Sir Neville Marriner, 88 anni ottimamente portati il
prossimo 15 aprile, torna sul podio della Verdi e mette insieme un gran
concerto. Devo premettere però che per me Marriner è una conoscenza musicale da
tantissimi anni, fin dagli anni ’60 quando ascoltando Rai Tre e spesso si
ascoltavano sue esecuzioni a capo di quella strana orchestra con quello strano
nome, Academy of St.Martin in the Fields. Per cui Marriner è una delle persone
che assieme a poche altre, hanno accompagnato tutta la mia vita di ascoltatore
di musica e di frequentatore di sale da concerto. Avere la possibilità di
ritrovarmelo davanti ancora una volta, dopo le occasioni degli anni passati, è
stata per me fonte di grande gioia, a prescindere da ogni altra considerazione.
Detto questo, però, il concerto è stato molto bello.
Si è iniziato con la Fantasia on a Theme by Thomas Tallis di
Ralph Vaughan Williams per orchestra d’archi, un brano del 1910 ma revisionato
fino al 1919. In questo brano Vaughan Williams elabora un tema di Tallis, grande
autore di musica del ‘500 inglese, tratto dai nove Metrich Psalter che Tallis
compose nel 1567. In questo modo Vaughan Williams cerca e trova le ragioni
della musica inglese nella grande tradizione dei secoli XVI e XVII saltando a
piè pari ogni influenza successiva. Oltre al fatto che la melodia, in modo
frigio, è molto bella in sé, si aggiunge il fatto che Vaughan Williams la
sottopone ad una elaborazione intensissima fin dall’inizio con l’entrata del
tema sui pizzicati e poi con l’arco con un canto veramente emozionante, la si
dica come si vuole ma è così, costruendo un arco che si chiude con l’ultima vibrante
e intensissima entrata del tema affidata al violino primo con l’accompagnamento
della viola (veramente grandi i due solisti del quartetto, Nicolai von Dellinghausen e Gabriele Mugnai) che porta il pezzo al rapido spegnimento in un pianissimo che
svanisce in una regione remota. L’orchestra d’archi è divisa in due orchestre
ed inoltre viene messo in evidenza il quartetto delle prime parti. Non è
propriamente una suddivisione da concerto grosso con il concertino ma questa
divisione serva a creare piani sonori diversi che si integrano e si rimandano l’un
l’altro in un’alternanza di canto comunitario e personale nelle parti
solistiche. Veramente un grande brano. L’esecuzione è stata splendida anche perché
Marriner è certamente colui che più di ogni altro rappresenta in modo vivente
la musica inglese ed è stato coadiuvato in modo ottimo dall’orchestra. Vaughan
William è molto conosciuto per questo brano che è stato eseguito ed inciso da
molti direttori d’orchestra famosi. Purtroppo, come accade a moltissima musica
inglese del ‘900, di Vaughan Williams non si conosce praticamente altro, in
Italia, mentre, per dire, Vaughan Williams ha scritto ben 9 sinfonie (ma lui è quello che ha scritto anche la famosissima Fantasia on Greensleeves o la scoppiettante ouverture The Wasps, da Aristofane, che è stata la sua prima cosa che ho conosciuto) e mi
piacerebbe prima o poi ascoltare, ad esempio, la settima sinfonia, la SinfoniaAntartica, scritta tra gli anni '40 e '50 con materiale scritto per un film sulla spedizione di Scott in Antartide.
A seguire c’era Mozart e il suo concerto per corno KV 495.
Tornando a Vaughan Williams nell’accostamento a Mozart si è capito immediatamente,
fin dalla prima nota mozartiana, quanto fosse distante la musica di Vaughan
Williams dalla tradizione austriaca-tedesca tanto che ne ho avuto quasi uno
choc. Fatto rapidamente un reset ho comunque apprezzato moltissimo questo
Mozart suonato benissimo, come al solito, da quel fenomeno di bravura che è
Radovan Vlatkovic che poi, con gli altri due cornisti in orchestra, ha fatto un
bis di Anton Reicha, amico di Beethoven, un modo molto simpatico per permettere di valorizzare anche i
due bravi strumentisti.
Per finire questo concerto che era iniziato con un autore
inglese, Mendelssohn e la sua terza sinfonia “Scozzese”. Nel 1829 Mendelssohn
fece un viaggio in Scozia e ne ricavò profonde impressioni. Visitando a
Edimburgo lo Holyrood Palace e la vicina cappella, in rovina, dove Maria
Stuarda era stata incoronata regina di Scozia, Mendelssohn ci dice di aver
trovato l’inizio della sua sinfonia scozzese. Tornato in Germania scriverà
l’ouverture Le Ebridi. Nel 1830, come si conveniva ad ogni ragazzo di buona
famiglia, Mendelssohn parte per l’Italia dove resta abbagliato dal sole e dal
cielo italiani. Nel 1831 si dedicherà ad una nuova sinfonia, che sarà
l’Italiana e che dopo la prima esecuzione del 1833 rimarrà inedita e subirà
varie revisioni, mentre la Scozzese viene messa temporaneamente da parte e sarà
completata solo nel 1842, quindi 13 anni dopo il viaggio in Scozia e che verrà pubblicata come terza sinfonia anche se in realtà è la sua ultima. La sinfonia
sarà eseguita per la prima volta a Lipsia il 3 marzo e a Londra il 13 giugno
davanti alla giovane regina Vittoria a cui Mendelssohn chiese il permesso di
dedicare la sinfonia, permesso che la regina accordò molto volentieri. Questa
sinfonia quindi, poiché nasce dalle impressioni di quel viaggio, può essere
considerata una descrizione di luoghi o leggende o di suggestioni poetiche o climatiche o di
situazioni di lotta o di allegria, ma può essere considerata anche più
semplicemente un bel pezzo di musica ricco di armonia e di suggestioni. L’esecuzione
è stata molto bella e soprattutto molto intensa. Durante l’esecuzione del
terzo tempo che è molto severo e profondo, osservavo alcuni strumentisti anche
delle ultime file dei violini e li vedevo veramente coinvolti come raramente mi
è capitato di vedere e nell'esecuione dell'inno finale si sentiva una grande forza interiore. Sarà stato Marriner? Certo Marriner ha diretto benissimo
con quel gesto così chiaro e direi pratico, che proviene da una persona con
tantissima esperienza e che esce dall’orchestra, essendo egli stato
violinista. Un musicista vero con un grande amore per una musica che egli sente
evidentemente molto sua. Alla fine commentavo che a 88 anni Marriner era stato tanto più
convincente di diversi direttori molto più giovani soprattutto perché si
sentiva qualcosa di diverso anche in orchestra, una convinzione, un’anima che
certe volte faccio fatica a sentire. E' qualcosa di indefinibile ma che si sente, come nei rapporti con le persone. In totale sono andato al concerto un po' di malumore come mi capita in questo periodo (sarà il tempo!?) ma sono uscito dal concerto con uno stato d'animo molto migliore dell'inizio e quasi quasi mi verrebbe voglia di risentirlo.
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