venerdì 8 gennaio 2010

Stagione 2009/10 de LaVerdi - Concerto N. 13


In questo concerto sono state presentate due pagine musicali tra le più famose del repertorio classico, ovvero la sinfonia in Do maggiore KV 551 di Mozart, detta “Jupiter” e la sinfonia N. 6 di Beethoven Op. 68, la “Pastorale”. Sono opere famosissime ma di difficile ascolto, soprattutto, almeno per me, la “Pastorale” che di tutte le sinfonie di Beethoven è quella che mi pone maggiori problemi.
Mozart scrisse la sua sinfonia in Do maggiore, che è la sua ultima sinfonia, nel mese di agosto del 1788 immediatamente dopo aver composto la sinfonia in sol minore KV 550. Gli sarebbero rimasti altri tre anni di vita ma non compose più sinfonie. Quindi possiamo ben considerare questa sinfonia come un punto di arrivo della carriera da sinfonista di Mozart. Non sappiamo se Mozart avrebbe composto altre sinfonie se fosse vissuto ancora; certo è che questa sinfonia è veramente il coronamento di tutta la sua carriera di autore di sinfonie. In essa c’è tutto Mozart: il teatro, la danza, il brio, la felicità ma anche la malinconia e l’angoscia. È un’opera dalle dimensioni grandiose e di bellezza abbagliante. La musica di Mozart ha la caratteristica di sembrare sempre molto semplice e facile ma in realtà non è facile né da suonare bene né da ascoltare bene. È una musica sfuggente, sempre mutevole, una musica che passa dall’allegria alla tragedia nel giro di due note quindi richiede un’attenzione continua perché è così multiforme, così varia, ha degli scarti d’umore così rapidi che se perdi la concentrazione un attimo o non ti lasci andare all’onda musicale rischi di perdere il filo del discorso. La sinfonia “Jupiter” è anche molto umana ed anche commovente nel secondo movimento, una musica che esprime una grande tenerezza con degli inaspettati soprassalti di angoscia. Il finale invece è un monumento al contrappunto con le movenze da finale di opera buffa.
Vent’anni dopo Beethoven scrisse la sua sesta sinfonia che lo tenne impegnato tra l’estate del 1807 e il giugno 1808. Questa sinfonia nacque assieme alla quinta, Op 67. Se la quinta sinfonia è la sinfonia più densa e concentrata di tutto Beethoven, la sesta è quella più rilassata ed espansiva. Si sa che Beethoven amava molto la natura e la campagna. Quando arrivava l’estate andava via da Vienna e si rifugiava in posti di campagna nei dintorni. Lì questo uomo complesso e dal carattere tumultuoso si rigenerava. Adorava passeggiare, gli alberi, i prati. Evidentemente questo gli diede lo spunto per un brano sinfonico nel quale volle esprimere proprio questo amore per la natura. Lo fece però senza intenti banalmente descrittivi ma scrivendo, come scrisse lui stesso una “Sinfonia pastorale, piuttosto espressione del sentimento che pittura” Ci sono certamente richiami a fatti naturali come lo scorrere delle acque di un ruscello rappresentato dalle ondulazioni degli archi nel secondo movimento, o il canto degli uccelli, o la danza dei contadini o la tempesta ma vi sono altre parti che non sono riconducibili a cose della natura. Il primo movimento descrive i piacevoli sentimenti che si destano nell’uomo all’arrivo in campagna; è un brano pacifico e rilassato tutto risolto in termini strettamente musicali con una sezione di sviluppo fantastica dove il motivo iniziale viene ripetuto in continuazione con modulazioni sempre cangianti. Il secondo movimento è la scena presso il ruscello, un dolce canto sul mormorare delle ondulazioni degli archi che si conclude con l’evocazione ideale del canto di un usignolo, una quaglia ed un cuculo. Il terzo movimento è un’allegra e ruvida danza di contadini a cui improvvisamente la natura oppone lo scatenamento della tempesta del quarto movimento; poi la tempesta si placa ed entra, nel quinto movimento mentre la tempesta si allontana sempre di più, il canto che esprime i sentimenti di riconoscenza dopo la tempesta; è un canto che si amplia sempre di più in una serie di variazioni che conducono la sinfonia alla sua conclusione estatica.
È una musica che non ha intenti descrittivi ma è molto idealizzata per cui la veste orchestrale di Beethoven, che è molto raffinata, tende sempre a distrarmi. Quindi, fra tutte le esecuzioni che conosco di questa sinfonia, la mia preferenza va sempre a quella pianistica di Glenn Gould che è a sua volta una utopia pianistica. Essendo il pianoforte uno strumento con il quale non è possibile fare un crescendo di suono dopo che il suono è stato emesso Gould, anche a causa dei tempi molto moderati che usa, richiede all’ascoltatore di ricrearsi un’immagine della musica nella propria mente incrementando così l’attenzione e la tensione verso un ideale sonoro. Da ascoltare con molta attenzione. Con gould ho trovato solo questo piccolo video con l'esposizione del primo movimento.
Il concerto è stato diretto da Ivor Bolton, direttore del Mozarteum di Salisburgo dal 2004. È un simpatico inglese dall’aspetto affabile e cordiale. Ha, secondo me, ben diretto le due opere senza troppe timidezze e con bella personalità. Spesso quando si affrontano questi grandi classici molti si limitano ad essere solo precisini. Bolton è stato preciso ma anche piuttosto spavaldo nell’affrontare le due opere in questo ottimamente coadiuvato dall’orchestra che ha sfoggiato una bella proprietà di linguaggio classico. Sala pienissima e grande successo.

2 commenti:

  1. Grazie per la segnalazione di Gould. Mi sono proprio gustato il video!

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  2. Però ti consiglio l'intero CD, lo trovi anche su iTunes

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