lunedì 26 settembre 2011

Daniel Barenboim

Qualche settimana fa, a Verona, nell’ambito della consueta rassegna di orchestre che si svolge tra settembre e ottobre, si è tenuto un concerto diretto da Daniel Barenboim con la Filarmonica della Scala. Il concerto era identico a quello tenuto nell’ambito del festival MITO e prevedeva musiche di Rossini, Mozart e Beethoven di cui veniva eseguita la III sinfonia “Eroica”.
Non ho sentito il concerto ma ne ho letto una recensione sul giornale di Verona, L’Arena.
Tralasciando ciò che diceva dell’esecuzione di Mozart e di Rossini, su Beethoven l’articolista diceva alcune cose. Innanzitutto diceva che l’orchestra per Beethoven si molto infoltita. C’erano tantissimi archi, tanto da avere problemi a starci tutti sul palcoscenico ed inoltre tutti i fiati erano raddoppiati. Ciò, a detta dell’articolista, produceva talvolta degli “ingorghi” sonori. Inoltre, relativamente all’interpretazione vera e propria si mettevano in luce i tempi sostenuti, i contrasti drammatici, il colore scuro, cupo, l’imponenza del tutto.
Non l’ho sentito ma posso ben immaginare avendo sentito in un’altra occasione Barenboim dirigere quella sinfonia.
Vorrei fare un paio di osservazioni.
Trovo assurdo, nel 2011, fare ancora i raddoppi orchestrali per aumentare il peso della musica di Beethoven e accentuare la differenza tra Beethoven e ciò che l’aveva preceduto. Io credo che la novità di una sinfonia come l’Eroica sia insita nella musica in sé; l’orchestra dell’Eroica è uguale a quella delle ultime sinfonie di Haydn con l’aggiunta solo di un terzo corno; ciò che è diversa è la qualità della musica, la sua forza interiore, la forza dei suoi temi, dei suoi sviluppi, il colore dell’orchestrazione e per realizzare bene tutto ciò non è necessario raddoppiare tutta l’orchestra passando da un’orchestra di 60/65 elementi ad una di 120.
Per quanto riguarda i tempi si sa che Beethoven ha messo i tempi di metronomo, nel 1817, e che questi, in genere, sono piuttosto rapidi. Ma rapidi rispetto a cosa? Credo rapidi rispetto ad una idea interpretativa ottocentesca che tendeva a far diventare Beethoven un Titano; la stessa cosa succedeva a Bach con esecuzioni lentissime e con organici improponibili allo scopo di creare un’immagine di solennità. Per Bach si è dovuti arrivare agli anni ’60 perché qualcuno cominciasse ad usare strumenti originali e cominciasse ad adottare tempi molto più snelli e vivaci rendendoci un Bach finalmente pieno di vita; e la stessa cosa accadeva anche ad un autore come Vivaldi, italianissimo, di cui ricordo un vecchio disco che possedevo con le quattro stagioni che era soporifere e mortali come non mai. Certo i metronomi di Beethoven sono piuttosto rapidi e segnano forse più una direzione verso cui tendere che una reale possibilità esecutiva, ma ci si può e ci si deve tendere, e inoltre, come osservava Claudio Abbado, si devono conservare le relazioni tra i tempi di metronomo dei vari movimenti perché altrimenti si ottiene un’immagine deformata del pezzo. Cioè se Beethoven prescrive, come prescrive un tempo di 60 per la minima puntata nel primo movimento lo posso anche rallentare leggermente se lo reputo troppo veloce ma poi nella marcia funebre dove prescrive 80 per l’ottavo dovrei cercare di mantenere una certa proporzione salvo che così diventerebbe di sicuro troppo lento se il primo movimento l’ho rallentato troppo. Del resto Abbado con le sue esecuzioni a Berlino nel 2000 e a Roma, con la stessa orchestra, nel 2001, ha dimostrato quanto diventi interessante, spiritoso e vivo Beethoven con tempi più rapidi e senza raddoppi, ed anche Georg Solti, in un documentario, testimoniava che diventando più vecchio, tendeva sempre di più verso i metronomi beethoveniani abbandonando la visione solenne e retorica del Beethoven della tradizione.
Ora, che Barenboim, ancora oggi, diriga Beethoven secondo stilemi così vecchi e superati fa una certa impressione. Aggiungerei, per finire, che farebbe bene un po' a tutti andarsi a risentire talvolta il Beethoven di Toscanini o di Felix Weingartner, il direttore d’orchestra che prese il posto di Mahler a Vienna nel 1908, assolutamente sorprendenti nelle sue esecuzioni degli anni ’30.
Ricorderei inoltre la puntata di "C'è musica e musica" in cui Berio sperimentava l'utilizzo di un'orchestra simile a quella della prima esecuzione, ridottissima. Questo accadeva 40 anni fa ed era un esperimento per verificare e mettere sotto osservazione le strutture del brano e per fare una riflessione su Beethoven e la sua epoca in cambiamento; sarà stato un esperimento ma era molto interessante e stimolante.

Sergio Bonelli


Sergio Bonelli è morto.
Come fedele lettore dei suoi fumetti, da 50 anni fa ad oggi, gli auguro di essersi avviato serenamente verso l'ultimo sentiero che conduce ai pascoli celesti.

venerdì 23 settembre 2011

Boulez dirige Boulez


Ieri sera al Conservatorio, nell'ambito del festival MITO, Pierre Boulez ha diretto la sua composizione Pli selon pli con l'Ensemble intercontemporain, il Lucerne Festival Academy Ensemble e la soprano Barbara Hannigan.
Obiettivamente era un evento al quale non si poteva mancare, a meno che uno non avesse degli appuntamenti assolutamente irrinunciabili.
Personalmente avevo già sentito Boulez quando era venuto alla Scala sul finire degli anni '70, mi pare, con i complessi dell'Opera di Parigi dirigendo la Lulu di Alban Berg con il finale completato da Friedrich Cerha e un concerto sinfonico con musiche di Messiaen e Stravinskij di cui aveva diretto la più esaltante esecuzione dal vivo che io abbia mai ascoltato della Sagra della primavera. Lo aveva ascoltato anche in un concerto a Parigi.
Vedere dirigere Boulez è bellissimo perchè batte il tempo talmente bene, seguendo al millimetro ogni cambio di tempo o di ritmo, sollecitando le dinamiche, dando gli attacchi anche i più fulminei che guardandolo e seguendo il suo gesto anche tu capisci la musica che si sta eseguendo. Lo diceva lui stesso, mi pare in un'intervista in "C'è musica e musica", storica trasmissione di Luciano Berio trasmessa dalla Rai nei primi anni settanta a proposito dell'interazione tra direttore, orchestra e pubblico.
Ora, a 86 anni suonati, non ha perso nulla della sua lucidità e della sua maestria.
Pli selon pli, brano di grandi atmosfere ottenute con calibratissime orchestrazioni, è stato così dipanato in una maniera talmente convincente ed evidente da suscitare, almeno in me, autemtica commozione e godimento estetico, cosa ben strana trattandosi di musica contemporanea del secondo dopoguerra (Pli selon pli risale agli anni (1957-1962).
Grandissimo successo per la bravissima soprano chiamata ad imprese talvolta veramente ardue e per i bravissimi strumentisti.
Tra il pubblico, due file davanti alla mia c'era Maurizio Pollini, grande interprete del Boulez pianistico, con moglie, dietro di me lo scrittore Alberto Arbasino, e poco più scostato il compositore Giacomo Manzoni, autore di una fortunatissima Guida all’ascolto della musica sinfonica e molte altre facce note tutte riunite lì per un evento al quale, obiettivamente, era un delitto mancare.
Al mio fianco, fortunatamente, una piacevolissima e radiosa ragazza che non doveva sapere molto del brano dal paio di domande che mi ha fatto, ma che ha ascoltato il tutto con grande impegno seguendo il testo poetico di Mallarmé.
Moltissimi giovani tra il pubblico, finalmente!

mercoledì 21 settembre 2011

Il dito di Cattelan


Si discute se tenere il dito di Cattelan (in foto non rende, dal vivo è impressionante) lì dove si trova, piazza Affari o spostarlo.
Certo si deve essere sicuri che l'integrità dell'opera sia salvaguardata.
Comunque, per il carattere metaforico, o metadentrico, a seconda dei punti di vista, dell'opera, la terrei lì dove si trova, almeno per ora.

Boulez dirige Mahler


Ieri ho acquistato un doppio CD nel quale Boulez dirige la Lucerne Festival Academy Orchestra, un'orchestra fondata nel 2004 e formata da giovani provenienti da vari paesi. Le registrazioni sono relative a concerti fatti tra agosto e settembre 2010. Il primo CD è dedicato a musiche di Webern (passacaglia op. 1 e variazioni op. 30) e Stravinskij (Le chant du rossignol), mentre nel secondo CD c'è la VI sinfonia di Mahler. Tralascerei Webern e Stravinskij perché è evidente l'autorevolezza di Boulez in quel repertorio e verrei invece a Mahler.
Dico subito che sono uscito dall'ascolto entusiasta ed anche commosso come poche volte mi è capitato, e questo è strano perché Boulez è un musicista famoso soprattutto per le sue capacità di analisi delle partiture che dirige, per il controllo assoluto di tutti i parametri musicali, che gli deriva di certo dall’essere lui stesso un compositore, il che porterebbe al rischio di una certa freddezza: cioè tutto è perfetto, nulla viene tralasciato ma nel complesso non ti dice niente. Invece nulla di tutto ciò accade. Innanzitutto i tempi sono perfetti. Ascoltando mi veniva in mente ciò che Mahler diceva sui tempi giusti, che sono quelli per cui si riesce a percepire tutto quello che c'è dentro la musica e il limite nella velocità è proprio quello per cui i suoni tenderebbero a scivolare o a comprimersi diventando poco chiari. Con Boulez si sente letteralmente tutto. Poi c'è il discorso della fedeltà al testo. Boulez ha una precisione nell'esecuzione delle dinamiche, degli sforzando, dei pp subito, dei crescendo e decrescendo anche i più fulminei che si svolgono nell'arco di quattro note che è incredibile. Se si unisce a questo la sua maestri nel farti sentire la linea principale del canto che passa attraverso le varie sezioni orchestrali ne viene fuori che l’opera musicale viene assolutamente vivificata, ri-creata, diventa realmente un organismo vivente e non solo l’ennesima esecuzione mahleriana che oggi è in grado di fare anche il più scalzacane di direttore. Le esecuzioni di Mahler sono spesso piene di luoghi comuni che sono francamente diventati insopportabili e quindi Boulez, che non conosce luoghi comuni, fa l’impressione di acqua fresca di fonte. Mi ha fatto lo stesso effetto che mi fa Toscanini come esecutore di Beethoven. Cioè, innanzitutto si deve eseguire bene quello che l’autore ha scritto, e da questo, sostenuti dallo stesso materiale musicale, dalla sua forza intrinseca esce poi la passione, la gioia, il dolore e tutto quello che uno ci vuole vedere e ti fa ascoltare l'opera come se fosse la prima volta di un grande amore. Inoltre Boulez fraseggia e batte il tempo in modo impareggiabile. Ci sono dei passaggi nel convulso finale che con il tempo giusto e i piani sonori a posto, ovvero con una ottima concertazione, risultano illuminati da una chiarezza assoluta. Memorabile lo scherzo dove nel finale la frammentazione del materiale musicale viene realizzato senza alcun rallentando; la rarefazione stessa della musica dà l’impressione che il tempo venga ritenuto ma in realtà non è così. L’andante viene eseguito con una linea di canto impeccabile e caldissima e il primo movimento con grande veemenza, con uno sviluppo mai sentito così chiaro nell’intrico della polifonia e con una coda dove, a 3 prima di 45, c’è un ritenuto e un molto ritenuto dove il tema di Alma viene quasi urlato in uno spasimo che mi dato un brivido mai sentito in altre esecuzioni. L’occhio era un pochino umido ma era dovuto non a un generico sentimentalismo, che mi è sconosciuto, ma alla percezione più grande dell’arte e della passione.

Libri di scuola


Forte dell'esperienza di ieri, quando ero andato da Libraccio in piazza Fontana alle 9.30 (tanto non c'è nessuno, mio figlio) ed esserne uscito quasi due ore dopo per la fila che c'era, oggi alle 8.30 ero già lì. Tre persone davanti, apertura alle nove, un bel freschino, quattro chiacchiere con un paio di gentili ed abbronzatissime signore in fila. Alle 9.30 ero fuori, via Dogana, tram, a casa prima delle 10. L'unica cosa che mi spiace è che in questo modo mi sono risparmiato troppo poco della presenza della filippina energumeno che viene il mercoledì mattina (non quella dell'immagine a fianco, magari!). Casa ribaltata, mi sono rifugiato sul terrazzo a leggere sotto il sole con il bel sole che c'è ancora oggi. Ora è ancora qui ma ormai è da un'altra parte della casa, per cui sto tranquillo e anche la gatta è qui con me che mi fa la guardia.

PS.
Ad un tratto non funzionava più niente. Scoperta: aveva staccato il router! Scusa signò!

martedì 20 settembre 2011

Concerti all'Assunta in Vigentino


Quest'anno prometto che andrò più spesso a sentire i concerti da camera e consimili nella chiesa che è vicina a casa mia, Chiesa di Santa Maria Assunta in Vigentino, e chissà che non restaurino anche l'organo, dal momento che è iniziato un restauro in generale della chiesa che sarebbe bella ma che è stata troppo trascurata negli anni.
L'orchestra da camera si è formata nel 1995 con elementi dell'orchestra della RAI che era stata chiusa (a che serve un'orchestra?) e negli anni ha inserito anche elementi nuovi e giovani. I suoi concerti sono sempre seguiti con grande entusiasmo. E poi devo dare soddisfazione anche ad una signora che mi invita sempre e mi fa trovare il programma nella casella della posta.

domenica 18 settembre 2011

Milano Musica

Quest'anno la rassegna di musica contemporanea Milano Musica, arrivata al 20° anno, avrà come musicista di riferimento Helmut Lachenmann, musicista che definisce la propria musica "musica concreta strumentale".
Si inizia il 2 ottobre alla Scala con un concerto diretto da Roberto Abbado con musiche di Berio (Requies (1983-85) per orchestra da camera scritto in memoria di Cathy Berberian), Lachenmann (Schreiben (2002-04)) e la IV sinfonia di Schumann, per terminate il 7 novembre sempre alla Scala con musiche di Liszt, Donadoni e Chopin eseguite da Jeffrey Swann.
Dei vari concerti in programma mi interessano in modo particolare quello del giorno 8 ottobre al Teatro dal Verme con i Pomeriggi Musicali impegnati in musiche di Diogenes Rivas, Aldo Clementi, Matteo Franceschini, Lachenmann, Luca Francesconi, quello del 10 ottobre con l'ensemble unitedberlin in musiche di Valerio Sannicandro, Salvatore Sciarrino, Franco Donatoni, quello del 12 ottobre dove sarà trasmessa una registrazione televisiva di Satyricon di Bruno Maderna, quello del 16 ottobre in Auditorium con la Verdi Schoenberg, Maderna e Lachenmann, quello del 28 ottobre con il Quatuor Diotima in musiche di Lachenmann e Debussy.
Una bella rassegna per tenerci un po' svegli!

venerdì 16 settembre 2011

Il coraggio di Minzolini

Augusto Minzolini, che grande giornalista! E' il direttore del TG1, e ti credo, per un giornalista così è il minimo. Ecco un nuovo saggio della sua grandezza.



E pensare che tutto ciò che dice lo dice in totale libertà, senza alcun condizionamento, senza che alcuno gli dica ciò che deve dire! Nel video cita l'attuale presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, ancora temporaneamente in carica e in piena salute anche se il servizio delle prefiche è già tutto organizzato per quel momento che ci auguriamo il più lontano nel tempo possibile; ma se il presidente del consiglio fosse stato Antonio di Pietro, Minzolini avrebbe detto Antonio di Pietro e se fosse stato Rosy Bindi avrebbe detto Rosy Bindi, e se fosse stato.... Che bello avere il coraggio delle proprie azioni, delle proprie parole e delle proprie idee! Che esempio per i giovani giornalisti: imparate! Bravo!

giovedì 15 settembre 2011

Trouble near Verona

Mia madre, al suo paese vicino a Verona, domani 16 settembre ha un problema di vitale importanza: la parrucchiera chiude a causa dell'arrivo di una veggente di Medjugorje, che farà una tappa della sua tournée europea. Tutti riuniti in chiesa per una possibile apparizione. Come minimo ci sarà un messaggio del tipo "Pregate, pentitevi e digiunate" rivelato in un momento di estasi. Che la Madonna appaia questo non lo può sapere nessuno, tanto la veggente può raccontare quello che vuole; probabilmente no perchè avere un altro santuario che ti può fare concorrenza ora che gli affari sono così ben avviati non è cosa buona. Preciso che mia madre, che veleggia verso gli 87 anni, profondamente credente, non ci andrà e questo fa parte della libertà di coscienza che ognuno ha diritto di avere.

lunedì 12 settembre 2011

War Requiem

Ieri sera, 11 settembre, si è tenuto il concerto inaugurale della stagione 2011/2012 dell'orchestra Verdi. Come d'abitudine il concerto si è svolto alla Scala ed era dedicato alle vittime dell'attentato alle Twin Towers.
Il primo brano in programma era lo Schicksalied di Brahms su testo di Holderlin. La poesia di Holderlin è divisa in due parti; nella prima gli dei beati, senza destino, vivono la loro esistenza senza tempo in un mondo di eterna tranquillità e chiarezza, nella seconda parte invece si descrive, per contrasto, lo stato degli uomini che non possono mai riposare in alcun luogo sottoposti ad un destino che li pone in perenne pericolo. Brahms descrive in modo mirabile questi due momenti così contrastanti ma chiude la composizione con il ritorno dell'inizio ed in maggiore; una chiusa ambigua che può essere intesa come un commento indifferente ai dolori umani o come una consolazione. Io propenderei per la prima ipotesi che è tanto più triste quanto senza reale possibilità di conforto.

Nella secondo parte c'era il pezzo forte della serata, ovvero il War Requiem di Benjamin Britten composto per la riconsacrazione della cattedrale di Coventry che era stata distrutta da un bombardamento nel 1940.
La particolarità di questo brano consiste nel fatto che Britten non si è limitato a mettere in musica il testo latino, come Mozart, Verdi, Berlioz, Stravinskij, ecc, ma ha aggiunto una scelta di poesie scritte dal poeta Wilfred Owen al tempo della prima guerra mondiale nel corso della quale sarebbe morto il 4 novembre 1918. Con questa scelta Britten crea delle relazioni tra il testo latino e le poesie, relazioni che in vari modi riportano un sentimento generale di compianto a quello particolare della realtà della guerra e della morte. Ad esempio le trombe del Dies Irae diventano, nella poesia, tristi trombe militari che si richiamano nell'aria della sera. Nell'Offertorium al canto latino si contrappone una poesia in cui si rievoca l'episodio di Abramo e del sacrificio di Isacco, ma mentre nella Bibbia il sacrificio non avviene perchè al suo posto viene ucciso un ariete, nel testo di Owen, il vecchio "slew his son, and half of the seed of Europe, one by one".
La composizione è particolarmente complessa e prevede oltre all'orchestra e al coro, un coro di bambini che deve cantare da una certa distanza, e sono stati messi nel palco reale, un soprano, un tenore, un baritono e un'orchestra da camera; quindi sono richiesti due direttori. Fra questi due complessi si creano relazioni molto sottili e complesse come ad esempio nel Lacrimosa, che segue la ripresa violenta del Dies Irae, all'interno del quale si inserisce il tenore che canta un testo in cui si prega di spostare al sole un morto nel tentativo di riportarlo in vita come il sole fa fiorire le sementi. Nel Sanctus invece, all'esplosione luminosa dell'Hosanna si contrappone il dubbio che veramente EGLI sia in grado di sconfiggere la morte. Molto bello tutto il Libera me finale dove due morti, che in vita erano stati nemici, ed uno ha ucciso l'altro, si ritrovano e si cantano da sè la loro ninna-nanna, Let us sleep now, mentre i cori cantano "In paradisum" concludendo la composizione in un clima di serenità e di lontananza.
Molto bravi i tre solisti, Chiara Angella, Barry Banks e Mark Stone, cori e orchestra che hanno bellamente superato questa prova molto difficile che personalmente temevo non poco.
Grandi applausi per tutti, il direttore del bravissimo coro dei bambini Teresa Tramontin, la direttrice del coro Erina Gamberini, il direttore dell'orchestra da camera Ruben Jais, che ha diretto veramente bene, e il direttore Zhang Xian, confermata fino al 2014/2015, che, credo, in musiche come questa trova il suo repertorio ideale.
Insomma un bel concerto per una musica certo non facile, di raro ascolto e che necessita certamente di alcuni ascolti per poterla apprezzare e capire più profondamente.