sabato 26 aprile 2014

Allettare

Allettare. Mettere a letto.

Hai allettato la nonna Clarabella?
Non ancora.
Allettala subito!

Anche con il significato di stare a letto.

La signora Ideale Socialista può stare alzata o è allettata?
No, non è allettata, può alzarsi.
Allora la facciamo scendere nella sala delle danze per la premiazione. Considerati però i chiodi che ha nel femore bisogna stare attenti al passaggio per la porta d'ingresso che è allarmata e potrebbe allarmare la vicina stazione di polizia.
Ok, deallarmeremo la porta.

Due papi santi

Domani saranno santi due papi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Nessuno dei due è stato il mio papa.
Pio XII morì che avevo 7 anni. In un'epoca senza TV in cui, oltretutto, il papa era praticamente invisibile, Pio XII per me non rappresentava praticamente nulla. Poi arrivò Giovanni XXIII che morì che avevo 12 anni, neanche compiuti. E' un ricordo lontano. Immagini in bianco e nero e una voce affabile che diceva cose molto semplici. Il mio papa invece fu Paolo VI, un grande papa che fece il papa in un'epoca di grandi cambiamenti e di rivolgimenti sociali, di attentati e uccisioni fino a quello di Aldo Moro. Quando morì avevo 26 anni, quindi vissi questo papa in tutta la mia giovinezza. Paolo VI mi era particolarmente caro anche per un ricordo personale. Quando era cardinale di Milano, nel 1960 circa, venne nella mia parrocchia, i 4 Evangelisti in via Pezzotti, per inaugurare una parte del nuovo oratorio. I miei genitori erano amici del parroco e io facevo il chierichetto così mi misero in mano un vassoio con le forbici da porgere al cardinale Montini per tagliare il nastro. Lui, come fanno spesso i preti, mi chiese: "Come si fa a tagliare il nastro?". Io non mi persi d'animo e gli risposi: "Ora le faccio vedere" e presi le forbici mostrandogli come funzionavano. Risata, carezza, taglio del nastro e via. Giovanni Paolo II, tralascio chi l'aveva preceduto perché rimase papa un mese e morì il giorno in cui partii per la prima volta per Parigi, Giovanni Paolo II, dicevo, mi ha accompagnato quasi alla pensione.
Tralascio i contenuti teologici, perché un po' li ignoro e un po' non è propriamente il mio campo, ma mi pare che Giovanni XXIII parlasse molto di più al cuore, per cui ho una certa preferenza per lui, nonostante che Giovanni Paolo II abbia inciso nella storia in modo molto forte. Anche lui ha detto con forza cose importanti che hanno scosso le coscienze, anche con una dimensione da grande uomo di stato e politico, ma mi pare che Giovanni XXIII, nella sua apparente semplicità, avesse qualcosa di più da dire.
Mi spiace, infine, che in TV si parli quasi solo di Giovanni Paolo II. Lo posso capire perché Giovanni Paolo II, vissuto in un'epoca di grande potenza comunicativa, ha un grande vantaggio mediatico, ma bisognerebbe riequilibrare un po' queste posizioni in cui, addirittura, qualcuno ha manifestato stupore per il fatto che la santificazione di Giovanni Paolo II avvenga assieme a quella di Giovanni XXIII, quasi fosse uno sgarbo nei suoi confronti.
Gente rubata alle cronache calcistiche o agli incontri in TV con amiche con cui è bello parlare di gossip e che vivono di brividini e di emozioni e di cantatine di Bocelli.
Per quanto riguarda, infine, l'attuale papa Francesco, dirò un'eresia, ma personalmente non mi piace. Dice più o meno sempre le stesse cose, in alcuni casi cose già dette da alcuni suoi predecessori. Certamente lucra sulla capacità di comunicare ed essendo un gesuita è un gran furbone. (Lo so perché mio zio, fratello di mio padre, era un gesuita.)

lunedì 21 aprile 2014

Ricordando un concerto

Risentivo stasera il secondo concerto per violino di Philip Glass, denominato "The Four American Seasons" del 2009 in prima esecuzione nel 2010.

Il concerto è in quattro tempi, ognuno dei quali rappresenta una stagione, ma non si sa bene quale e credo sia un tentativo vano quello di stabilire se un pezzo è l'estate o la primavera. In realtà i quattro movimenti si presentano come un'introduzione abbastanza lenta e meditativa, seguita da un poetico adagio a cui segue un movimento più dinamico per terminare con un turbolento finale. Ogni movimento è preceduto da un brano solistico che collega i vari pezzi.

In realtà questo nuovo ascolto mi ha fatto tornare in mente quando e dove ho ascoltato questo pezzo. Si è trattato di un concerto della Kremerata Baltica con Gidon Kremer al violino, tenutosi al Conservatorio di Milano il 15 febbraio 2013, un venerdì. Il lunedì precedente, l'11, il giorno delle dimissioni di Ratzinger, c'era stato un concerto di Sollima, tutto sommato abbastanza deludente. L'unica cosa bella di quella serata era stato il fatto che avessi ascoltato quel concerto con due persone che poi purtroppo (ma forse il purtroppo è di troppo) non ho più avuto l'occasione di incontrare nuovamente. Quel venerdì invece ero solo. Non conoscevo per niente il concerto ma ne rimasi impressionato al primo ascolto come raramente mi accade. Forse sarà un po' infantile ma adoro questo pezzo. Alla fine ci fu un'ovazione tremenda da parte di persone che, ci scommetto, ascoltavano quel pezzo per la prima volta. Certamente si è trattato di un concerto tra i più memorabili degli ultimi anni, assieme ad alcuni concerti del Trio di Parma, del Quartetto di Cremona e di Leonidas Kavakos.
Non è certo una colpa comporre una musica di successo e di facile accesso. Quello che però mi impressiona è il fatto che ogni riascolto che ho fatto successivamente per mezzo dell'unica incisione discografica esistente, fatta dagli stessi interpreti della prima, il dedicatario Robert McDuffie e la Marin Alsop, che acquistai il giorno successivo, mi ha impressionato sempre in modo molto favorevole e senza cedimenti di sorta. Questo pezzo, quindi, deve avere delle qualità e credo che sarà ascoltato per molti anni diventando un classico del nostro tempo.
In quel concerto c'erano poi molti altri pezzi, come questo Flowering Jasmine del lituano Georgs Pelécis, che ha alcune parti un po' convenzionali, ma ha una melodia tanto semplice ed elementare quanto incantevole.