venerdì 11 settembre 2009

Stagione 2009/10 de LaVerdi - Concerto N. 1


Ieri sera in Auditorium si è tenuto il primo concerto della stagione (quello alla Scala è un prologo). In programma gli ultimi lieder di Strauss e la V sinfonia di Ciaikovskij. Nei lieder ha cantato la soprano Olga Boylan. Sul podio Xian Zhang.
Con le musiche scelte si è trattato di un concerto incentrato sul tema della morte e del destino. Il concerto era dedicato alla memoria di Nina Vinchi Grassi, della cui grandezza ed importanza per il teatro italiano, assieme a Paolo Grassi e a Giorgio Strehler, è perfino inutile parlare. Il destino che bussa alla porta di Ciaikovskij non è lo stesso che bussa alla porta di Beethoven e non produce analoghi risultati. Se in Beethoven il destino che bussa alla porta è lo spunto per un percorso che porta al trionfo della luce, al superamento del dolore nella gioia più pura, in Ciaikovskij i risultati finali sono del tutto diversi. Innanzitutto il destino in Ciaikovskij non si manifesta in modo imperioso, come una situazione negativa da prendere di petto, un dramma interiore che viene portato alla luce per essere poi superato con le forze della propria umanità e dell'etica. In Ciaikovskij il destino è un presentimento di qualche sciagura, è una subdola entità che ti penetra la mente e l'anima, è un malumore. A questo stato d'animo dell'inizio segue un percorso tortuoso con il quali Ciaikovskij cerca di dare una risposta al tema dato. Nel primo movimento abbiamo il tentativo di un atteggiamento virile ed appassionato che viene però continuamente infranto; il tempo si conclude in modo irresoluto con il ritorno allo stato iniziale. Nel secondo tempo assistiamo ad uno slargo melodico magnifico con due temi di bellezza estrema. Ciaikovskij si rifugia nella bellezza, nell'effusione amorosa contrastata però ancora dal ritorno del tema iniziale della maledizione che riemerge come conclusione di grandi slanci appassionati. Il movimento però si conclude dolcemente come in un approdo sereno. Il terzo tempo è un valzer sereno, gioioso e mondano. Tutto scorre in modo quasi svagato come se fossero fanciulle in fiore che inseguono farfalle su un prato; alla fine però, subdolo, torna il tema iniziale ma in forma quasi scherzosa e danzante e viene spazzato via dagli accordi che concludono il movimento. Nel finale il tema principale viene posto in positivo, passando dal minore al maggiore, e viene proposto come un inno, come un grande portale che si apre su una grande scena. E' una scena di grande vitalità e imperiosità, profondamente russa e piena di vigore. Al termine il tema viene condotto in trionfo come in un superamento finale dello stato miserabile dell'inizio; è un finale falso dalla falsa esultanza e all'ascolto anche imbarazzante ma dalla resa orchestrale superba. Non c'è grande gioia, nè potrebbe esserci, e alla fine resta comunque un senso di qualcosa di inconcludente. Grandissima esecuzione dell'orchestra con una direzione estremamente sensibile.
Il concerto era iniziato con gli ultimi lieder di Strauss composti tra 1947 e il 1948 da un uomo i cui progetti futuri erano di "Morire", come disse in un'intervista. E' la composizione chiusa in sè di un uomo che era arrivato in tarda età nel bel mezzo del secolo portandovi tutto il suo mondo. Considerando quello che bolliva nella pentola musicale di quei tempi, si potrebbe dare qualcosa di più inattuale di questi lieder? Però la loro composizione è la dimostrazione che la poesia dovrebbe sempre rispondere alle ragioni della propria anima e non a quelle delle mode. Si tratta di un'opera di grandissima poesia, poesia fatta musica in cui tutta la poetica di Strauss si riassume nella bellezza edonistica, sensuale ed assoluta del canto che si fonde perfettamente al commento dell'orchestra. Nello stesso tempo non è un'opera disperata, ma un'opera che si conclude serenamente nella consapevolezza di aver percorso un lungo cammino che si conclude in un tramento accompagnato dal canto mahleriano di due allodole. Si tratta certamente di una grandissima composizione al di fuori del proprio tempo e di ogni tempo.
La soprano, un donna veramente molto alta, in confronto alla direttrice, veramente bassa, anche se con dei tacchi veramente alti, ha cantato molto bene ottimamente assecondata dall'orchestra morbida.
Quando la Zhang è stata nominata a capo della Verdi ho temuto che, essendo cinese, non fosse abbastanza addentro ad una espressività più occidentale. Invece devo riconoscere che si tratta, non solo di un direttore d'orchestra di grande preparazione, di grande energia, con un gesto molto chiaro e con grandi doti di concertazione (la trasparenza degli archi, dei fiati, la potenza degli ottoni!) ma anche di un direttore molto sensibile e che capisce ciò che stà dirigendo, cosa che non è da tutti.

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