Nell'ultimo concerto dell'orchestra Verdi si sono allineati Weber con la spumeggiante ouverture dall'Oberon, Beethoven e il suo terzo concerto per pianoforte e Mahler con il giovanile Das klagende Lied, il tutto diretto dal direttore musicale de La Verdi, Xian Zhang.
Dico subito che alla fin fine, come resa generale, la cosa che ho preferito è stata l'ouverture dall'Oberon di Weber, mi pare molto ben suonata da tutta l'orchestra e con grande impeto dove in particolare i corni si sono fatti molto onore e i violini filavano con un suono limpido che già punta a Mendelssohn.
Il terzo concerto di Beethoven è, fra i cinque, il mio preferito, forse perchè, come evidenzia Piero Rattalino questa è un'opera un po' ambigua che può essere intesa come conclusione del concerto classico o come inizio delle nuove conquiste beethoveniane. Ne viene fuori un'opera piena di pathos, come si conviene alla tonalità di do minore, che per certi aspetti ricorda il KV 491 di Mozart, anch'esso in do minore, ma certi aspetti della scrittura pianistica non sono per niente classici. Suonava la giovane pianista cinese Jin Ju. Sicuramente grande tecnica e una bella e disinvolta confidenza con la tastiera però, secondo mio gusto, pesta un po' troppo sui tasti. Non vorrei che il suo modello sia Lang Lang (come si vede la mia inguaribile bontà d'animo mi ha impedito di aggiungere degli aggettivi qualificativi non molto lusinghieri a quel nome tanto osannato in ogni dove; mi spiace per Giovanni Allevi e il suo genio musicale, ma è così e se ne deve fare una ragione). Ha fatto anche un bis. Dopo un Beethoven mi sarei aspettato, che so, una bagatella, la numero 4 dell'op. 126 in si minore, giusto per fare un esempio, oppure anche un Rachmaninov, giusto per dimostrare quanto era brava alle prese con uno di quei brani impossibili di quell'autore ed invece la Jin Ju ha cavato dal cilindro una ca..., un branetto funambolico dal sapore cinese, tanto funambolico quanto fuori luogo e bruttino, in verità. Non so chi sia l'autore, comunque non mi è piaciuto, questo è certo. Non ho nulla contro i cinesi in musica però non mi si può far credere che siano tutti dei grandi musicisti semplicemente perchè fanno gli acrobati della tastiera. Un po' di anima e di poesia, suvvia!
Per terminare il Das Klagende Lied di Mahler, composizione scritta da Mahler all'età di 20 anni. Come giustamente osservava Boulez è incredibile come Mahler, a quell'età, mostrasse già una enorme padronanza del dominio del suono, nella conoscenza del timbro orchestrale e una grandissima intuizione della sua resa sonora. Questa, inoltre, è un'opera che preconizza molto del Mahler futuro dal momento che ascoltandola si riconoscono agevolmente dei momenti che puntano già verso il mondo delle sue prime tre sinfonie. Inoltre Mahler ci si rivela già con tutte le sue caratteristiche più tipiche, fra tutte la dimensione del racconto perchè in effetti tutta la musica di Mahler possiede questa caratteristica, ovvero di svilupparsi come un grande racconto. L'opera è in tre parti ma Mahler pubblicò solo la seconda e la terza scartando la prima che costituisce l'antefatto con l'uccisione del fratello. Ormai tutte le incisioni discografiche, da Boulez a Rattle a Chailly ripristinano la prima parte e, dico io, giustamente perchè, innanzitutto, contiene bella musica ed inoltre perchè la presenza della prima parte rende più equilibrata tutta la composizione dal punto di vista drammaturgico. Certamente l'esecuzione della prima parte pone un problema di coerenza perchè non si può eseguire la prima parte che è del 1880 accostandola alle altre due che furono revisionate in seguito per la pubblicazione; o si eseguono solo le parti pubblicate da Mahler o tutta l'opera nella versione del 1880. Nell'esecuzione di ieri sera si è scelto di non eseguire la prima parte e secondo me è stato un peccato anche perchè nell'ambito di una rassegna mahleriana che in due anni presenta tutte le sinfonie (tranne l'ottava) e tutti i lieder, si poteva fare lo sforzo di eseguire l'opera completa.
Esecuzione molto buona anche se qua e là poco profonda nel suono, ad esempio nelle parti più negative dove Mahler adotta sonorità simili a quelle che usa Wagner nel Crepuscolo degli dei. Tra i cantanti ha sicuramente spiccato la mezzosoprano Maria José Montiel; coro, come al solito, molto efficace. Bella prestazione orchestrale inclusa la banda esterna ben diretta da Jader Bignamini.
Pubblico abbatanza numeroso. Buoni applausi ma non clamorosi, neanche per la pianista, cosa questa abbastanza strana (ma non troppo).
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