mercoledì 28 ottobre 2009

Antonia

Ieri sera è morta la nostra amica Antonia, dopo breve sofferenza, come si dice in questi casi. La malattia implacabile l’ha portata via in tre mesi, prima nella coscienza e nella mente e poi nel corpo.
Se ne è andata lasciando un figlio liceale che ora avrà come sostegno solo i parenti più stretti e gli amici e davanti a sè una vita che più che mai è un'incognita.
Noi la ricorderemo per il suo sorriso enigmatico, la sua convivialità accompagnata però sempre da un piccolo mistero e il suo strano modo di parlare, come una carezza.
Così, un’altra persona che conoscevamo bene, se ne è andata valicando quel limite tra la vita e la morte che tanto spaventa.
Uno ha detto: “Io non ho paura della morte, ho paura di morire” ed è vero perché quando si è morti si è morti; forse c’è un’altra vita o forse non c’è niente; è un ritorno da dove si era venuti, un nulla di cui non abbiamo coscienza né conoscenza. La nostra vita, alla fin fine, è stato un breve tragitto durato pochi anni tra due misteri, il prima e il dopo.
La nascita però non ci ha spaventato; non eravamo neanche coscienti del fatto di nascere; siamo stati concepiti e dopo nove mesi siamo nati perché la natura funziona così. Si nasce solo così e solo in quel modo.
Morire invece si può in infiniti modi e noi non sappiamo come moriremo ne quando e questo ci spaventa, ci mette in ansia anche se allontaniamo continuamento questo pensiero. Inoltre moriremo provenendo dalla vita cosciente e sappiamo che, in ogni caso, ci dispiacerà lasciare le persone che si conoscono, i piaceri della vita e anche i suoi dolori. Ma è inevitabile che ciò accada. Tutti sono morti, persone dalla grandezza d’animo incredibile come don Gnocchi, papa Giovanni o mia nonna, grandissimi artisti come Bach, Dante o Michelangelo, persone incredibilmente diaboliche come Hitler o Stalin, il più grande miliardario come l’ultimo miserabile sulla faccia della terra.
È il nostro destino e dobbiamo solo cercare di vivere al meglio la nostra vita, fin che c’è.
Le dedico l'inizio della cantata BWV 106 "Gottes zeit ist allerbeste Zeit' (Il tempo di Dio è il tempo più giusto) di Bach detta "Actus tragicus", scritta per un funerale di un suo parente, nel 1707 o 1708; Bach aveva 22 anni quando la scrisse.
È un inizio dolce che non ha nulla di tragico. Una visione serena e consolatoria, una dolce musica cullante al suono di due flauti dolci.

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