mercoledì 4 aprile 2012

Il Trio di Parma e Dvorak

Ieri sera in Conservatorio il Trio di Parma ha suonato nel primo dei concerti deditati ai trii di Dvorak. Nel concerto di ieri sera hanno suonato il primo trio in si bemolle maggiore op. 21 e il quarto trio "Dumky" in mi minore op. 90.
Il primo trio è stato scritto da Dvorak nel 1874 quando aveva 33 anni. Era un'epoca quella in cui Dvorak, che proveniva da studi un po' disordinati, era alla ricerca di uno stile personale. Aveva la fortuna di godere della protezione di Brahms che ne aveva intuito il talento pur nel disordine compositivo che caratterizzava certi suoi pezzi giovanili. In questo primo trio si vede come Dvorak guardi verso Vienna e la grande tradizione classica (del resto i rapporti tra Vienna e Praga erano sempre stati molto stretti, fin dai tempi di Mozart che proprio a Praga avrà i suoi maggiori successi) calando però in questa forma un materiale fresco, con inflessioni popolari. Molto belli i primi tre movimenti, soprattutto il secondo e il terzo, mentre il finale mi sembra un po' meno felice nell'ispirazione.
Il discorso cambia completamente con il trio "Dumky" del 1890/91, scritto quindi poco prima di partire per gli Stati Uniti. La dumka è caratterizzata da una sezione languida e malinconica con una tendenza irrefrenabile verso l'agitazione e la danza. Il trio è una sequenza di 6 dumka, quindi il trio non ha alcuna struttura riconducibile alla classicità. Anche dal punto di vista armonico il trio ha una struttura pittosto libero tanto che iniziato con un primo tempo dove si alternano il mi minore al mi maggiore, termina con il sesto pezzo che ruota attorno al do minore e al do maggiore che conclude il pezzo. Ogni brano alterna momenti languidi e malinconici a momenti di frenesia e di danza con continui passaggi dal minore al maggiore e viceversa. L'andamento è in genere elegiaco e rapsodico con momenti di grande bellezza e suggestione come nel secondo brano (Poco Adagio - Vivace) o nel quarto (Andante moderato - Quasi tempo di marcia - Allegretto scherzando) dove mi sembrano evidenti alcuni influssi schubertiani.
Bellissime esecuzioni del Trio di Parma che avevo già ascoltato lo scorso ottobre in Messiaen nell'ambito di Milano Musica. Bis beethoveniano con lo scherzo del trio "Arciduca", capolavoro supremo del genere.
Pubblico folto ma non troppo però con molti giovani. Grande successo.

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