venerdì 20 novembre 2009

Stagione 2009/10 de LaVerdi - Concerto N. 7


Nel concerto di ieri sera è stata eseguita in prima assoluta una nuova composizione di Silvia Colasanti, compositrice romana, classe 1975.
La composizione si intitola "Il canto di Atropo" per violino ed orchestra, brano commissionato dall'orchestra Verdi e scritto per il violinista Massimo Quarta che l'ha eseguita.
Nella mitologia greca, Atropo era una delle tre Moire (o Parche), Cloto, Lachesi e Atropo, figlie, secondo una versione, della Notte o, secondo un'altra di Zeus. Erano le divinità che presiedono al destino dell'uomo. Le loro decisioni erano immutabili, neppure gli dei potevano cambiarle. Atropo, la più anziana delle tre sorelle, era colei che non si può evitare; rappresentava il destino finale della morte d'ogni individuo poiché a lei era assegnato il compito di recidere il filo che rappresenta la vita di ogni uomo, decretandone il momento della morte.
Il brano della Colasanti ha cercato di rappresentare tutto ciò. Dopo un inizio cupo e opprimente entra il violino con un canto con accenti quasi appassionati; il materiale musicale viene variato fino alla conclusione dove il violino resta con un filo di suono. Nel brano è interessante come il violino venga spesso fatto suonare nel forte e nel piano per produrre un filo ininterrotto di suono, come il filo della vita che Atropo taglia.
Bella esecuzione con diversi applausi anche all'autrice presente in sala.
Della stessa autrice sabato 28 verrà eseguita in Auditorium l'opera per bambini "Il sole, di chi è?" nell'ambito della rassegna "Crescendo in musica". Magari andrò a sentirla per capire meglio che tipo di musica compone questa giovane musicista.

Massimo Quarta poi si è prodotto in una memorabile esecuzione della Tzigane di Ravel ottimamente coadivato dall'orchestra ben diretta dal Damian Iorio.
La Tzigane è un brano del 1924 scritto originariamente per violino e pianoforte e successivamente orchestrato. Brano raffinato ed arguto, anche ironico nel modo in cui Ravel aderisce ai vezzi di un virtuosismo trascendentale; sembra quasi dire: "Volete anche questo? Eccolo!"
Il concerto era iniziato con l'esecuzione della sinfonia dall'opera "I vespri siciliani" di Verdi, ben diretta da Iorio, e si è concluso con la V sinfonia di Prokofiev, ottimamente eseguita.
Questa sinfonia fu scritta da Prokofiev nel 1944, in piena guerra. Era il momento, però, in cui l'armata russa stava scacciando il nemico e si cominciava a tirare un sospiro di sollievo, da parte russa, per lo scampato pericolo.
Prokofiev con questa sinfonia vuole costruire una opera grande ed imponente.
Il primo movimento è principalmente basato su un tema solenne che viene riproposto con modalità sempre diverse, ora intensificato, ora rarefatto, ora elegiaco, ora grandioso.
Il secondo movimento, uno scherzo con trio, è uno dei brani più clamorosi di Prokofiev, un brano dal grande ritmo e dinamismo; un brano tipico di Prokofiev che ricorda lo stile del balletto Romeo e Giulietta.
Il terzo movimento, un adagio, è basato su un tema dolce ed elegiago; sullo sfondo passano paesaggi angoscianti, la guerra, che vengono però superati da una visione più serena e pacificata.
Il finale inizia con la citazione del tema dell'inizio, serio e solenne. Di colpo però prende la parola il clarinetto con un tema vivace, come uno che fischietta per strada, che inizia una girandola, un vortice inarrestabile, come la rappresentazione in musica della fine della guerra e una ritrovata fiducia per l'avvenire. Alla fine la musica trova una via di uscita in un ostinato feroce, delirante e funambolico.
Non c'è grandiosità in questo finale, ma sollievo. Un anno dopo Shostakovich, a guerra finita, scriverà la sua IX sinfonia, un sinfonia piccola e assolutamente non grandiosa, non celebrativa; anch'essa esprimerà un sentimento analogo, un sollievo senza vera gioia.
Inutile dire che entrambi passarono un guaio serio con il regime.

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