I concerti della domenica mattina denominati MAGGIOREminore danno la possibilità al pubblico di ascoltare e all’orchestra di suonare musiche che ben difficilmente trovano spazio nella stagione sinfonica.
Il concerto di stamattina era incentrato sul tema della danza e dell’utilizzo, in vario modo, del patrimonio musicale tradizionale, del folklore, nella musica.
Il MAGGIORE era il grandissimo Béla Bartòk con la sua Suite di danze del 1923. Questo pezzo, assieme al Mandarino meraviglioso è stata la prima musica di Bartòk che ebbi la possibilità di ascoltare, grazie all’iniziativa editoriale della fine anni ’60 dei Fratelli Fabbri dedicata alla musica moderna, opera assolutamente meritoria dove un disco veniva accompagnato da un fascicolo esplicativo sull’autore e sulla musica. Eppure, prima di questa mattina, di sicuro per colpa mia, non avevo mai ascoltato dal vivo questo brano meraviglioso organizzato come una sequenza di danze intervallate da un poetico interludio annunciato dall’arpa e suonato dai violi; il finale riassume e riepiloga tutte le danze ascoltate in precedenza e porta il brano ad una conclusione perentoria ed esultante.
I due autori “minori” erano Gustav Holst e Joseph Canteloube.
Holst, almeno da noi, è universalmente noto per una sola composizione, The Planets, da cui, da John Williams, in giù molti musicisti hanno attinto non appena si deve scrivere una musica collegata con guerra o fantascienza. Di Holst è stata eseguita la St Paul’s suite per archi del 1913, in quattro movimenti, basati su danze della tradizione britannica cominciando da una robusta giga al finale in cui due si intrecciano due canzoni, di cui una è la famosissima Greensleeves.
Joseph Canteloube visse nella regione dell’Auvergne per moltissimi anni e qui registrò i canti dei pastori e della gente di montagna che risiedevano in quella regione. Da qui nacque il progetto dei Chants d’Auvergne, in lingua occitana, di cui sono stati eseguiti La pastoura als camps (La pastorella dei campi), il bellissimo Bailèro dove si svolge un dialogo tra due pastori separati da un fiume e tre Bourrées intervallate da due soli dell'oboe e del clarinetto (suonati benissimo, per inciso, da Emiliano Greci e Raffaella Ciapponi, rispettivamente), brani tutti molto belli, in particolare il secondo e la sequenza delle bourrées, che hanno visto l’intervento del mezzosoprano coreano Kim Joon Min e che hanno visto la partecipazione attiva anche di moglie che ondeggiava il capo vista la sua antica dimestichezza con le danze occitane.
Dietro di me c’erano due signore. Una prima del concerto diceva all’altra: “Bello questo auditorium, mi hanno detto che ha anche una buona acustica”. Mi chiedo: ma dopo più di 12 anni, quanti milanesi ci sono ancora che non hanno mai messo piede in Auditorium, pur essendo persone che seguono gli eventi musicali cittadini? Alla fine comunque erano molto soddisfatte, così spero che tornino.
Buon pubblico e successo per un’iniziativa, quella dei concerti della domenica mattina, che permette di allargare le orecchie e di iniziare la domenica in un modo più piacevole ed intelligente del solito.
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