La Verdi Barocca ieri sera ha concluso la sua stagione con l'esecuzione della messa BWV 232 di J.S. Bach, quella che comunemente viene detta Messa in si minore, anche se in realtà la tonalità che predomina è il re maggiore.
E' inutile dire quanto sia grande quest'opera che intimorisce interpreti ed ascoltatori, un'opera che Bach non scrisse in modo unitario ma che risulta un assemblaggio di varie parti:
la Missa, ovvero Kyrie e Gloria scritti nel 1733
il Symbulum Nycenum (Credo) scritto tra il 1447 e il 1749
il Sanctus del 1724
il resto, Osanna, Benedictus e Agnus Dei, sempre nel 1747 al 1749
quindi nel periodo estremo della sua vita, che si concluderà il 28 luglio 1750, alle otto e tre quarti di sera.
Grandi solisti con la soprano Roberta Invernizzi, la contralto Sonia Prina (un Agnus Dei da brividi cantato da un "Vero" contralto con una voce che conosce sfumature infinite) e il tenore Makoto Sakurada in grande rilievo.
Strepitoso il coro, come al solito, che nella messa è di sicuro la componente più impegnata e brava, anche qui, come al solito, l'orchestra con una coppia di oboi e di flauti veramente bravi, il primo violoncello, Marcello Scandelli, che su ogni nota ci mette un'intensità pazzesca come se la spremesse dal suo strumento, e il primo violino Gianfranco Ricci, che suona anche nell'orchestra grande, e magari sarà lì già stasera a suonare Menotti, che così fortemente ha voluto questa formazione barocca.
Al termine del secondo anno si può ben dire che questa Verdi barocca sia un grande successo; il pubblico è numeroso ed è in aumento, diverso da quello dei concerti sinfonici, anche mediamente parecchio più giovane. Evidentemente la musica barocca ha delle caratteristiche che possono interessare di più, soprattutto i più giovani, rispetto alla musica classica o romantica.
Certo che la musica barocca suonata così, con gli strumenti originali, con tempi sostenuti ma non troppo esagerati e ben calibrati (si è visto ieri sera ad esempio nell'intensità di parti come la coppia di Et incarnatus est e del Crucifixus nel Symbolum Nicenum, o nel Qui tollis peccata mundi del Gloria o nel quasi insostenibile Agnus dei), è veramente un'esperienza molto eccitante, piena di forza e di energia (come non restare estasiati davanti alla dimostrazione di esultanza e di energia del Cum Sancto Spiritu, coro conclusivo del Gloria).
Inoltre l'uso degli strumenti originali permette di gustare in modo corretto le peculiarità del linguaggio musicale tipico di quel periodo (vedi ad esempio il Quoniam con il corno da caccia) che è improprio eseguire su strumenti e con tecniche che sarebbero stati messi a punto più di 100 anni dopo per far fronte alle nuove esigenze foniche di una grande orchestra. Invece è una meraviglia sentire che volume di suono siano capaci di sviluppare 16 coristi e un'orchestra di una ventina di elementi perfettamente bilanciati.
Inoltre quel repertorio annovera alcuni dei più grandi musicisti di sempre, da Bach a Haendel, da Monteverdi a Couperin, da Charpentier a Pergolesi, ecc. per cui grande musica con la quale lavorare per anni ed anni.
L'arrivederci è per il prossimo ottobre quando ci sarà la nuova stagione, che non è ancora stata annunciata ma lo sarà tra breve; due impegni si conoscono già e cadranno in dicembre con l'esecuzine del "Rinaldo" e del "Messiah" di Haendel, quando l'orchestra grande sarà in Oman per fare Carmen.
Infine un grande ringraziamento, naturalmente a Gianluca Capuano, direttore dell'ensemble vocale, e a Ruben Jais, direttore della Verdi Barocca, per l'impegno e la passione che ci mettono.
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