mercoledì 18 aprile 2012

Mai sentita una Kreutzer così!


Ieri sera al Conservatorio per la stagione della Società del Quartetto si è tenuto il terzo e ultimo concerto dedicato alle sonate per violino e pianoforte di Beethoven nell’esecuzione del violinista Leonidas Kavakos da Atene e di Enrico Pace da Rimini, entrambi classe 1967.
Ai precedenti due appuntamenti di dicembre e di febbraio purtroppo non ero potuto andare per altri impegni, ed anche ieri sera stavo per rinunciare a causa di un invito per una pizza tra amici e amiche ma dal momento che alla cena c’era anche mia moglie, io mi sono graziosamente eclissato con la cortese comprensione degli amici ed ho fatto bene perché il concerto è stato straordinario e col senno del poi mi sono pentito di non essere andato ai precedenti due appuntamenti.
Il programma comprendeva la sonata n. 1 (op. 12 n. 1), la sonata n. 8 (op. 30 n. 3) e la sonata n. 9 op. 47 “a Kreutzer”. Beethoven compose 10 sonate per violino e pianoforte. Le prime 9, dall’opera 12 all’opera 47 sono racchiuse in un periodo piuttosto ristretto, dal 1797 al 1803 mentre la decima, opera 96, è del 1812. Tralasciando la decima sonata, che è un caso a parte, con le prime nove Beethoven traccia un percorso che parte da modelli mozartiani, ma con aspetti originali già del tutto beethoveniani, per arrivare a qualcosa di totalmente diverso con la sonata “a Kreutzer”.  Innanzitutto già nel frontespizio mentre le sonate fino all’ottava sono sonate per pianoforte con violino, la nona è una sonata per pianoforte e violino, cioè i due strumenti hanno un’importanza assolutamente paritetica. La sonata “a Kreutzer” ha inoltre un titolo molto significativo, nel buffo italiano di Beethoven: “Sonata per il Pianoforte ed un Violino obligato, scritta in uno stilo molto concertante, quasi come d’un concerto.”. La sonata è dedicata a un grande virtuoso di quel tempo, Rudolf Kreutzer, ma fu scritta in realtà per un altro violinista, Georg August Bridgetower, un mulatto figlio di un africano e di madre tedesca, o polacca. Pare che Beethoven fosse molto colpito dal modo focoso e un po’ stravagante di suonare il violino da parte di Bridgetower che suonò l’opera nella prima esecuzione nel maggio 1803 con Beethoven al pianoforte la cui parte praticamente non era scritta. La sonata fu però dedicata al violinista Rudolf Kreutzer, secondo Bridgetower, per uno screzio che era sorto tra loro a causa di una ragazza. L’aspetto più significativo di questa sonata, che è evidente già dal titolo, è lo stile concertante. Infatti questa sonata non assomiglia a nessuna delle sonate che erano state scritte prima e resta comunque, anche considerando ciò che è venuto dopo, un esito clamoroso. Il primo movimento è una musica drammatica che ha una forza incredibile e che si impone al’attenzione di chi ascolta. A questo primo tempo così coinvolgente segue un secondo tempo più rilassante, un tema con variazioni che precede la travolgente tarantella del finale. Non si può ascoltare questa musica facendo altre cose nel frattempo; ti devi fermare perchè lei ti prende per il bavero e ti obbliga a stare lì e ad ascoltare. Ieri sera, grazie anche alla splendida esecuzione, questa sonata si è presentata al pubblico con tutta la sua eloquenza e si è creata una sinergia tra pubblico ed esecutori, tramite la musica, che era palpabile. Beethoven mi si è presentato davanti con tutta la sua forza e convinzione tanto che mi pareva d’averlo davanti di persona. Alla fine della Kreutzer un solo pensiero mi passava per la testa: “Mai sentita una Kreutzer così! Se si aggiunge che anche l’esecuzione delle altre due sonate è stata magnifica si capisce quanto sia stato bello questo concerto.
Leonidas Kavakos ha vinto il Paganini nel 1988, a 21 anni. È un violinista magnifico; bel suono sempre in ogni registro, passaggi fulminei e perfetti dal forte a piano, passaggi su doppie corde in regioni molto acute, note acutissime prese di slancio e sempre con bel suono. Un grandissimo violinista davvero che ha inoltre un modo di muoversi per assecondare l’emissione del suono molto naturale e bello anche a vedersi. Ciò che ne è venuto fuori è stata un’esecuzione impeccabile dal punto di vista stilistico, in senso classico, ma tutto ciò non è mai andato a detrimento dell’espressione e dell’intensità. Insomma mi è parsa che sia stata un’esecuzione beethoveniana che ha reso pienamente giustizia a Beethoven, al suo stile e alla sua grandezza espressiva. In questo Kavakos è stato splendidamente coadiuvato dal pianista Enrico Pace con il quale ha stabilito un’intesa magnifica che si sentiva e si notava in modo molto evidente ovunque, sia nei passaggi più concitati sia in quelli più delicati dove l’integrazione tra il suono del violino e del pianoforte è da ricercasi con la più grande sensibilità. Magnifico anche il bis con il secondo movimento della sonata n. 6 in la maggiore, op. 3 n. 1 per la quale era stato originariamente scritto il finale che poi sarebbe diventato il finale della sonata “a Kreutzer”.
Molto pubblico. Grandissimi applausi per gli esecutori e per Beethoven che è sempre con noi.

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