Qualche
giorno fa ho terminato il libro di Joša Karas, La musica a Terezín, 1941-1945.
Se
non si sapesse che Terezín era un campo di concentramento si leggerebbe con
grande piacere e profitto il resoconto dei ricchi programmi musicali, dalla
musica classica al jazz alla musica leggera, delle prove che coinvolgevano
centinaia di persone, di spettacoli teatrali, concerti, cabaret che tutte le
sere si volgevano in vari luoghi e nel “caffè” di Terezín.
Tutto
ciò sarebbe bellissimo se non fosse per il piccolo particolare che Terezín era
un campo di concentramento.
La storia di Terezín inizia nel 1780
quando l’imperatore Giuseppe II, figlio di Maria Teresa, sente la necessità di
proteggere con una fortezza i suoi territori da una possibile espansione
proveniente da nord. Così fondò, a breve distanza da Praga, Theresienstadt,
Terezín in lingua ceca. La fortezza non svolse mai la funzione per cui era nata,
in compenso fu utilizzata come carcere di massima sicurezza e durante
l’occupazione nazista divenne un campo di concentramento. Fu un campo di
concentramento un po’ particolare perché in esso affluirono persone di un certo
riguardo: ex combattenti ebrei della grande guerra, professionisti, scrittori,
musicisti, attori, ecc. Si decise, con l’Obergruppenführer delle SS Reinhard Heydrich,
detto “il boia di Praga”, che l’amministrazione del ghetto sarebbe stata
condotta dagli ebrei medesimi, rendendone conto alle SS. Poiché si sapeva
dell’esistenza di lager come Buchenwald, Auschwitz, Dachau, chi amministrava
Terezín pensava realmente che Terezín avrebbe consentito di tenere in Boemia
gli ebrei cecoslovacchi salvandoli dalla morte. In realtà le cose erano state
progettate dalle SS per andare ben diversamente come si vide subito con
l’ordine di mandare ad Auschwitz mille detenuti, scelti dall’amministrazione
ebraica. Fu così che da Terezín passarono circa 140.000 persone e di questi ne
sopravvissero circa 20.000 mentre circa 34.000 morirono a Terezín e circa
86.000 furono mandati ad Auschwitz per morire nelle camere a gas o in altro
modo; come dato ulteriore, terribile, i bambini sotto i 15 anni furono circa
15.000 di cui solo 1.000 sopravvissero.
Però
a Terezín si faceva musica per mezzo di musicisti e compositori di grande
talento, pur con tutte le difficoltà del caso che andavano dalla mancanza di
carta da musica alla mancanza degli strumenti musicali cosa però che non impedì
di eseguire perfino il Requiem di Verdi, con un solo pianoforte di
accompagnamento.
Hans
Krasa
era un compositore famoso, direttore del coro del Teatro Tedesco di Praga che
era diretto da AlexanderZemlinsky (genero di Arnold Schoenberg)
poi direttore dell’Opera di Stato di Berlino, autore dallo stile ironico con
inflessioni di jazz che veniva messo a fianco di autori come Bartòk o Webern,
le sue opere erano dirette da direttori famosi, ad esempio George Szell.
Ebbe un successo enorme con l’opera per bambini Brundibar composta prima della
guerra, nel 1938. Quando Krasa andò a Terezín si organizzò la rappresentazione
di Brundibar;
Krasa revisionò l’orchestrazione per i 13 strumenti che erano a disposizione,
flauto, clarinetto, tromba, chitarra, fisarmonica, pianoforte, percussioni,
quattro violini, violoncello e contrabbasso. La prima ebbe luogo il 23
settembre 1943. Le rappresentazioni, una cinquantina, andarono avanti fino alla
fine settembre 1944, con alcuni cambi nel cast dei bambini quando qualcuno
veniva mandato ad Auschwitz. Lo spettacolo venne anche dato a favore della
Croce Rossa in visita nel 1944 al campo (poiché il campo era troppo affollato
si presero provvedimenti immediati spedendo circa 5.000 persone ad Auschwitz
prima che la Croce Rossa arrivasse), per dimostrare quanto fossero buone le
condizioni di detenzione nel campo e fu anche fatto un film, "Il Führer dona una città agli ebrei", ad uso della
propaganda perchè una delle funzioni di Terezín era quella di dimostrare che i
campi di concentramento erano posti dove la gente viveva bene. Quando la Croce
Rossa se ne andò la funzione di Krasa, dei bambini e di Kurt Gerron, attore e
regista cinematografico che aveva avuto un ruolo di primo piano nel film Angelo
azzurro con Marlene Dietrich e che i nazisti avevano nominato
supervisore nella produzione del film, era terminata e furono tutti spediti ad
Auschwitz. Quando Kurt Gerron, che per la sua collaborazione con i nazisti
credeva di essersi conquistato un po’ di favore, si accorse di essere nella
lista delle persone che dovevano partire, protestò con il capo del campo, Rahm,
che però fu irremovibile, anzi lo salutò euforico con un “Ci vediamo presto!”.
Un
altro personaggio importante fu il compositore Viktor Ullmann
che fortunatamente scrisse ampi resoconti dei concerti che si tenevano a Terezín
senza i quali non ne sapremmo quasi nulla.
Forse
l’artista più famoso a Terezín fu il grande direttore d’orchestra Karel Ancerl (era nato il giorno
11 aprile 1908, sei giorni dopo Karajan, ma che destino diverso ebbe a
differenza di Karajan, il protetto di Goering!) che, quando ebbe a disposizione
un numero sufficiente di archi, fondò un’orchestra d’archi con 16 violini
primi, 12 violini secondi, 8 viole, 6 violoncelli ed un contrabbasso che era
suonato da una bionda molto affascinante (lo si può vedere in uno spezzone del film di propaganda "Il Führer dona una città agli ebrei" mentre dirige lo Studio per archi di Pavel Haas). Anche Ancerl finì ad Auschwitz,
ma, probabilmente per il suo aspetto abbastanza florido dal momento che
lavorava in cucina, si salvò a differenza di sua moglie Valerie e di suo figlio Jan di un anno che
morirono nella camera a gas.
Quando
si arrivava ad Auschwitz Mengele
faceva la divisione delle persone, termine questo improprio perché per i
nazisti gli ebrei non erano persone, erano un’anomalia. Se si veniva
indirizzati a destra si era salvi, per modo di dire, a sinistra si finiva
direttamente nella camera a gas. Si poteva finire di qua o di là per puro caso.
Così il pianista Bernard Kaff, amico di Ancerl, si sporse da dietro Ancerl che
lo nascondeva per vedere cosa succedeva; Mengele lo vide in faccia e vide
soprattutto gli occhiali spessi e questa fu la sua condanna. Il grande
clarinettista e sassofonista Friedrich
(Fritz) Weiss, che suonava nel complesso Ghetto
Swingers i cui membri presero la strada per Auschwitz il 28 settembre
1944, aveva gli occhiali ed era rosso di capelli e per lui non ci fu scampo
mentre il chitarrista jazz Coco
Schumann si salvò dicendo di essere idraulico mentre il cantante
Frantisek Weissenstein alla domanda sulla sua professione rispose sinceramente
e questo gli costò la vita al che la persona che lo seguiva, Karel Berman, un
cantante basso, alla stessa domanda rispose che era operaio e si salvò.
In
tutta questa storia orribile c’è una data simbolo, il 16 ottobre 1944, un
lunedì. In quel giorno furono caricati sul treno verso Auschwitz quasi tutti i
musicisti del campo: i musicisti dell’orchestra d’archi diretta da Karel Ancerl
e Karel Ancerl stesso, con moglie e figlio, Viktor Ullmann, Hans Krasa, il
violinista Egon
Ledec, il pianista Bernard Kaff, il compositore Haas Pavel, per
citare solo i più importanti. Morirono tutti, tranne Karel Ancerl, il giorno
dopo nelle camere a gas. Così il 17 ottobre 1944 può essere veramente
considerata una data epocale in cui scomparve un’intera generazione di
musicisti, attori, registi ed artisti in genere. Oltre ad essi morirono anche
tutti coloro che avevano partecipato al film di propaganda "Il Führer dona una città agli ebrei", circa 18.500
persone compresi il regista, i bambini e gli “attori”. Chi non morì ad
Auschwitz morì di tifo, di stenti o nelle marce della morte come il direttore
d’orchestra e pianista Rafael Schächter, ma fortunatamente alcuni si salvarono.
Non
è possibile fare un resoconto di tutto perché sono troppe le cose che si
dovrebbero dire.
Per
finire vorrei solo dire un paio di cose.
La
prima è relativa all’importanza della musica nei campi, non solo a Terezín: si
andava verso le camere a gas mentre magari un coro cantava l’inno alla gioia di
Beethoven e questo connubio tra arte e orrore, un orrore difficilmente
comprensibile in tutta la sua portata non avendolo vissuto, è molto
inquietante. Come è possibile che quei tedeschi, quei nazisti, che molto spesso
erano loro stessi grandi amanti di musica (Eichmann e Heydrich
“il boia” erano violinisti ma in genere si sa che i tedeschi amano la musica e
l'arte; chi non ricorda almeno un film in cui ufficiale tedesco si commuove per
un Lindenbaum schubertiano o una sonata di Beethoven) potessero fare un uso
così depravato della musica se non, forse, come esito di una filosofia che
impediva loro di distinguere il bene dal male e privava ciò che è bello di un
significato anche morale per relegarlo al solo piacere. I nazisti assistevano a
quegli spettacoli applaudendo persone che erano già morte, commuovendosi per il
violino o il canto di artisti o di bambini che sarebbero stati uccisi di lì a
pochi giorni e per i quali avevano magari già firmato il foglio di partenza.
Un’altra
questione è quella relativa ad una possibile connivenza con i nazisti,
all’esistenza di una “zona grigia” sfumata tra perseguitati ed aguzzini,
all’esistenza di un’area di compromesso e di collaborazione che raggiungeva
livelli aberranti quando i nazisti facevano, ad esempio, scegliere agli stessi
ebrei quelli che dovevano essere messi nei forni. Questa però è una questione
molto delicata sulla quale sono stati scritti molti libri e sono sorte molte
polemiche.
Infine
bisogna riconoscere che a Terezín si realizzò un’esplosione di creatività (in verità non solo a Terezín perché non si può dimenticare, ad esempio, Olivier Messiaen che nello Stalag VIII A nelle vicinanze di Görnitz scrisse ed eseguì davanti ad un pubblico di prigionieri uno dei più grandi capolavori del '900, il Quatuors pour la fin du temps per violino, violoncello, clarinetto e pianoforte dove il pianoforte e il clarinetto non suonano mai alcune note perchè mancavano le relative corde e chiavette) dove
la musica poteva essere la colonna sonora dell’orrore ma era anche un metodo
per educare i bambini, era un veicolo per rievocare un passato nostalgico e
sperare in un futuro migliore, era una compagna che permetteva di superare i
momenti più duri di quelle vite, era un mezzo per restare persone
dignitose.
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