Amore e dolore,
e il mondo e il sogno!

dove si vede, dal confronto col il lied, quanto questo movimento sia un cammino in un mondo oscuro e silenzioso, fatto di morte e di dolore.
Nel finale, che parte con un clamoroso colpo di piatti, verranno ripresi ancora temi dei movimenti precedenti ed in particolare quello dell'inizio della sinfonia, per quarte discendenti, che verrà portato in trionfo.
Si tratta certamente di una delle più grandi ed originali prime sinfonie di tutto l'800!
Qui devo dire che la Zhang un pochino mi ha deluso. Non si tratta di tecnica, che è stata ineccepibile, ma di un certo modo di porgere le frasi, di un sentimento che veniva un po' a mancare. Ad esempio, a metà del primo movimento la musica si dovrebbe trattenere e dovrebbe molto indugiare. Mahler scrive "Etwas zurückhaltend" (ritardando un po') per tre volte consecutive e poi "Sehr zurückhaltend" (molto ritardando). La questione non è solo di quanto si indugia ma di come si indugia e di quale suono si fa uscire dall'orchestra. La Zhang era sempre troppo chiara, cristallina, senza ombre. Perfetta ma non basta (vedi Bernstein!).
Fortunatamente ha fatto tutti i ritornelli, compreso quello del primo movimento. Lo dico perchè, ad esempio in Beethoven, pur nella bellezza delle sue esecuzioni, non ha mai fatto un ritornello e, secondo me, questo non va bene, soprattutto in una sinfonia come l'Eroica, dove lo stesso Beethoven diceva che il ritornello andava fatto per questioni di equilibrio interno.
Folto pubblico e grande successo per una direttrice che si è conquistata il favore dell'orchestra (ha un gesto impeccabile) e del pubblico.

sabato 5 giugno 2010

Stagione 2009/10 de LaVerdi - Concerto N. 34

Terzo concerto di fila della Zhang che ritorna ancora su Beethoven con la terza sinfonia, Eroica, l'Incompiuta di Schubert e un brano della compositrice cinese Chen Yi, classe 1953.
Della cinese Chen Yi è stato eseguito un brano, Ge Xu - Antifona, basato su canti popolari della Cina meridionale. Il canto popolare cinese fu la scoperta poetica della compositrice negli anni della rivoluzione culturale quando fu mandata a lavorare i campi come contadina. Successivamente potè studiarla in modo sistematico al conservatorio. Il brano eseguito è stato composto nel 1994 per la Women's Philharmonic Orchestra di San Francisco e ha dei momenti molto belli all'inizio con i violini che iniziano una semplice melodia a cui segue una danza più agitata con un intervento importante delle percussioni; il brano termina con il ritorno alla calma iniziale in un clima molto poetico. Un bel brano eseguito impeccabilmente dalla Zhang che è amica della Chen Yi.
Dopo questo inizio si è passati immediatamente a due brani musicali che si situano al centro della tradizione più alta della musica occidentale con l'Incompiuta di Schubert e l'Eroica di Beethoven.
Dell'incompiuta, scritta nel 1822, data a Josef Huttenbrenner che la tenne in un cassetto per più di quarant'anni ed eseguita per la prima volta il 17 dicembre 1865 a Vienna da Johann Herbeck, si sono dette e scritte tantissime cose. Quello che è certo è che Schubert iniziò a scrivere lo scherzo ed anche il trio ma quando diede la partitura ad Huttenbrenner strappò le ultime pagine, conservando solo i primi due movimenti. Non completò mai la sinfonia, cosa che avrebbe potuto fare benissimo. Così rimase questa bozza di sinfonia in due movimenti dove Schubert tenta strade nuove che avrebbero portato diritto a Bruckner e Mahler. Come non sentire già Mahler nel finale del secondo movimento con quelle note acute ed isolate, purissime, dei violini; a me ricorda il Mahler dell'adagio della IX e della X sinfonia. E cosa dire dei silenzi del primo movimento quando la melodia si esaurisce e si spegne in un silenzio carico di angoscia, come un vuoto che produce una vertigine, o del colore dell'orchestra di Schubert, dei suoni puri del suo clarinetto, dell'oboe, del flauto, un suono che sembra galleggiare nella sala? Esecuzione stupenda e molto coinvolgente con assoli delle prime parti di assoluto valore; che cosa non è stato il clarinetto di Fausto Ghiazza nel secondo movimento!
A terminare l'Eroica di Beethoven. Che dire dell'Eroica? E' stata la prima sinfonia di Beethoven che ho conosciuto e l'ho sempre considerata la più bella tra le sue sinfonie. Se si considera che questa sinfonia, scritta tra il 1803 e il 1804, ha lo stesso organico della prima sinfonia, del 1799, con l'aggiunta di un corno, si vede quanta strada avesse fatto Beethoven nella definizione del suono, della spazialità e della profondità del suono, senza parlare del modo in cui elabora il materiale musicale, assolutamente minimo, quasi inesistente, un arpeggio di mi bemolle, nel primo movimento, o del finale basato su una musica preesistente, scritta per un balletto "Le creature di Prometeo" e rielaborato in una serie di variazioni tanto stupefacenti da far diventare questo finale, secondo la mia opinione, il più grande finale di sinfonia di tutta la storia della musica.
L'esecuzione, lo si deve dire a chiare lettere, è stata bellissima. La Zhang ha concertato benissimo mettendo in evidenza i vari piani sonori in modo perfetto, gli impasti orchestrali in modo chiarissimo e dirigento con grande passione ed energia splendidamente assistita dall'orchestra che ha suonato tutta benissimo in tutte le sue parti dall'inizio alla fine. Un concerto memorabile che sarei anche andato a risentire se avessi potuto farlo.