venerdì 22 gennaio 2010

Stagione 2009/10 de LaVerdi - Concerto N. 15


Igor Stravinskij morì nel 1971. Un paio di anni dopo Luciano Berio in RAI fece la trasmissione "C'è musica e musica" ed in una puntata parlò anche di Stravinskij. Non ricordo cosa disse ma ricordo che fece vedere alcune immagini del funerale di Stravinskij a Venezia e ringraziando il grande Igor per tutto quello che aveva fatto, come sottofondo musicale mise l'assolo di tromba della danza della ballerina dalla terza parte di Petruchka, come a dire che tutto o gran parte del senso di libertà, di fantasia e di colore della musica del '900 doveva riconoscersi proprio in quella tromba.
Ho incontrato la musica di Stravinskij per mezzo di fascicoli settimanali con disco allegato che uscivano verso la fine degli anni '60; la collana si chiamava semplicemente "La musica moderna" e iniziò con Debussy e Stravinskij, che è uno dei modi per approcciare il '900 in musica. Da subito, istintivamente, mi sono sentito attirato da Stravinskij e Petrushka, più ancora della Sagra della primavera, è una dei brani di musica che più amo, non solo di Stravinskij, ma in assoluto. In Petrushka Stravinskij bandì ogni esotismo alla Rimsky-Korsakov, e trovò una essenzialità di tratteggio della linea musicale assolutamente nuova e lo fece per rappresentare la festa della settimana grassa con tutte le sue luci e colori, i valzerini viennesi e le canzonette francesi e russe e per raccontare la storia di un burattino, una storia assurda di un burattino che viene ucciso da un altro burattino con grande turbamento ed orrore del pubblico che viene però rassicurato dal burattinaio: in fondo si tratta solo di un burattino. Ma lo spirito del burattino Petruchka si è liberato con la morte e ritorna sul tetto del teatro con un gesto terrificante.
Lo spunto iniziale fu un brano per pianoforte e orchestra che Stravinskij aveva iniziato a comporre dove il pianoforte e l'orchestra si producevano in un dialogo sempre più serrato ed aggressivo. Ad un certo punto nella sua mente gli si rappresentò l'immagine di un burattino e quella musica che stava scrivendo divenne quella della seconda parte del balletto che rappresenta Petruchka nella sua stanza. Il progetto venne quindi sviluppato in un balletto completo che andò in scena a Parigi il 13 giugno 1913, il giorno in cui mia nonna materna compiva 12 anni.
Quando viene eseguito in concerto, di solito, si taglia il finale, dopo la sequenza vorticosa delle danze, per giungere rapidamente ad una conclusione con un crescendo. Questo finale è stato autorizzato da Stravinskij ma personalmente lo detesto. Per me Petrushka deve terminare con le due trombe dissonanti dello spettro di Petrushka e i pizzicati in pianissimo che concludono il brano. Quello è il momento più alto e poetico di tutto Petrushka e, se fossi direttore, non mi importerebbe di finire il concerto con un pizzicato in pianissimo piuttosto che con un fortissimo che, in teoria, dovrebbe strappare qualche applauso in più. Purtroppo lo fanno in molti e lo ha fatto anche il direttore del concerto di ieri sera, Gavriel Heine, un americano dal taglio di capelli abbadiano anni '70, capelli che si sollevano e ricadono a piombo, che opera a San Pietroburgo e che ha studiato anche con Gergiev, che peraltro ha diretto anche piuttosto bene il brano. Però quel finale non mi piace.
Nella prima parte è stato eseguito il terzo concerto per pianoforte di Prokofiev, del 1921. Questo concerto, che, assieme a quelli di Bela Bartok, è uno dei più bei concerti del '900, è sempre stato un cavallo di battaglia della Argerich, che ho sentito un paio d'anni fa proprio in questo concerto (consiglio a chiunque la sua incisione del concerto e di quello di Ravel con Abbado). Questa volta suonava Daniil Trifonov, classe 1991, un ragazzo dalle mani d'acciaio che ha cominciato a suonare a 5 anni. Ha ben suonato dimostrando anche una certa sensibilità nelle parti più meditative ed intime del II e III movimento instaurando un bel dialogo con l'orchestra.
Il concerto è un gran brano di musica con momenti che vanno dall'incantato/meditativo al frenetico/motoristico che ricordano musiche dello stesso periodo, dal balletto "Il buffone" all'Amore delle tre melarance. Il finale è in forma tripartita con una parte centrale meditativa. Quando ritorna la musica dell'inizio, Prokofiev punta decisamente verso la conclusione. Per due volta sembra che il brano sia finito. In realtà la musica accumula sempre più energia che infine si scarica completamente negli ultimi secondi con gli assalti finali del pianoforte e i quattro accordi che mettono fine alla musica. Ripropongo la Argerich in un'altra esecuzione solo dell'ultima parte perchè è assolutamente fenomenale. Tra l'altro, a vederla dal vivo, sembra che entri nel pianoforte.

3 commenti:

  1. Concordo sul finale di Petrouchka.
    Quanto al giovane pianista, l'avevo sentito nominare ma mai suonare. Grazie, come sempre, delle tue impressioni sul concerto!

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  2. Cugino, sei un mito!

    Ho deciso, mi compero su iTunes Petruchka: aspetto indicazioni su qual'è la migliore versione su CD.

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  3. Ci sono molte belle edizioni. A memoria di sicuro posseggo quelle dirette da Stravinskij medesimo e da Temirkanov, molto belle entrambe. Anche Pierre Boulez è ottimo come pure Bernstein (sentito dal vivo alla Scala nell'82, assolutamente indimenticabile), senza considerare i classici Ansermet o Monteaux. Buon ascolto!

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