venerdì 15 gennaio 2010

Stagione 2009/10 de LaVerdi - Concerto N. 14

Beethoven scrisse la sua ottava sinfonia nell’estate del 1812. Questa sinfonia da sempre viene considerata una “piccola sinfonia” e conosco alcune persone che pur amando Beethoven la considerano poco più che insignificante. Indubbiamente questa sinfonia ha avuto il destino di trovarsi immediatamente prima della IX che però è di 12 anni posteriore. Non è però una sinfonia piccola, infatti ha lo stesso organico orchestrale della VII. Però è diversa da tutte le altre sinfonie. Innanzitutto in questa sinfonia manca il movimento lento. Al suo posto c’è un “Allegretto scherzando” che si dice sia stato ispirato dal movimento del metronomo, che era stato inventato proprio in quegli anni. Il primo movimento non ha alcuna introduzione, nemmeno sinteticissima come la III ed entra immediatamente in argomento senza alcun preavviso con un’idea musicale che ritornerà nel meraviglioso sviluppo su un ostinato clamoroso che porta la musica verso un certo senso di drammaticità che però si dissolve rapidamente per lasciare spazio al ritorno del secondo tema rilassato, pacioso e civettuolo; il tempo si conclude con una fantastica coda che ripropone, alla fine, il tema iniziale in pianissimo. Il terzo tempo è un “Tempo di Minuetto” con un meraviglioso trio che richiama, nel dialogo tra corno e clarinetto, una certa bonomia tutta viennese tanto da assomigliare a certa musica di Schubert. Il finale è tutto pervaso da un ritmo scattante e pieno di dinamismo; un brano pieno di buonumore con cambi di rotta improvvisi e passaggi senza preavviso da momenti di distensione a momenti di grande agitazione e che si conclude con una clamorosa coda. Insomma, una sinfonia magnifica dove una volta tanto non ci sono destini che bussano alla porta o eroi da ricordare o uccellini che cantano e ruscelli che scorrono. Una sinfonia fatta di sola musica, dove il ritmo la fa da padrone dall’inizio alla fine. Una sinfonia dove si dimostra completamente il magistero supremo di Beethoven. Una sinfonia che esulta alla fine come solo Beethoven sapeva fare. Amo profondamente questa sinfonia che personalmente considero la migliore e la più fresca delle 9.


Il resto del concerto ha riguardato la musica di Liszt di cui sono stati eseguiti due poemi sinfonici, Tasso, Lamento e Trionfo e Les Préludes, e una trascrizione di tre danze tedesche di Schubert.
Il catalogo di Liszt trascrittore è imponente quanto quello di Liszt compositore. Trascrisse di tutto, dalle sinfonie di Beethoven, in modo letterale, alla Fantastica e Aroldo di Berlioz, fece parafrasi da opere di ogni autore contemporaneo da Verdi a Donizetti, da Meyerbeer a Rossini, da Bellini a Glinka, da Gounod a Wagner, ecc. Lo faceva in funzione delle sue esibizioni pianistiche e anche per diffondere la musica di quegli autori. Egli amava Schubert e ne trascrisse più volte alcune opere. Questa trascrizione per orchestra di marce schubertiane per pianoforte a quattro mani hanno un suono più alla Liszt che alla Schubert; ascoltandole mi si sovrapponevano delle sonorità pensando a come le avrebbe orchestrate Schubert medesimo, se l’avesse fatto. Alla fin fine ho concluso che era sempre meglio l’originale di Schubert per pianoforte.
Fra le tante cose che Liszt fece ci fu l’invenzione del genere poema sinfonico. Il più famoso è il terzo poema sinfonico, ovvero Les Préludes, registrado in disco da tutti i più grandi direttori d’orchestra. Tasso, Lamento e Trionfo, il suo II poema del 1849, è invece, credo, meno famoso ed è basato su una antica melodia dei gondolieri veneziani che nel poema sinfonico ritrae il lamento e lo stato di prostrazione del poeta chiuso nella propria follia. Segue, nella parte finale, il trionfo che si annuncia con gran squilli di tromba che segnano, come accade spesso in Liszt, una notevole caduta di gusto e che portano ad una conclusione tutto sommato discutibile dal punto di vista musicale. Les Préludes, contrariamente a quanto accade spesso in Liszt che si dilunga con estenuanti ripetizioni, almeno ha il vantaggio di entrare subito in argomento con un bel tema che ritornerà nel trionfale finale, mentre lo svolgimento interno della composizione assume un senso musicale tramite l’utilizzo della tecnica della variazione.
Il concerto è stato ben diretto da Martin Haselböck, organista e direttore d'orchestra, che già da alcuni anni viene a dirigere Liszt e Beethoven. A me questo direttore dall'aspetto un po' allampanato e che somiglia clamorosamente ad un mio vecchio amico, piace molto. Ha un modo di approcciare Beethoven molto diretto e schietto. Ha fatto un’ottima VIII come l’anno scorso aveva fatto una fiammeggiante V di Beethoven. Dirige bene Liszt, per quello che si può cavare da una musica in genere molto esteriore e da esibizione.

1 commento:

  1. Concordo, settima e ottava di beethoven sono opere magnifiche e anche Les Préludes sono musica che ti mette in pace col mondo.

    Secondo me dopo che hai ascoltato questo tipo di musica è come quando esci dalla doccia: fresco, rinfrancato, pronto per una bella serata.

    RispondiElimina