venerdì 2 marzo 2012

Il ritorno di Wayne Marshall

L’ultimo concerto della serie MAGGIOREminore presentava come compositore MAGGIORE Bela Bartok, ovviamente, e come minori Cantelube e Gustav Holst. Ieri sera c’erano tre brani di tre autori diversi, Gustav Holst, John Ireland e Aleksandr Konstantinovich Glazunov. Verrebbe spontanea la domanda: se Holst è un minore, gli altri due cosa sono? Non voglio fare classifiche, per cui mi astengo dall’esprimere un’opinione a proposito.

Di Gustav Holst è stato presentato The perfect fool, un balletto composto nel periodo 1918/1922. Holst è famoso, in Italia, per la sola suite The Planets, musica da cui hanno attinto tutti coloro che scrivono musica per film di fantascienza e similari da John Williams in giù. The perfect fool ha sonorità simili a The Planets e ne condivide anche un tema musicale. Se The Planets viene considerato un capolavoro allora lo è anche The perfect fool, nel suo genere, un brano ben scritto senza pretendere nulla di particolare.

A seguire è stato eseguito il concerto per pianoforte di John Ireland, del 1930. Fu scritto per Helen Parkins, una giovane pianista a cui dava delle lezioni e che aveva suonato il terzo concerto di Prokofiev. Pare che la spinta a scrivere il suo concerto sia venuta ad Ireland proprio dal terzo concerto di Prokofiev di cui sarebbe in un certo senso la risposta britannica, col quale ha infatti alcune similitudini nella struttura. Come risposta a Prokofiev, in verità, mi pare piuttosto smorta. Il concerto invece ha delle movenze e delle sonorità che richiamano un po’ Gershwin e Ravel. Certo, la verve di Ravel è un’altra cosa e Gershwin suona certo molto più autentico e originale. Comunque il concerto di Ireland, che in passato ha avuto una certa notorietà, ma che ora non è davvero molto frequentato, ha una certa freschezza ed è tutto sommato divertente. Niente di che, comunque. L’esecuzione è stata molto buona sia da parte dell’orchestra ben diretta da Wayne Marshall, sia per la parte pianistica, affidata a Piers Lane che ha anche inciso il concerto, assieme all’altro pezzo per pianoforte e orchestra di Ireland, Legend, un tentativo di un secondo concerto, e al concerto di Delius del 1904, gran bel concerto, quello. Comunque l’esecuzione dal vivo di ieri sera era migliore di quella in disco tanto che il concerto sembrava perfino bello.
Bis del pianista il famoso Beethoven's Colonel Bogey di Dudley Moore, un brano che rappresenta l’esperimento più audace di unificare i linguaggi più diversi, dal più aulico al più vile, in un insieme di grande compattezza ed imponenza, dove si colgono ascendenze che rimandano senza ombra di dubbio a Beethoven e Bach. Se si scritturerà un pianista che oltre a suonare canti, un'idea potrebbero essere questi canti, reinterpretati dallo stesso autore.

Per concludere è arrivato Aleksandr Konstantinovich Glazunov con la sua quarta sinfonia del 1893. Glazunov, classe 1865, è un compositore che non amo. Capisco che non poteva avere quell’autenticità dei vari Musorgskij, a cui bastava un oboe per evocare un mondo intero, Rimskij, Borodin, però la sua musica mi sembra sempre così vuota! Come diceva la gentile signora che ha il posto dietro al mio alla fine della sinfonia: Molto rumore per nulla. Non che manchino delle belle idee, ma il tutto va a parare nella scena di genere un po' artefatta, in una rappresentazione non proprio autentica, in un'allegria finale che sembra un po' imposta e non vera, come accade anche a Mahler o Shostakovich ma con ben altro peso e tragicità. Ben altra cosa, giusto per fare un confronto, Kalinnikov, classe 1866, che, ad esempio con la sua prima sinfonia, in quegli stessi anni, scrive un’opera così bella e sincera! (L’esecuzione in Auditorium di questa sinfonia alcuni anni fa è di sicuro uno dei miei ricordi più belli.)
Il concerto comunque è stato un bel concerto per come ha suonato l’orchestra ben diretta da Wayne Marshall. Su Marshall, negli anni, avevo maturato varie perplessità. Se era ottimo quando eseguiva Gershwin e Bernstein, ma ricordo anche un ottimo Goldmark e una prima di Mahler molto convincente (perchè non esegue anche la sinfonia di Hans Rott?), con belle atmosfere, quando affrontava Sibelius, il requiem di Verdi, la IX di Beethoven, per fare un esempio, mi lasciava, a dir poco, piuttosto perplesso. Con questo concerto e con queste musiche, c’è stato un ritorno alla grande di Marshall ai livelli dei tempi migliori la qual cosa mi ha fatto uscire da concerto soddisfatto. Peccato, fino ad un certo punto, che non ci sarò la settimana prossima per il prossimo concerto che, con Bernstein e Gershwin, si annuncia come sicuramente ottimo.
Ieri sera poco pubblico, magari migliorerà nelle prossime serate.

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