lunedì 26 aprile 2010

Il canto sospeso

Sabato mattina, in Auditorium, è stato eseguito "Il canto sospeso" di Luigi Nono, un brano scritto da Luigi Nono nel 1955/56 su testi di condannati a morte durante la seconda guerra mondiale.
Come giustamante rileva il maestro Colombo, che ha diretto il brano, la musica spesso ha a che fare con la morte ma mai come in questo brano la affronta di petto, senza intermediazioni poetiche. Qui ci sono solo gli spogli e commoventi scritti di giovani, uomini e donne, che scrivono alle famiglie o agli amici, le loro ultime parole, prima di essere fucilati o impiccati. Talvolta queste parole portano un valore ideale in sè nella visione di un mondo futuro più giusto e migliore, altre volte sono solo saluti alle mamme e alle sorelline, sono rassicurazioni e raccomandazioni.
Nella composizione Nono compie proprio questo percorso partendo da valori ideali per approdare a una dimensione più umana.
La composizione è fatta di nove brani, alcuni solo strumentali, altri con interventi del coro e di solisti.
Nono adotta la tecnica divisionista per cui ogni strumentista suona, in genere, una nota per brevi istanti; il discorso musicale complessivo viene quindi frammentato in mille schegge che si ricompongono in un caleidoscopio di colori e timbri. Anche il coro e i solisti cantano con la stessa tecnica per cui le parole sono frammentate in sillabe dette da da varie voci. Il risultato è che le parole risultano non comprensibili perchè non si sente praticamente mai una parola completa. Il canto quindi è "sospeso" in un pulviscolo che devi ricomporre tu ascoltatore che ti sei preparato e conosci il testo, una ricomposizione silenziosa e altamente spirituale. Il canto è "sospeso" anche perchè interviene la morte che lo interrompe e lo relega in una lontananza infinita.
Il brano non è certo di facile ascolto e la sua difficoltà di comprensione è aggravata dalla rarità delle sue esecuzioni.
Sala stracolma di ragazzi delle scuole milanesi come richiesto dal presidente Napolitano che era presente, privatamente, assieme ad altre autorità locali (sindaco, presidente della provincia, ecc.).
Bella esecuzione (con un'incertezza nell'ottavo brano) e bel successo per tutti con sala molto attenta.
Alla mia sinistra c'era una professoressa che aveva portato una ventina di studenti e si commentava che sarebbe stato bello se il maestro Colombo avesse potuto spiegare il brano come al solito in questi discovery concerts. Ciò non è stato purtroppo possibile vista la presenza delle autorità che hanno rese "ufficiale" questo concerto facendo un po' rimpiangere quel clima di complicità e partecipazione dei concerti della domenica mattina.

giovedì 22 aprile 2010

Alberi


Sembra che il progetto di Renzo Piano degli alberi a Milano nato su sollecitazione di Claudio Abbado sia fallito o stia per fallire. Così dice il Corriere. Il progetto costa troppo ed esporrebbe il comune a critiche, per cui se Piano-Abbado voglio portare avanti il progetto si trovino uno sponsor; cioè, hai la possibilità per fare un bel progetto per migliorare la vivibilità di Milano avvalendosi di uno dei più grandi architetti oggi viventi e gli dici: trovati uno sponsor perchè il progetto costa troppo. Lo stesso Piano ne parla in un intervento dove espone anche tutte le difficoltà che ha trovato nel portare avanti progetti simili in altre città in giro per il globo trovando però sempre soluzioni; ma noi, si sa, siamo sempre così speciali!
Non ho capito a questo punto se Abbado verrà a dirigere Mahler alla Scala ai primi di giugno a favore del popolo degli abbonati Scala, soprattutto quelli del turno A, che come ricorda oggi Angelo Foletto in un intervento su Repubblica, non spendono inutilmente i soldi dal parrucchiere per andare alla Scala ad ascoltare cavolate come la Lulu di Berg, che non è neanche musica ma rumore, mentre Mahler, alla fin fine, gli è entrato in testa a furia di ascoltarlo, una testa educata fin dalla prima infanzia alle cose pratiche, al lavoro, ad un sano pragmatismo tutto padano dove non trovano spazio idee fumose e irrazionali come quella di piantare alberi che poi non sai più dove parcheggiare la macchina dopo che hai già occupato gli accessi ai marciapiedi per le carrozzine e per i disabili. Che poi quegli abbonati sono i figli o nipoti di quelli che negli anni '50 a una rappresentazione del Wozzeck, sempre di Berg, costrinsero Mitropoulos, visti i tumulti in sala, a fermare l'opera e a rivolgersi al pubblico chiedendo di lasciarlo lavorare. Come ricorda Alberto Arbasino in un articolo di oggi su Repubblica, alla parola lavoro la sala d'incanto tornò alla calma anche se il motivo vero del tumulto non era la musica, a quanto pare, ma il fatto che avessero vestito "come un barbùn un inscì belomm!" che era il baritono Tito Gobbi, protagonista dell'opera e già ammiratissimo nel ruolo di Scarpia nella Tosca. Chissà se al concerto ci sarà anche Lady Moratti, magari con un cappellino a forma di bonsai. Certo in una città di provincia come Milano non si può mancare a un concerto di Abbado!
Nell'immagine gli alberi che stanno su via d'Annunzio in fianco alla darsena di cui si può ammirare purtroppo solo un breve scorcio dell'artistica recinzione.

lunedì 19 aprile 2010

Stagione 2009/10 de LaVerdi - Concerto N. 27


Torna la Zhang sul podio in sostituzione di Fedosseyev e la temperatura in orchestra ed in sala immediatamente si innalza. Questo interessante concerto, che ha avuto il suo punto di forza nella cantata tratta dalle musiche scritte da Prokoviev per il film Ivan il terribile di Sergej Ejzenštejn, è iniziato con la suite n. 4 di Ciaikovskij, "Mozartiana" in quattro movimenti basati su temi di Mozart. La suite fu scritta nel 1887 per celebrare i 100 anni dalla stesura del Don Giovanni. Indubbiamente Ciaikovskij adorava Mozart; ciò non toglie che i risultati di questa suite siano piuttosto discontinui e talvolta piuttosto imbarazzanti. Il colmo, per me, viene raggiunto nel terzo tempo basato sulla melodia dell'Ave verum, una delle gemme compositive più pure di tutto Mozart, che nell'arrangiamento di Ciaikovskij diventa una mielosa tirata sentimentale che ne deturpa completamente la purezza. Il finale, pur prendendo una connotazione completamente russa, è almeno spiritoso e un po' folle, tra una tirata del primo violino (Luca Santaniello) e alcune intemerate del clarinetto (Fausto Ghiazza), che hanno avuto la possibilità di fare bella figura e di raccogliere un sacco di applausi.
La collaborazione tra Prokofiev e Ejzenštejn ha prodotto invece due capolavori, piuttosto diversi tra loro, Alexander Nievskij e Ivan il Terribile. Dalla colonna sonora di Alexander Nievskij lo stesso Prokofiev trasse una cantata famosa, molto concentrata e drammatica. Ivan il Terribile, presentato il 30 dicembre 1944 con grandissimo successo, doveva essere il primo film di una trilogia sul grande zar. Il primo film narra dell'infanzia di Ivan e della sua ascesa al potere con l'unificazione della nazione russa. Si era in guerra e l'assimilazione tra Ivan e Stalin funzionò benissimo, entrambi salvatori della patria e grandi eroi. Il successivo film doveva parlare dell'azione di contrasto e di repressione di Ivan delle opposizioni interne; doveva inoltre ritrarre Ivan anche nella sua psicologia e personalità. A questo punto un paragone con Stalin diventava un po' imbarazzante e non era proprio il caso di procedere con il progetto. Ejzenštejn fu costretto a fare autocrica e poco dopo morì nel 1948; Prokofiev nel 1945 si era ammalato per cui il progetto fu del tutto abbandonato. Dopo la morte di Prokofiev, che morì il 5 marzo 1953, a un'ora di distanza da Stalin, le musiche del film, nel 1961, furono assemblate da Alexander Stasevich in una cantata per voce recitante, contralto, baritono, coro e orchestra. Ne è venuto fuori un'opera grandiosa, epica ma anche lirica, con brani di forza quasi brutale come "L'incendio - I Tatari - I cannonieri", il coro "Sulle ossa dei nemici" che viene ripreso anche nel grandioso finale, la battaglia di Kazan che contiene però anche un brano di straordinaria intensità, e brani di grande lirismo come "Oceano-mare - Il cigno - La glorificazione", "La canzone del castoro"; una musica dove Prokofiev, accanto a momenti assolutamente tipici della sua arte più astratta, geometrica, tagliente ed aspra, pone slarghi melodici popolari che affondano i piedi ben saldamente nella tradizione più tipica della musica russa con momenti assolutamente riconoscibili come quando cita lo stesso canto usato da Mussorgskij nell'incoronazione del Boris nel brano del giuramento di fedeltà allo zar.
L'esecuzione è stata splendida, diretta dalla Zhang, una furia scatenata sul podio che con un vigore incredibile ha tenuto in piedi tutto lo stuolo enorme di orchestrali e coro con un gesto sempre chiaro e preciso e con sollecitazioni perentorie e guardandoli sempre ben decisa in faccia. Credo che per molti questa cantata sia stata una scoperta dal momento che non viene eseguita molto spesso.
Successo enorme con boati per tutti.

martedì 13 aprile 2010

Stagione 2009/10 - Ciclo Haydn - Concerto 7

Il concerto di domenica del ciclo Haydn era intitolato "Il divertimento" che potrebbe essere il titolo di ogni concerto con musiche di Haydn dato che Haydn gioca in continuazione con la musica facendo false partenze, o false conclusioni, mettendo apposta note sbagliate che successivamente corregge, ecc.
Il divertimento in questo caso era dovuto al fatto che Haydn scherza direttamente con il pubblico, come nel secondo movimento della sinfonia n. 94 "La sorpresa" dove dopo un soporifero temino ripetuto due volte, la seconda in pianissimo, piazza un improvviso accordo in fortissimo tale da risveglare almeno buona parte del pubblico che nel frattempo si era assopita. Peraltro questo temino trova poi uno sviluppo mirabile che lo trasforma in qualcosa di profondamente diverso, non più un temino insignificante ma un tema di grande eleganza e sontuosità dove Haydn scherza con il materiale musicale dimostrazione questa di come da un niente si può costruire, per pura logica e divertimento intellettuale, una costruzione complessa.
All'inizio è stata eseguita la sinfonia n. 60, "Il distratto" brano ben strano con i suoi sei movimenti tratti da delle musiche di scena; musica con un sacco di temi non correlati tra loro e quindi senza una logica interna, rappresentazione musicale della distrazione e della sbadataggine e dove, ad esempio, nel trio del minuetto l'oboe se ne va per i fatti suoi, e nell'ultimo movimento gli archi si accorgono di essere scordati e quindi iniziano ad accordarsi per poi terminare di gran carriera il brano.
In mezzo il concerto in Re maggiore per pianoforte. I concerti per pianoforte di Haydn certamente non sono complessi come quelli di Mozart ma sono piacevolissimi. Questo poi, il più famoso di tutti, ha un primo tempo molto brillante, uno stupendo secondo tempo di grande sensibilità e melodicità ed un finale, un rondò all'Ongharese che strizza l'occhio alla musica popolare ma, come accade anche in Mozart, le concessioni al popolare di Haydn non vanno mai a detrimento della grandezza dell'arte.
Bravissimo Simone Pedroni nel concerto che ha suonato con grandissima sensibilità e humor e che si è prodotto poi in un bis chopiniano, una mazurca, saldando così un compositore morto nel 1809 ad uno nato nello stesso anno.
Bravo come al solito Giuseppe Grazioli e brava l'orchestra, precisa e briosa.

lunedì 12 aprile 2010

Il Quartetto dei Solisti della Verdi

Sabato sera ho potuto ascoltare un bel concerto mozartiano al Politeatro di viale Lucania, con bis sudamericani, del Quartetto dei Solisti della verdi, Luca Santiello e Lycia Viganò, violini, Gabriele Mugnai, viola e Mario Grigolato, violoncello, ovvero le prime parti degli archi dell'orchestra sinfonica, esclusi i contrabbassi.
Di Mozart hanno eseguito due divertimenti, KV 136 e 138, che non sono propriamente dei quartetti per archi, e il quartetto KV 156, scritto a Milano nel 1772.
E' molto istruttivo ed interessante vedere un quartetto che suona perchè, più ancora che in un'orchestra sinfonica che è composta di alcune decine di persone, in un quartetto si vede come la musica sia non solo un'arte per la esercitare la quale è necessario saper suonare bene, ma è un'arte che si esercita anche con lo sguardo nella ricerca continua dell'accordo con gli altri e della reciproca complicità. Non assomiglia dunque all'amore, e lo sguardo non è forse il primo mezzo che si utilizza per stabilire un contatto con gli altri, un rapporto, una relazione? Questo rende molto interessante il fare musica. E' sicuramente bello fare il solista, e noi italiani siamo un popolo che tende a fare il solista più dei tedeschi, degli olandesi, ecc. ma in realtà la massima espressione del fare musica, i tedeschi direbbero musizieren, sta nell'ascoltarsi reciprocamente per approdare assieme ad un accordo e ad un risultato condiviso. Ciò non significa che nel rapporto tra musicisti che suonano assieme tutto fili via liscio senza alcuna discussione, anzi, come ricordava in un'intervista il grandissimo Paolo Borciani, primo violino del mitico Quartetto Italiano, si litiga, eccome!
Detto questo questo nuovo quartetto ha suonato molto bene. Sicuramente giova il fatto che i quattro suonino già assieme da molti anni, da quando l'orchestra si è formata nel 1993, ma un conto è suonare in orchestra ed un'altro è uscire in prima fila ed esporsi apertamente come sei costretto nella musica da camera. Ci vuole un certo temperamento e una bella personalità, anzi quattro belle personalità e quattro teste pensanti.
La formazione, una donna al secondo violino e tre uomini, ricalca quella del Quartetto Italiano dove al secondo violino c'era la grandissima Elisa Pegreffi, che tra l'altro era la moglie del primo violino. Qui non è così ma i Luca e Lycia si conoscono praticamente da quando sono nati e hanno fatto percorsi di studi paralleli. Lycia, inoltre, che qualche anno fa sembrava un po' timida, quasi con una certa ritrosia nei confronti del pubblico, sta dimostrando invece un bel carattere e una bella personalità. Suona inoltre benissimo con un bel suono. Vederla suonare stabilendo sempre un accordo con il primo violino e la viola, strumenti con i quali aveva maggiori relazioni, è stato molto bello e valorizzava molto il ruolo del suo strumento nell'economia del discorso musicale. Ma in un quartetto certamente non si possono fare graduatorie di importanza tra gli strumenti, anche se nel quartetto del '700 c'è un certo predominio del primo violino; credo quindi che a tutti e quattro farà bene suonare in quartetto e li attendo in nuovi cimenti.

mercoledì 7 aprile 2010

Concerti bachiani

Con il XXV concerto della stagione sinfonica e il VI concerto de la Verdi Barocca di lunedì di pasquetta si è conclusa questa settimana bachiana che ha visto, nel primo concerto, l'esecuzione della Passione secondo Giovanni, BWV 245, scritto da Bach per il Venerdì santo del 1724, 7 aprile, e successivamente, nel secondo concerto, l'oratorio di Pasqua, BWV 249, scritto per la Pasqua del 1725, 1° aprile, e le cantate BWV 66 e 67 per il lunedì di Pasqua e per la prima domenica dopo Pasqua del 1724, 10 e 16 aprile.
L'esecuzione di una delle passioni bachiane è ormai una tradizione dell'orchestra introdotta da Riccardo Chailly che l'ha ereditata dalla sua esperienza di direttore al Konzertgebouw di Amsterdam, tradizione introdotta dal loro storico direttore Mengelberg. Da quando Chailly ha lasciato l'orchestra le esecuzioni sono state affidate a Ruben Jais, ora direttore de la Verdi Barocca. L'esecuzione di quest'anno mi pare sia stata più matura e consapevole nella tornitura dei cori e dei corali sollecitati a notevoli momenti di espressività. Del resto la musica di Bach è sempre così vitale che non la si può eseguire asetticamente come un'infilata di arie, recitativi e cori. Sorella non minore della grande passione secondo Matteo, la passione secondo Giovanni ha sempre sofferto di una certa sottovalutazione a partire già dal secolo XIX con lo Spitta. La passione secondo Giovanni è meno ampia di quella secondo Matteo ma non meno intensa, anzi, è più drammatica ed incalzante nello svolgimento e ciò dipende dalla narrazione biblica. Basta ascoltare il primo coro per rendersi coro della grandiosità e profondità di quest'opera che dopo il 1724 fu eseguita nel 1725, 1728 e 1746 con diverse varianti legate all'occasione esecutiva. Bella esecuzione che si è avvalsa di ottimi cantanti, soprattutto Makoto Sakurada nell'Evangelista, Christian Senn, come basso e David Hansen, contraltista.
Questi medesimo cantatanti con l'aggiunta della grande soprano Debora York sono stati i protagonisti del successivo concerto.
Erano anni che non ascoltavo l'oratorio di Pasqua e ho scoperto che me lo ricordavo tutto. Musica stupenda! Musica che mette voglia di muoversi e danzare. Bach è inimitabile nel modo che ha di esultare. Veramente Bach è inimitabile per un milione di motivi. Uno, ad esempio, è il suono. Bach con un solo strumento, un flauto, un oboe, un violino, eventualmente accomèagnato da un basso, costruisce un intero edificio musicale, una architettura multiforme a più dimensioni invadendo creando uno spazio sonoro sempre nuovo, vitale ed inesauribile. E' incredibile come riesca a farlo se lo si paragona ad altri autori, ad esempio Berlioz, che pur aggiungendo strumenti su strumenti producono solo un livello sonoro più alto ma non hanno suono. La cosa curiosa di questo oratorio è si tratta della parodia di una composizione precedente scritta per il compleanno del duca Cristiano di Sassonia ed eseguita il 23 febbraio 1725 (BWV 249a, perduta) e successivamente fu riutilizzata per un'altra cantata profana (BWV 249b, perduta) scritta per il compleanno del conte Joachim Friedrich von Flemming il 25 agosto 1726. La versione pasquale fu successivamente oggetto di una revisione per un'esecuzione tra il 1732 e il 1735 quando assunse anche il nome di oratorio.
Anche la cantata BWV 66 è una parodia, precisamente della BWV 66a, perduta, scritta per il compleanno del principe Leopold von Anhalt-Kothen, 10 dicembre 1718 di cui riutilizzò cinque brani; in particolare l'ultimo della cantata originaria divenne il brano iniziale della nuova cantata dove la felicità per la celebrazione del compleanno del principe diventa la felicità per la resurrezione, il tutto realizzato da Bach con una naturalezza assoluta.
La cantata BWV 67 è invece originale e non reca tracce di opere precedenti.
Grande successo da parte del pubblico che segue queste musiche barocche con una passione veramente grande. Un bravo a Ruben Jais.

Ricostruzione de L'Aquila

Viene affermato che L'Aquila può essere ricostruita in 7-8 anni.
Prendiamone nota e verifichiamo da oggi se quanto deve essere fatto per raggiungere quell'obiettivo viene fatto in modo da non arrivare tra sette anni ed accorgerci che si tratta di un obiettivo non raggiunto; dopo di che seguirebbero i soliti scaricabarile con politici che chiedono di essere rieletti per terminare il lavoro che non è stato terminato non per loro colpa ma per cause esterne indipendenti dalla loro volontà, ecc. ecc. il tutto immerso in una melassa politica indigesta e inestricabile.