Questa mattina abbiamo avuto il penultimo concerto della serie dedicato a Nino Rota.
Come al solito è stato piuttosto interessante e stupisce sempre la qualità delle musiche di Nino Rota, un autore relegato per troppo tempo nel ruolo solo di grande autore di musiche per film e poco altro.
All'inizio si è ascoltata la Sonata per orchestra da camera del 1937/39, un brano scritto nella scia di autori quali Malipiero e Casella che in quegli anni recuperavano nelle loro musiche la musica antica italiana, in particolare il rinascimento. Si deve ricordare che Malipiero curava allora l'edizione delle opere di Monteverdi. Il brano di Rota ha una grande piacevolezza melodica ed in particolare ha un secondo tempo molto poetico con una bellissima melodia che iniziata al flauto prosegue al clarinetto per poi diramarsi al violoncello, alla viola e ai due violini con l'accompagnamento dell'arpa. Veramente molto bello.
Il secondo brano era il concerto per corno e orchestra di Mozart KV 412. Mozart scrisse 4 concerti per corno di cui tre completi in tre movimenti, mentre questo, che è il primo, è incompleto in quanto Mozart scrisse il primo movimento e abbozzò un altro movimento, un rondò, che fu completato dopo la morte di Mozart, da Sussmayr, un suo allievo che completò anche il Requiem. Nel 1958 Nino Rota, sentito questo concerto suonato da un allievo del conservatorio di Bari di cui era direttore, Sebastiano Panebianco, pensò di scrivere il tempo lento che mancava. Quanti direttori del conservatorio avrebbero fatto una cosa simile? Rota la fece e scrisse un tempo che potrebbe sembrare veramente Mozart a parte un paio di passaggi armonici che Mozart non avrebbe mai scritto così, ma comunque, secondo me, l'orchestrazione di Rota, non tanto il materiale musicale, ha delle caratteristiche difficilmente confondibili con quelle delle orchestrazioni mozartiane; infatti quando è arrivato il rondò finale, è stato come un ritorno a casa. Interessante comunque. Il concerto è stato ben eseguito da uno dei due primi corni dell'orchestra, Sandro Ceccarelli.
A seguire, sempre da Mozart, è stata eseguita la Fantasia sopra 12 note del Don Giovanni. Le 12 note sono quelle che la statua del Commendatore canta nella scena finale del Don Giovanni sulle parole "non si pasce di cibo mortale chi si pasce di cibo celeste". Il compositore Darius Milhaud si accorse che in quella scena, in poche battute, Mozart scrive una linea melodica che utilizza tutte le 12 note. Questa non è musica dodecafonica in anticipo di 140 anni, infatti varie note ritornano prima che tutte le note siano state suonate, ma è il modo con cui Mozart vuole rappresentare la mostruosità, la stranezza di questo personaggio venuto dall'oltretomba per portarsi via quel Don Giovanni di cui tutti avevano piene le scatole ma che nessuno riusciva a eliminare o almeno neutralizzare (che bello se ci fossero veramente questi deus ex machina che ci tolgono dai piedi degli importuni che ci ammorbano la vita!). Rota prese queste 12 note e scrive un pezzo per pianoforte e orchestra che inizia come uno di quei pezzi di musica moderna che andavano tanto di moda negli anni '60, di quelli divisionisti con la melodia divisa su strumenti ognuno dei quali suona una nota, e ti viene da dire: "Toh, guarda, Nino Rota si è allineato agli stilemi della musica moderna che si scriveva in quel tempo e ci propina un brano che aderisce all'estetica del serialismo integrale!". Invece, dopo ben poco la musica prende una piega tutta diversa, più discorsiva, con il pianoforte che ora dialoga ora si imbizzarrisce con l'orchestra. Verso la fine, poi, il pianoforte trova una bella melodia semplice semplice con la mano sinistra che fa un basso albertino tradizionalissimo che potrebbe essere mozartiana ma invece è rotiana al 100% e il brano termina con uno sfumato in cui questo tema al pianoforte che si sovrappone alle 12 note mozartiane in pianissimo, in un'atmosfera di indeterminatezza. Un brano molto interessante.
Al pianoforte c'era Simone Pedroni che poi come bis ha eseguito una versione pianistica della marcetta della scena finale del film 8 1/2 di Fellini, quella del girotondo finale; grande musica per una delle scene più belle e poetiche del cinema intero, dove Rota coglie sia l'aspetto della sfilata e del girotondo nella marcia sia l'aspetto più introspettivo e lo smarrimento del protagonista.
Infine è stata la volta della suite delle musiche per il film Romeo e Giulietta di Zeffirelli del 1967 che contengono una delle melodie più famose di Nino Rota, un evergreen che ha avuto innumerevoli versioni.
Come al solito ha ben diretto il maestro Grazioli a cui ora manca l'ultima fatica del 5 giugno quando sarà la volta, tra l'altro, delle musiche per Il Padrino.
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