venerdì 17 febbraio 2012

Mozart Requiem


Prendere in considerazione il Requiem di Mozart porta ovviamente ad occuparsi di come il lavoro è nato, di come non è stato completato e della morte di Mozart. Il compito non è facile perché su tutta la vicenda si sono scritti interi libri leggendo i quali tutto potrebbe sembrare molto chiaro, ma esistono anche alcune fonti che mettono molti dubbi sulla vicenda "ohne Ende", senza fine, come scrisse uno studioso, una vicenda che probabilmente non avrà mai una soluzione definitiva. Non voglio certo mettermi a fare una disamina della questione, non ne ho la scienza nè da musicologo nè da critico, ma, in versioni che nascono nell’ottocento e sono più o meno romanzate, si dice che Mozart riceve una commissione per un requiem da uno “sconosciuto”, che la cosa lo impressiona profondamente, quasi quel personaggio fosse un emissario dell’altro mondo che gli annunciava la sua prossima dipartita, che lavora angosciato all’opera finale della sua vita ma viene continuamente interrotto da altri lavori, la Clemenza di Tito, il Flauto magico, il concerto per clarinetto e così non riesce a terminare il requiem, opus summum viri summi, nonostante ci lavori fino agli ultimi minuti della sua vita. Tutto ciò deriva, più o meno, da quanto ha raccontato la vedova che sopravvisse a suo marito 50 anni.
Premesso che tutta la materia è molto controversa perché molti documenti sono stati distrutti o alterati, sempre dalla vedova, o si sono presi per buoni documenti falsi, come una lettera, l’unica, di Mozart in cui parla del requiem come del suo canto funebre, esistono però alcuni fatti che forse possono dare un’altra interpretazione della vicenda.
Innanzitutto si sa che il committente non era tanto sconosciuto e che si trattava del conte Walsegg, un personaggio che si appropriava di musiche altrui che eseguiva a casa sua spacciandole per sue, con la complicità silenziosa della sua cerchia che ammiccava. Nel febbraio 1791 gli muore la moglie; nel luglio, con l’intermediazione di un certo Puchberg, giunge a Mozart la commissione di un requiem per la moglie defunta e fin qui niente di male ma la clausola è che non si dovrà mai sapere che il requiem è di Mozart, cioè il conte se ne appropria; con la morte di Mozart poi la cosa verrà praticamente scoperta anche perchè Constanza, che non sapeva del patto segreto sulla paternità dell'opera, organizza un'esecuzione del Requiem come opera del marito defunto nel gennaio 1793.
È molto probabile che Mozart, che teneva moltissimo al proprio “onore” di compositore non vedesse affatto di buon occhio il fatto che dovesse comporre un’opera perdendone poi la paternità; è verosimile che non ci lavorasse con molta voglia. Invece per lui era molto più importante l’appuntamento del 6 settembre 1791, a Praga, con l’incoronazione di Leopoldo II di cui sperava di ottenere i favori, occasione in cui fu eseguita la Clemenza di Tito, altro che il conte Walsegg.
E poi perché, dopo aver concluso il Flauto magico, alla fine di settembre, baloccarsi ancora con la composizione di un concerto per clarinetto se l’urgenza del requiem era così grande, con il committente “sconosciuto” che veniva periodicamente a verificare l’avanzamento dei lavori e il presagio della vicina morte così ossessionante, alla fin fine completare il requiem sarebbe stato un compito che un Mozart in normale attività avrebbe sbrigato in un paio di settimane.
Comunque il requiem restò un frammento come tanti altri lavori, infilato in un mucchio di musica ammassata in una stanza.
Mozart scrisse in modo completo solo l’Introitus e il Kyrie, ma c'è chi afferma che non scrisse nemmeno quello. Della sequenza del Dies Irae scrisse tutto, ma senza un’orchestrazione completa, fino al Lacrimosa che lasciò dopo 8 battute, il Domine Jesu e l’Hostias.
Dapprima Constanze affidò a un suo allievo, Eybler, il manoscritto che orchestrò fino al Lacrimosa, che non completò; poi Süssmayr, un altro allievo, completò il tutto non solo orchestrando le parti non orchestrate ma completando il Lacrimosa e scrivendo il Sanctus, il Benedictus, l’Agnus Dei che mancavano del tutto, e completando l’opera riprendendo, per la fuga finale, la fuga iniziale del Kyrie.
Detto questo, e venendo al concerto, l’esecuzione del Requiem è stata molto buona nell’orchestra e nel coro, veramente strepitoso e ottimamente preparato. Personalmente sui cantanti avrei qualche perplessità, soprattutto sul soprano, Theodora Gheorghiu, e sul tenore, Jesus Leon, quest'ultimo per il timbro. I tempi tenuti da Axelrod erano, talvolta, per mio gusto, un po’ troppo veloci, ad esempio del Dominue Jesu tanto che poi gli interventi dei cantanti sul “sed signifer sanctus Michael” mi sono parsi un po’ affannati, poco distesi e difficoltosi. Però si deve vedere come si intende il requiem di Mozart: se lo si interpreta come l'ultima parola estrema di Mozart prima di morire allora ne verrà probabilmente un'esecuzione sostenuta, anche solenne, se invece lo si considera una composizione lasciata a metà da Mozart che non la componeva neanche con grande piacere perchè non gli piaceva quella commissione e comunque aveva altri progetti per la testa cancellati poi dalla morte improvvisa, allora si tenderà a finalizzare meno l'esecuzione e a non caricarla di chissà quali significati. Ascoltando questa esecuzione non so bene come l'abbia interpretato Axelrod.
In precedenza era stato eseguito il delizioso concerto per corno KV 447, ottimamente eseguito da Radovan Vlatkovic e dall’orchestra, con un bel suono chiaro e limpido.
Il primo brano in programma era Afterthought (about a shakespearian tragedy) di Giorgio Battistelli. Il brano nasce nel 2005 da un’opera precedente, Riccardo III, di cui però non è propriamente una suite. Il brano corre via bene con sonorità che, incidentalmente, si potrebbero di volta in volta ricondurre allo Stravinskij della Sagra della primavera, al Bartok del Mandarino meraviglioso in alcuni interventi dei fiati o al Berg della Lulu in certi passaggi degli archi, in un’alternanza di momenti di grande spessore fonico e forza ad altri sospesi e tenui. Comunque belle atmosfere che, in certi momenti, in modo evidente, ricordano delle scene teatrali contrastanti. Grande prestazione dell’orchestra al gran completo.
Tutti gli anni ad un certo punto arriva un concerto che mi piacerebbe riascoltare. Questo concerto lo riascolterei, domenica se trovassi un posto, perché quello che mi ha convinto poco sono stati i cantanti e vorrei risentirli. Però mi rendo conto che ogni concerto è una storia a sé. Ad esempio qualche anno fa fu eseguita la X sinfonia di Shostakovich diretta da Vladimir Fedoseyev. Nella perorazione finale, nell’entrata dei tromboni avvertii un’incertezza, un’inezia certamente ma avvertibile. Ebbi la certezza della mia impressione quando vidi il primo trombone fare un gesto un po’ irato nei confronti dei suoi colleghi. Allora andai a risentire il concerto domenica. L’entrata dei tromboni fu perfetta ma in compenso ci furono altre cose che mi lasciarono perplesso tanto che alla fine conclusi che la prima esecuzione era stata migliore della seconda, per cui non riandrò, anche perchè non ci sarà posto.
Teatro praticamente tutto esaurito, molti applausi, se si considera il pezzo, per Battistelli e tantissimi per il concerto per corno; molti anche per il reguiem ma, secondo me, non tanti quanti ce ne sarebbero stati se ci fosse stato un vero entusiasmo.

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