venerdì 13 aprile 2012

La sordità di Beethoven

Tra le varie letture di questo periodo ho fatto quella del libro di Guglielmo Bilancioni "La sordità di Beethoven" pubblicato nel 1921 che ho trovato tramite Maremagnum.com. Guglielmo Bilancioni  (Rimini 1881 - Roma 1935) era un otorinolaringoiatra di fama e amante delle belle arti. Egli scrisse questo libro per fare un po' di chiarezza sulla questione della sordità di Beethoven e soprattutto per fare alcune considerazioni sulla funzione dell'udito e sulle sue relazioni con la vita e la creazione musicale.
Quando si dice che Beethoven era sordo si dice una cosa ovvia ma forse non si considerano alcuni fatti.
Beethoven iniziò a sentire i primi sintomi di qualcosa che non funzionava nel suo udito nel 1795, quando aveva 25 anni. Provò vari rimedi con dei medici viennesi ma tutto fu inutile. Alcuni problemi si risolsero, almeno parzialmente, come i perenni problemi intestinali, ma l'udito andò sempre più peggiorando. Egli divenne sordo completamente nel 1815, quindi 20 anni dopo. Quelli furono anni in cui la sua esistenza fu tormentata da fischi, rumori, scrosci nelle orecchie, giorno e notte ma nonostante ciò continuò a comporre. Certamente ne risentì molto il suo carattere. I sordi diventano facilmente sospettosi, temono sempre di essere ingannati, che si parli alle loro spalle e possono maturare una vera e proprio paranoia. Oltretutto, a differenza della cecità che è sempre stata venerata e rispettata, della sordità si ride: il sordo, figuriamoci poi con gli apparecchi acustici di allora, diventa oggetto di derisione. La sordità per Beethoven costituì anche un danno per la sua carriera di pianista e di direttore d'orchestra, carriere che dovette interrompere ben prima del 1815, quando era completamente sordo. Non ci si deve quindi stupire se Beethoven aveva sviluppato un cattivo carattere con scoppi d'ira clamorosi ed era diventato un po' misantropo. Continuò però sempre a comporre e quando divenne sordo del tutto, la sua mente, nel silenzio che lo circondava, continuò ad elaborare pensiero musicale, armonia, timbri e combinazioni strumentali. Se si paragona il fare musica con il dipingere si capisce che un pittore viene influenzato da ciò che vede ma il quadro che dipinge non è la semplice copiatura di ciò che ha visto ma è una sua rielaborazione che avviene all'interno della sua mente e che a questo punto esula da altre influenze esterne; certamente, però, se diventa cieco non potrà più dipingere. Una persona che nasce sorda non può sapere cosa sia l'esperienza del suono ma se diventa sorda e ha una mente che è assolutamente intonata dal punto di vista armonico ed ha un orecchio interno che gli fa comunque sentire ciò che legge o che scrive nell'invenzione musicale, allora un sordo non potrà più suonare ma potrà ancora comporre.
Bisogna quindi ammirare sommamente Beethoven e la sua mente prodigiosa che con una volontà assoluta dal silenzio della sua sordità ha saputo estrarre quelle musiche che fanno l'effetto di apparizioni. Come non pensare a ciò quando si ascoltano l'inizio della IX sinfonia o gli ultimi quartetti o le ultime sonate per pianoforte o la Missa Solemnis.

2 commenti:

  1. Pensavo che il fatto che i sordi siano sospettosi...non sia proprio una paranoia perchè
    io ho in famiglia persone che non sentono,e ho amici che non sentono, quindi ho imparato a comunicare con la gestualità...
    Quando ero a MILANO, spesso prendevo la metropolitana,e mi capitava di incontrare persone sorde con le quali comunicavo ovviamente
    con la mimica,non ti vi dico i commenti dei normoudenti !
    Quando però salivano conoscenti udenti con i quali parlavo normalmente, chi mi aveva apostrofato con parole irripetibili, impallidiva !
    Quindi, sarà anche paranoia il sentirsi presi di mira...ma ho constatato di persona quanto la gente comune, sia sensibile!

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  2. Certamente esistono sensibilità molto grandi. Beethoven, però, era un uomo pubblico e famoso e non la prese molto bene, anzi, da diverse sue lettere si capisce quanto fosse disperato; in una lettera si capisce che forse nella sua mente era passata anche l'dea del suicidio ma poi pensò che doveva restare su questo mondo perchè doveva portare a compimento quanto doveva a fare. Era molto consapevole della sua grandezza.

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