lunedì 2 novembre 2009

Alda Merini


Se qualcuno cercasse
di capire il tuo sguardo
Poeta difenditi con ferocia:
il tuo sguardo son cento sguardi
che ahimè ti hanno guardato
tremando.

Ieri è morta Alda Merini, poetessa.
Di lei ricordo la grande dolcezza. Iniziava a parlare e dopo un po' ti accorgevi che quanto stava dicendo era poesia, una poesia che andava in profondità, una poesia che rivelava qualcosa a cui non avevi pensato ma che scoprivi vero.
La poesia le usciva così, dalla voce, come un flusso che usciva dal suo corpo. Poesie dette al telefono, poesie in una conversazione, improvvisazioni che dovevano essere trascritte da altri per essere conservate. Con lei era strano osservare come nella conversazione si passasse tal tono serio a quello leggero e divertito e viceversa nel giro di pochi istanti. La vita è così. Mi ricorda certe musiche di Mozart dove tutto sembra sereno e tranquillo, poi entra una nota nuova e tutto cambia e ti ritrovi in un paesaggio angosciante da cui poi si esce con la stessa rapidità con cui ci si era entrati. Le sue più alte testimonienza rimarranno quelle in cui lei parla, quelle in cui si potrà osservare come la poesia, che poi possiamo leggere su un libro, esca dal discorso, improvvisa.
Ha avuto una vita difficile, il manicomio, la povertà ma è stata anche una persona che ha vissuto la vita tutta nel modo più intenso circondata anche da amici che la veneravano e che l'hanno sinceramente amata.
Amava la musica.
Era folle? La sua poesia era un'espressione della sua follia?
Io credo che ogni poeta debba essere un po' un folle per vedere oltre lo schermo che ricopre le cose e i nostri occhi e che ci impedisce, come nell'infinito leopardiano, di volgere lo sguardo verso orizzonti più ampi.

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