martedì 15 maggio 2012

Olli Mustonen

Ieri sera al Conservatorio per le Serate Musicali il pianista, direttore d'orchestra e compositore finlandese Olli Mustonen ha fatto un concerto con musiche di Bach (Johann Sebastian), Shostakovich e Rachmaninov. Avevo già ascoltato Mustonen in concerto in Auditorium quando nella primavera 2009 era venuto a suonare il concerto in modo misolidio di Respighi, proposta assolutamente meritoria giusto per ricordarci che Respighi ha composto anche altro rispetto ai soliti tre poemi sinfonici su cui si adagia l'atarassica letargia di molti organizzatori di concerti e di molti direttori d'orchestra.
Di Bach ha eseguito la Partita n. 5 in sol maggiore BWV 829 risalente al periodo 1725/1730, di Shostakovich la sonata per pianoforte n. 2 op. 61 del 1943, scritta fra la VII e l'VIII sinfonia, sonata dove per la prima volta, credo, appare la sigla di Shostakovich DSCH mentre di Shostakovich i 13 Preludi op. 32 del 1910.
Olli Mustonen ha eseguito questi pezzi come se fosse percorso da una corrente elettrica e di questo approccio si aveva una evidenza visiva dal suo approccio alla tastiera. Gran gioco di avambracci e di polso con le dita che quando colpivano un tasto immediatamente lo lasciavano e le mani risalivano verso l'alto con grandi balzi volteggiando come se avessero preso una scossa per poi ricadere. Una tecnica anche piuttosto rischiosa perchè ogni attacco del tasto, soprattutto sul piano o pianissimo poteva essere fallito per un errore anche minimo di misura. Comunque bravissimo Mustonen nel differenziare i piani sonori al millimetro.
Già dal pezzo di Bach si è potuto sentire come il suo tocco fosse estremamente secco e nervoso tanto che nella giga finale, soprattutto dall'attacco della seconda parte, il discorso diventava quasi esagitato; in confronto Gould sembra un tipo molto, molto calmo. In effetti continuo a preferire di gran lunga l'esecuzione di Gould perchè mi è parso che quella di Mustonen fosse veramente troppo estrema per Bach e qua e là poco chiara.
In Shostakovich, visto anche il materiale diverso, le cose sono un po' migliorate anche se il tipo di interpretazione, così analitica ed iperastratta, ha privato l'esecuzione di quel po' di pathos che contiene; anche il finale, un tema e variazioni con momenti molto struggenti, ne è uscito un po' sacrificato ma ha avuto anche momenti magnifici quando il tipo di esecuzione di Mustonen è entrata in simbiosi con gli aspetti più toccatistici della scrittura di Shostakovich.
Per finire anche a Rachmaninov è stato riservato lo stesso trattamento, un Rachmaninov passato ai raggi X. Invano si sarebbero cercati e trovati momenti di languore e slanci di passione così caratteristici nello stile kitsch da salotto portato nelle sale da concerto dal compositore russo. A me Rachmaninov non piace (trovo che tutto quel cumulo di note tenda il più delle volte ad un risultato ben misero, tendente asintoticamente allo zero) e non mi è piaciuto neanche con questo approccio così antiromantico. Pianisticamente di quel periodo continuo a preferire di gran lunga, ma molto di gran lunga, Debussy, Ravel e Skriabin e se fossi un pianista di professione ben difficilmente passerei tanto tempo a studiare il quasi impossibile Rachmaninov; difficile per difficile preferirei studiare Prokofiev o la Concord sonata di Ives o Stockhausen, giusto per dire qualche nome.
Quindi si è trattato di un concerto interessante ma dall'approccio, secondo me, difficile e faticoso.
Pubblico scarsino e abbastanza plaudente ma non si è trattato di un grande e convinto successo.

2 commenti:

  1. Io trovo già 'estremista' il Bach di Gould, che pure è un miracolo di intelligenza, figuriamoci se avessi sentito questo. Quanto a Rachmaninov, sottoscrivo assolutamente. E' musica per pianisti, non per musicisti. Una Russia da film hollywoodiano. Una donna bella ma rifatta. Devo continuare?

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  2. Potresti anche continuare... Mustonen, per me, era un po' tutto sopra le righe. Gran pianista, ma ogni nota, praticamente, era uno sf, sul piano o sul forte.

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