martedì 22 maggio 2012

Rafal Blechacz alla Scala

Ieri sera alla Scala si è tenuto un concerto della Filarmonica diretto Fabio Luisi.
Il pezzo forte della serata era il IV concerto per pianoforte di Beethoven che è stato eseguito dal pianista polacco Rafal Blechacz, vincitore dello Chopin 2005 (I premio all'unanimità e secondo premio non assegnato, giusto per dire) e che avevo già sentito in un concerto in Auditorium nel gennaio 2008 quando, sotto la bacchetta di Oleg Caetani, aveva eseguito il primo concerto di Chopin.
Gran pianista Blechacz. Anche solo a vederlo seduto alla tastiera ti dà l'idea che si tratta di un gran pianista. Ha fatto un IV di Beethoven tutto limpido, pulito ma non freddo, calibrato benissimo nei timbri, agilissimo nei momenti più vivaci e molto introspettivo nel magnifico movimento lento che è un soliloquio del pianoforte a cui si contrappone l'orchestra. Una grande esecuzione. Il pianista poi ha fatto come bis un paio di mazurke di Chopin, chiedendo il permesso al primo violino (che carino!), e li si è capito una volta di più quanto sia bravo; non per niente allo Chopin si prese un premio speciale per la miglior esecuzione delle mazurk.
Il secondo pezzo forte, ma ad una distanza piuttosto notevole, erano le Feste romane di Respighi, del 1928. Non sto qui a disquisire sulla validità di questa musica che, vista l'epoca in cui è stata scritta, non era certo d'avanguardia. Io personalmente, dei tre poemi sinfonici di Respighi preferisco di gran lunga I pini di Roma, che hanno dei momenti veramente poetici, come nei pini del Gianicolo, in cui la bravura dell'orchestratore si incontra con un sentimento autentico. Anche nelle Feste romane ci sono dei buoni momenti, ad esempio i due pezzi centrali, Giubileo e Ottobrata; certo che il finale con il "Lassatece passà, semo romani" è piuttosto provinciale.
Gli altri due brani erano tre pezzi di Giovanni Gabrieli riorchestrati nel 1998 da Claudio Ambrosini, una reinterpretazione di Gabrieli avvolto in leggere percussioni che creavano un'atmosfera evocativa di un mondo lontano da cui però la musica di Gabrieli emergeva talvolta in tutto il suo luccichio veneziano, e la Paganiniana di Alfredo Casella, brano del 1942 che fà il paro con la Scarlattiana del 1926 che avevo ascoltato qualche tempo fa ad uno dei concerti della domenica mattina in Auditorium. Casella, come altri autori italiani della generazione degli '80, oggi sono parecchio trascurati e le loro musiche, composte soprattutto nel periodo del regime fascista tra le due guerre, sono raramente eseguite. Personalmente reputo che sia un errore, non tanto per la validità in sé di quelle musiche, ma perché comunque sono musiche di autori che hanno avuto un ruolo anche importante nella cultura del '900, e hanno goduto della stima personale di grandi autori come Stravinskij, Ravel, de Falla, Richard Strauss. Inoltre è troppo facile fare gli snob con queste musiche mentre si dovrebbe tener conto che, ad esempio. un grande musicista e direttore d'orchestra come Bruno Maderna le dirigeva e dirigeva anche Nino Rota, dai più relegato al ruolo di banale cinematografaro.
Fabio Luisi ha diretto molto bene un po' tutto e l'orchestra lo ha seguito in modo egregio.
Pubblico piuttosto numeroso e grande successo.

2 commenti:

  1. Troppo bravo, Blechacz, veramente!! Che fortuna sentirlo nel IV... il mio preferito :-)

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    1. Veramente bravo. Ha fatto dei passaggi veloci con una chiarezza e un'articolazione esemplare. E poi è anche bello da vedersi. Grande successo.

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