venerdì 18 maggio 2012

Dietrich Fischer-Dieskau e Mahler

Da ascoltare senza fiatare

Dietrich Fischer-Dieskau

E' morto Dietrich Fischer-Dieskau, per una coincidenza (?) nello stesso giorno in cui morì, 101 anni fa, Gustav Mahler.
E' perfino inutile che io ricordi la grandezza di Fischer-Dieskau in ogni ruolo. Tutto ciò che ha fatto Fischer-Dieskau mi piace, sia nell'opera sia nel lied sia in tutto ciò in cui si doveva cantare qualcosa.
Di lui ricordo in particolare un concerto liederistico alla Scala negli anni '70; impressinante la ricchezza della sua voce che invadeva ogni angolo della sala.
I suoi 29 dischi dei lieder di Schubert da sempre campeggiano nella mia discoteca come pure Schumann, Brahms, Wolf, Strauss ma senza dimenticare le sue incursioni nel '900 (ricordo solo il suo Wozzeck!) sempre illuminate da una straordinaria intelligenza.
Tanti cantanti ho ascoltato ma probabilmente nessuno è riuscito a darmi il brivido interiore che mi dà la sua voce e la sua intelligenza di interprete che si traducono in esecuzioni dove ogni accento è calibrato con una precisione assoluta ma senza mai cadere nel manierismo ed il tutto sfoggiando una dizione perfetta in ogni lingua (mi riferisco in particolar modo all'italiano: mai sentito un tedesco cantare in un italiano così bello).
Caro Dietrich, gute Nacht!

Mahler - Toblach


Risalendo la val Pusteria, superata Niederdorf (Villabassa) si arriva a Toblach (Dobbiaco). Prima di arrivare a Dobbiaco, nel punto in cui sulla sinistra c’è la locanda Gratschwirth, sulla destra c’è una deviazione che conduce ad un Tiergarten, una specie di piccolo giardino zoologico. Si passa sotto il piccolo ponte della ferrovia, una curva a sinistra, una a destra, si attraversa la pendice estrema di un boschetto, si riemerge alla luce, si gira a sinistra puntando perpendicolari verso la montagna. Dopo poche centinaia di metri si arriva ad una grande casa. Al piano terra c’è un ristorante, al primo piano abitano i proprietari, la famiglia Trenker, mentre al secondo piano ci sono vari appartamenti per gli eventuali ospiti dove ho soggiornato, dal 1992, con la famiglia diverse volte sia d’estate sia d’inverno. Sull’esterno della casa campeggia la scritta Gustav Mahler Stube con una targa che ricorda che in quella casa Gustav Mahler con la famiglia soggiornò, al primo piano con la veranda, nelle estati dal 1908 al 1910 e vi compose il Das Lied von der Erde, la nona e la decima sinfonia che non avrebbe terminato perché sarebbe morto giovedì 18 maggio 1911; oggi quindi cade proprio l’anniversario della sua morte e lo ricordiamo grande rispetto e partecipazione.
Uscendo dalla casa si può andare a sinistra o a destra.

Andando a destra si va verso Toblach. Si attraversa un prato che fa una gobba a salire e poi a scendere. Qui a fianco c'è la foto che feci nel 1992 (si vede mia moglie e mio figlio). Quel prato è lo stesso di una foto in cui vede passeggiare Mahler con sua moglie Alma come si vede confrontando il profilo della montagna sul fondo. Davanti si apre la valle e poco lontano sulla sinistra si vede Toblach con la sua bella chiesa. Continuando a camminare si attraversa un piccolo bosco e ci si ritrova in un altro grande prato che d’inverno diventa una pista di sci. Ora Toblach è ancora più vicina. Si scende fino ad una Hütte dove ci si può ristorare, si passano gli impianti di risalita, si attraversa lo spiazzo che d’inverno è pieno delle automobili degli sciatori, si attraversa il torrente Rienza, che si getterà nell’Isarco e quindi nell’Adige, su uno dei due ponti, poi, seguendo la breve strada asfaltata si arriva al passaggio a livello a Neu Toblach, Dobbiaco nuova. Proseguendo diritti si passa davanti alla stazione ferroviaria  e si imbocca una pista ciclabile che porta a San Candido. Andando a destra ci si va verso Cortina, ma, facendo una stradina nel bosco si arriva al Toblacher See, Lago di Dobbiaco, che è uno dei posti più belli che il buon Dio ci ha donato. Se invece, dal passaggio a livello si va a sinistra ci si dirige verso l’incrocio della provinciale e ci si inoltra nella vera e propria Toblach. Poco avanti, sulla destra, c’è l’hotel Cristallo gestito dai due fratelli Armin e Thomas Walch, persone di una gentilezza assoluta e non formale, dove andavamo prima di optare definitivamente per la Gustav Mahler Stube. Risalendo la via, la Johannesstrasse, si passa davanti al caffè Marleen, dove fanno torte alte 15 centimetri ai frutti di bosco, al grano saraceno, al cioccolato, ecc. e si bevono ottime bevande e drink. Poi si arriva alla chiesa. Lì vicino c’è la statua a Gustav Mahler davanti ad un bellissimo negozio sotto i portici che vende splendide statuette di legno dipinto per il presepio, la serie completa dei Cavalieri Templari e splendidi boccali per la birra che non ho mancato di acquistare. Proseguendo diritto si esce da Toblach, si passa in un piccolo bosco attrezzato per fare vari esercizi ginnici e ci si ritrova alla locanda Gratschwirth, da dove, con poca fatica dal momento che la salita è molto lieve, si torna alla Gustav Mahler Stube.
Se dalla Gustav Mahler Stube si va a sinistra si entra nel piccolo giardino zoologico. Ci sono cavalli, caprette, pecore, stambecchi, gufi, pollame vario, maiali di varia tipologia, una coppia di linci. Arrivati alla gabbia delle linci, girandosi, in mezzo ad un piccolo spiazzo tra gli alberi si vede una casetta di legno. Quella è la casetta dove Gustav Mahler faceva portare un pianoforte e componeva. Dalla casetta si vede la valle con tutte le infinite varietà di diversi verdi dei prati immensi. Dalla parte opposta la valle risale verso il paesino di Aufkirchen (Santa Maria) con l’alto ed aguzzo campanile.
Mahler era arrivato in quel posto dopo la grande tragedia del 1907 quando venerdì 5 luglio gli era morta la figlia maggiore Maria Anna, detta Putzi, di 5 anni. Può esistere una tragedia peggiore della morte di una figlia? No, questo lo posso dire con assoluta certezza. Quello stesso anno Mahler si fece visitare dal medico che curava sua moglie che era distrutta e il medico gli diagnosticò una malattia cardiaca. La sua vita cambiò e anche la sua musica cambiò nella consapevolezza del proprio stato. È indubbio, infatti, che dall’ottava sinfonia alle composizioni successive, le ultime tre, c’è uno stacco molto grande. Dopo la morte della figlia Mahler fuggì dalla casa estiva di Maiernigg sul Wörthersee e spostandosi verso occidente arrivò a Toblach dove passò quel che rimaneva di quella estate del 1907.
Nell’estate successiva compose il Das Lied von der Erde, il canto della terra, su poesie tratte da una raccolta di poesie cinesi tradotte dal poeta tedesco Hans Bethge che in realtà non tradusse dal cinese ma da due edizioni precedenti in francese.
Il Das Lied von der Erde è il primo approccio di Mahler alla morte, alla consapevolezza del proprio destino. La morte non è evocata direttamente ma è sottintesa.
Quattro dei sei lied richiamano esplicitamente o implicitamente alcune stagioni. Il secondo lied, Der Einsame im Herbst (Il solitario nell’autunno), richiama una visione autunnale in cui tutto sfiorisce e dove il protagonista si scopre stanco e desideroso di riposo. Nel terzo lied, Von der Jugend (Della giovinezza), alcuni amici chiacchierano e scrivono versi in un padiglione vicino ad un piccolo stagno, mentre nel quarto, Von der Schönheit (Della bellezza), giovani fanciulle raccolgono fiori nella luce dorata; entrambi sono lied in cui si sottintende un’ambientazione estiva. Il quinto lied, DerTrunkene im Frühling, richiama esplicitamente la primavera, una primavera incantata. Manca l'inverno che è una stagione troppo positiva e piena di energia, nella promessa della futura primavera.
Invece il primo lied, Das Trinklied vom Jammer der Erde (Il brindisi del dolore della terra), è un brindisi in cui una persona dice delle cose, come si fa nei brindisi. Ciò che dice, però, è amaro; ciò che canta è una canzone della sofferenza e se è bello avere in mano una coppa di vino al momento giusto non ci si deve dimenticare che oscura è la vita, è la morte. Ad un certo punto si dice:

Azzurro eterno è il firmamento, e la terra
È destinata a lungo a rimanere immobile
E a rifiorire in primavera..
Ma tu, uomo, ancora vivrai?

dove si vede come si pone il confronto tra l’eternità della terra e il destino effimero dell’uomo.
Questo tema ritornerà nell’ultimo lied, Der Abschied (L'addio), che da solo dura quanto i primi cinque assieme ed è uno dei capolavori assoluti di Mahler da accostare al primo movimento della IX sinfonia. In questo lied, mentre scendono le luci del crepuscolo sulla valle e nell’aria vibrano suoni della natura, una persona aspetta un amico per dargli l’ultimo addio. Questa prima parte è in prima persona. Nella seconda parte, dopo uno dei più grandi passaggi orchestrali di Mahler, ma tutta l'orchestrazione così rarefatta e che crea un enorme effetto spaziale di questo lied è un miracolo, il discorso prosegue in terza persona, aspetto questo da non trascurare osservando come il discorso autobiografico diventa un destino comune. Egli scende da cavallo ed fa un brindisi con l’amico e con il brindisi gli annuncia la sua partenza:

Cerco pace al mio cuore solitario
Vado via, torno in patria, il mio sito.
Mai più di lì mi muoverò per andare lontano.
Tace il mio cuore e attende con ansia la sua ora!
La cara terra dovunque
Fiorisce in primavera e verdeggia
Sempre di nuovo. Dovunque, eternamente
D’azzurro s’illuminano i lontani orizzonti!
Eternamente… eternamente…

Il lied termina spegnendosi in una rarefazione crescente (quanto ne è stato influenzato Shostakovich nei finali, ad esempio, della IV e della XV sinfonia!) ed è impressionante il fatto che mentre per due volte la parola “ewig” viene ripetuta due volte sulle note mi-re, re-do, per altre tre volte la parola viene detta una sola volta sulle note mi-re, negando l’approdo al do; è come un paesaggio che diventa sempre più blu sfumando. Forse è così che si muore.
Dell’esecuzione in sé parlo con difficoltà, non perché non sia stata buona, ma perché per me questa è una musica da ascoltare interiormente nel silenzio, in un luogo appartato, con i piedi sull’erba e la testa tra le nuvole.
Comunque sono stati tutti molto bravi, il primo flauto Massimiliano Crepaldi e il primo oboe Luca Stocco che soprattutto nell’ultimo lied sono molto impegnati in interventi molto espressivi, il primo clarinetto Raffaella Ciapponi, il primo fagotto Andrea Magnani, tutti gli altri fiati in generale, il primo corno Giuseppe Amatulli, e, sempre per mettere in evidenza i solisti, il primo violino Nicolai von Dellinghausen (sostituiva Luca Santaniello impegnato nel triplo di Beethoven che occupava la prima parte del concerto) che era impegnato un po’ ovunque nei vari lied in parti solistiche, in particolare nel quinto, e che come al solito ha fornito un'ottima prestazione.
Il direttore Xian Zhang ha ben diretto Mahler ottenendo una gran prestazione dall’orchestra. Non mi è piaciuto molto, però, il IV lied che secondo me è stato condotto ad un tempo troppo spedito, privo di quegli indugi, di quella calma e voluttà di cui è ricca quel testo, ed inoltre nella selvaggia parte centrale non è stata molto incisiva. Per quanto riguarda i cantanti, la mezzosoprano Carina Vinke ha una bella voce un po’ carente, però, sui bassi, mentre il tenore John Daszak non mi è molto piaciuto, in generale.
Nella prima parte, con Luca Santaniello al violino, Mario Shirai Grigolato al violoncello e Simone Pedroni al pianoforte, c’era il triplo concerto di Beethoven, opera un po’ snobbata. Certamente non è portatrice di chissà quali messaggi ma si ascolta molto volentieri ed è comunque Beethoven, anche se un Beethoven che si stava riposando un po'. La Xian Zhang ha diretto in modo un po' anonimo, senza particolari slanci, però l’esecuzione mi ha convinto nel movimento lento ed in parte nel finale, ma con alcune pecche, mentre mi è parso che nel primo movimento l’esecuzione fosse un po’ incerta e con alcuni problemi di intonazione dei solisti; forse era la prima e le cose miglioreranno nelle serate successive.
Molto pubblico. Successo soprattutto per il triplo di Beethoven.

PS

Le traduzioni dei lied sono di Quirino Principe e di Ugo Duse.
Quando sono uscito dal concerto ieri sera e mi sono incamminato nel breve tragitto verso l'auto e nell'ancor più breve tragitto, temporalmente, in auto ero molto incerto se scrivere qualcosa, ma non sapevo bene perchè non avessi voglia di scrivere. Poi ho pensato di scrivere qualcosa per amore verso Toblach e la val Pusteria in generale e ricordando quello strano sentimento che mi ha preso ogni volta che mi sono trovato a guardare quei prati e quelle montagne.

giovedì 17 maggio 2012

Mahler - Das Lied von der Erde - Der Abschied

Grandissima esecuzione di Fritz Reiner



certo che anche il grande Sinopoli non è da meno


per non parlare di colui il cui braccio veniva guidato da Mahler stesso dall'aldilà, Bruno Walter

martedì 15 maggio 2012

Olli Mustonen

Ieri sera al Conservatorio per le Serate Musicali il pianista, direttore d'orchestra e compositore finlandese Olli Mustonen ha fatto un concerto con musiche di Bach (Johann Sebastian), Shostakovich e Rachmaninov. Avevo già ascoltato Mustonen in concerto in Auditorium quando nella primavera 2009 era venuto a suonare il concerto in modo misolidio di Respighi, proposta assolutamente meritoria giusto per ricordarci che Respighi ha composto anche altro rispetto ai soliti tre poemi sinfonici su cui si adagia l'atarassica letargia di molti organizzatori di concerti e di molti direttori d'orchestra.
Di Bach ha eseguito la Partita n. 5 in sol maggiore BWV 829 risalente al periodo 1725/1730, di Shostakovich la sonata per pianoforte n. 2 op. 61 del 1943, scritta fra la VII e l'VIII sinfonia, sonata dove per la prima volta, credo, appare la sigla di Shostakovich DSCH mentre di Shostakovich i 13 Preludi op. 32 del 1910.
Olli Mustonen ha eseguito questi pezzi come se fosse percorso da una corrente elettrica e di questo approccio si aveva una evidenza visiva dal suo approccio alla tastiera. Gran gioco di avambracci e di polso con le dita che quando colpivano un tasto immediatamente lo lasciavano e le mani risalivano verso l'alto con grandi balzi volteggiando come se avessero preso una scossa per poi ricadere. Una tecnica anche piuttosto rischiosa perchè ogni attacco del tasto, soprattutto sul piano o pianissimo poteva essere fallito per un errore anche minimo di misura. Comunque bravissimo Mustonen nel differenziare i piani sonori al millimetro.
Già dal pezzo di Bach si è potuto sentire come il suo tocco fosse estremamente secco e nervoso tanto che nella giga finale, soprattutto dall'attacco della seconda parte, il discorso diventava quasi esagitato; in confronto Gould sembra un tipo molto, molto calmo. In effetti continuo a preferire di gran lunga l'esecuzione di Gould perchè mi è parso che quella di Mustonen fosse veramente troppo estrema per Bach e qua e là poco chiara.
In Shostakovich, visto anche il materiale diverso, le cose sono un po' migliorate anche se il tipo di interpretazione, così analitica ed iperastratta, ha privato l'esecuzione di quel po' di pathos che contiene; anche il finale, un tema e variazioni con momenti molto struggenti, ne è uscito un po' sacrificato ma ha avuto anche momenti magnifici quando il tipo di esecuzione di Mustonen è entrata in simbiosi con gli aspetti più toccatistici della scrittura di Shostakovich.
Per finire anche a Rachmaninov è stato riservato lo stesso trattamento, un Rachmaninov passato ai raggi X. Invano si sarebbero cercati e trovati momenti di languore e slanci di passione così caratteristici nello stile kitsch da salotto portato nelle sale da concerto dal compositore russo. A me Rachmaninov non piace (trovo che tutto quel cumulo di note tenda il più delle volte ad un risultato ben misero, tendente asintoticamente allo zero) e non mi è piaciuto neanche con questo approccio così antiromantico. Pianisticamente di quel periodo continuo a preferire di gran lunga, ma molto di gran lunga, Debussy, Ravel e Skriabin e se fossi un pianista di professione ben difficilmente passerei tanto tempo a studiare il quasi impossibile Rachmaninov; difficile per difficile preferirei studiare Prokofiev o la Concord sonata di Ives o Stockhausen, giusto per dire qualche nome.
Quindi si è trattato di un concerto interessante ma dall'approccio, secondo me, difficile e faticoso.
Pubblico scarsino e abbastanza plaudente ma non si è trattato di un grande e convinto successo.

sabato 12 maggio 2012

Gil Shaham alle Serate Musicali

Ieri sera al Conservatorio, per le Serate Musicali il violinista Gil Shaham, con il suo Stradivari del 1699 "Contessa di Polignac",e il pianista Akira Eguchi hanno fatto un bel concerto.
Nella prima parte hanno suonato la sonatina n. 2 in la minore di Schubert D 385, che ha la leggerezza di un lied trascritto per violino e pianoforte e successivamente il solo violinista ha eseguito la sonata n. 3 BWV 1005 per violino solo di Bach, che è uno dei più grandi monumenti alla musica di tutti i tempi, massima espressione della musica per violino solo; impressionanate vederla suonata.
Nella seconda parte i due artisti hanno suonata la sonata "Niggunim" di Avner Dorman, di cui lunedì scorso Hilary Hahn aveva eseguito il brano dal titolo "Memory Games"; la sonata è dedicata ai fratelli Gil e Orli Shaham (pianista) ed è stata eseguita in prima assoluta il 16 aprile 2011. La sonata è in quattro tempi, con lo schema Adagio - Allegro - Adagio - Allegro dove l'autore recupera varie tradizioni musicali ebraiche. Si tratta certamente di un brano molto ascoltabile e godibile con belle atmosfere nei movimenti lenti e ritmi eccitanti nei movimenti più vivaci ispirati al folklore georgiano e macedone; il finale, in particolare, è particolarmente trascinante: un vero finale virtuosistico che non mi stupirei se venisse adottato da qualche jazzista.
Successivamente è stata eseguita la sonata per violino e pianoforte "In the Country of Lost things" di Julian Milone, secondo violino della Philharmonia Orchestra, che ha composto questo brano su commissione di Gil Shaham. La sonata è stata eseguita in prima assoluta il 3 maggio 2012 a Londra; è in tre movimenti con lo schema Adagio - Allegro - Adagio. La sonata è ispirata dall'omonimo libro di John Auster dove si parla di una ragazza che in una New York post apocalisse cerca di sopravvivere e va alla ricerca del fratello. Aderendo a questo schema la sonata, nei movimenti estremi, manifesta una natura nostalgica, sentimentale, come sull'orlo del nulla, mentre nel movimento centrale si anima in una concitazione che può ricordare qualcosa di Shostakovich o, in modo più parziale, di Prokofiev. Un bel brano di grande atmosfera che sarebbe adattissimo come colonna sonora di qualche film che parli di solitudine o qualcosa di simile.
Per finire la Fantasia da Concerto su Carmen op. 25 di Pablo Martín Melitón de Sarasate y Nevascués, grandissimo violinista post paganiniano. Il brano, che naturalmente sfoggia un virtuosismo stratosferico, è molto divertente, a tratti delirante e che alla fine strappa per forza l'applauso.
Infine, come bis, il Clair de Lune di Fauré, in versione per violino e pianoforte.
Gran successo per Gil Shaham che ha suonato con gran suono sempre molto bello e per il pianista che lo ha accompagnato in modo molto efficace.
Pubblico un po' rarefatto. Molti applausi un po' per tutti i brani ma soprattutto per Bach, Dorman e Sarasate.

venerdì 11 maggio 2012

Per tornare a Beethoven...

Questo è il finale dell'Eroica fatto da Wilhelm Furtwaengler nel 1953. 
Poco più di un anno dopo Wilhelm Furtwaengler sarebbe morto.
Questo finale, naturalmente, è una costruzione musicale strepitosa costruito come una serie di variazioni su un tema, presentato sui pizzicati degli archi, che Beethoven aveva già utilizzato in precedenza per il balletto Le Creature di Prometeo (1801) e per una serie di variazioni per pianoforte (1802).
E' interessante osservare come le prime tre variazioni siano aggraziate e settecentesche intensificandosi man mano fino alla terza dove si arriva ad una corona dopo la quale la musica prende uno slancio nuovo e si lancia nelle variazioni successive di genere completamente diverso. Come dire: signori, la musica è cambiata! Ed in effetti la musica, dopo l'Eroica, era cambiata.
L'esecuzione dei Wilhelm Furtwaengler è una delle pochissime in cui si sente bene questo passaggio (al minuto 2.50) perchè Wilhelm Furtwaengler opera un leggero cambio di tempo accelerandolo in modo che sia più adatto alla musica che segue. Grandissimo e unico!

Beethoven secondo Mahler

Nel concerto di ieri sera in Auditoriom, diretto dal direttore musicale Xian Zhang, erano accostate due opere di Ciaikovskij e Beethoven. Del primo la seconda sinfonia "Piccola Russia", del secondo la terza sinfonia "Eroica" nella revisione di Mahler
La seconda sinfonia di Ciaikovskij fu scritta nel 1873 ma ebbe poi varie revisioni fino alla versione definitiva del 1879. La sinfonia ha una forte impronta russa dal momento che cita alcuni canti popolari ucraini. E' una sinfonia piuttosto briosa, ben scritta, un brano che soddisfa chi la suona e chi l'ascolta. A me personalmente questa sinfonia piace molto, anche se sono ben conscio che non è certo un capolavoro e che talvolta, nel finale, il frastuono è un po' eccessivo. Però ha delle raffinatezze nell'orchestrazione molto notevoli, uno scherzo pieno di energia, un secondo tempo in forma di marcia che sarebbe la musica perfetta da fischiettare mentre si fa un giro in slitta, un finale un po' roboante ma di effetto mentre il primo tempo alterna momenti molto energici ad altri molto poetici. Molto bella l'esecuzione della Xian Zhang che ha sempre controllato l'orchestra in un brano in cui è facile esagerare in certi effetti. Molto bravo il primo corno Sandro Ceccarelli che ha degli assolo piuttosto difficili nel primo movimento superati con bella sicurezza ed espressività.
La terza sinfonia di Beethoven è, per me, la sua sinfonia migliore, quindi, è la sinfonia più grande in assoluto. Soprattutto è incredibile il primo movimento, costruito su elementi tematici minimi la cui potenzialità viene sfruttata fino in fondo costruendo un brano di una compattezza assoluta. 
Come coda delle celebrazioni mahleriane dello scorso anno si è scelto di eseguire la versione revisionata da Mahler nel 1893. Guardando l'elenco degli strumenti mi era preso quasi un colpo vedendo 6 corni, 5 clarinetti, 4 oboi, 4 fagotti e 4 trombe. 
Giova però ricordare che era prassi normale raddoppiare i fiati, pur eseguendo la versione originale. Io stesso ricordo un'Eroica fatta dai Wiener Philarmoniker diretti da Bernstein alla Scala nel febbraio 1978; fu un'esecuzione di incredibile intensità con una marcia funebre da mozzare il fiato.
All'ascolto della versione di Mahler, però, si è visto come per la maggior parte del tempo l'orchestra che suonava era quella nella quantità stabilite da Beethoven e che gli strumenti a fiato in aggiunta hanno suonato solo in alcune occasioni per rafforzare alcuni fortissimi cambiandone anche i connotati. Però tutta l'orchestrazione era un po' cambiata, ad esempio certi passaggi dal piano al forte, così tipici in Beethoven, fatti con dei crescendo, oppure l'aggiunta di interventi nei timpani nella marcia funebre o una rullata piuttosto bruttina nel finale prima della conclusione, oppure certi cambi d'orchestrazione dei fiati, o quelle campane in alto degli strumentini che non aggiungevano nulla allo smalto beethoveniano.
Non si può dire che Mahler abbia stravolto l'Eroica però mi è parso che nessuno dei suoi interventi migliorasse l'effetto della sinfonia o aumentasse il pathos o aggiungesse brillantezza: alla fin fine, quindi, credo che sia stata un'operazione, quella di Mahler, del tutto inutile ed arbitraria e che non esista nulla di meglio dell'orchestrazione originale di Beethoven che ben sapeva quello che faceva. Probabilmente a fine ottocento si pensava che fosse una cosa buona aggiornare la musica del passato alla luce delle nuove tendenze ed anche degli strumenti più perfezionati ma in questo modo si creava una arbitraria sovrapposizione del testo beethoveniano con la personale interpretazione del direttore d'orchestra di turno, fosse anche il grande Mahler; oggi, credo che noi vogliamo ascoltare Beethoven, ed ogni altro autore, per quello che sono avendo con riferimento edizioni il più possibile originali, tenendo comunque conto che ogni direttore d'orchestra ha il diritto si darne poi la "sua" interpretazione, anche perchè non potrebbe essere altrimenti, ma attenendosi al testo originale.
Abituato da troppo tempo alle sonorità beethoveniane ho seguito tutta l'esecuzione un po' a disagio e, forse, anche l'esecuzione, mi è parsa un po' circospetta, un po' trattenuta. Del resto un direttore d'orchestra dirige quello che c'è scritto. Quindi se esegui Beethoven secondo il testo di Beethoven, esegui Beethoven, con tutte le libertà dell'interprete. Se esegui Beethoven visto da Mahler esegui un'assurdità che sembra Beethoven ma che in realtà è Beethoven visto da Mahler e credo che questo porti ad una mancanza di libertà. Un paio di anni fa la Xian Zhang fece l'Eroica nella versione originale e mi sembrò più a suo agio, molto più dinamica e spontanea.
Grande successo soprattutto per Ciaikovskij.

giovedì 10 maggio 2012

Luciano Berio - C'è musica e musica VII puntata - Dentro l'Eroica

Una puntata storica di una storica trasmissione RAI, purtroppo, o ovviamente, di 40 anni fa. In questa puntata Berio parla della più grande sinfonia di Beethoven, l'Eroica, facendone un'analisi esemplare, in un vero discovery concert. Inoltre è particolarmente interessante per tutti gli esempi che fa, anche con altre musiche, e per gli interventi di grandi compositori contemporanei. Mi sono stupito perchè dopo 40 anni mi ricordavo a memoria alcuni interventi, ad esempio quello di Ligeti o di Boulez; evidentemente mi avevano colpito molto.
Molto consigliabile per tutti, sia chi ne sa qualcosa sia per chi non è molto addentro nei fatti musicali, giusto per capirci qualcosa, con un po' di pazienza e di disponibilità all'ascolto.

La Verdi Barocca - Vivaldi vs Bach

Ieri sera ultimo concerto della terza stagione della Verdi Barocca. Si è finito come si era iniziato, con Vivaldi e Bach la cui cantata "Ich habe genug" BWV 82 ha sostituito la prevista esecuzione delle Quattro Stagioni di Domenico Scarlatti.
Di Vivaldi sono stati eseguiti il concerto per due violini e due violoncelli RV 575 e il concerto "fatto per la Solennità della Santa Lingua di Sant'Antonio in Padua" RV 212 per violino, concerto quest'ultimo caratterizzato da un virtuosismo estremo brillantemente affrontato dal primo violino Gianfranco Ricci che ha poi fatto una ciaccona di Biber come bis.
Dagli splendori veneziani con Bach si è passati ad un'atmosfera molto più pensosa e meditativa con la cantata "Ich habe genug" BWV 82, cantata per basso, oboe e archi scritta per la Purificazione di Maria nel 1727 ed eseguita domenica 2 febbraio 1727 e che fu ripresa successivamente nel 1731, nel 1735 e nel 1746/7 in versioni diverse. Nella cantata si richiama la vicenda di Simeone al quale era stato preannunciato che non avrebbe incontrato la morte senza aver prima visto il Messia. Quindi la cantata diventa una contemplazione ed una invocazione della morte verso la quale il credente che ha incontrato Cristo dovrebbe avviarsi con gioia. Le parole però non possono dare l'idea della meraviglia di questa musica e del mondo infinitamente armonioso di Bach. Ottimo, come sempre, il basso Christian Senn ottimamente accompagnato dall'orchestra diretta con la consueta partecipazione da Ruben Jais che per Bach, in particolare, ha una vera passione. Come dargli torto?
Grande successo, addirittura strepitoso.
Per tutti l'appuntamento è alla prossima stagione.

mercoledì 9 maggio 2012

martedì 8 maggio 2012

Shostakovich e la X sinfonia

Il 5 marzo 1953, giovedì, moriva Stalin. Lo stesso giorno, cinquanta minuti prima, era morto anche il povero Prokofiev per cui la sua morte passò del tutto sotto silenzio e al suo funerale andarono pochissimi amici. Pare che Shostakovich, quando ebbe la notizia della morte di Stalin, abbia ballato in casa. Durante l'estate, lasciato passare un po' di tempo, compose la sua X sinfonia ma pare che l'avesse già elaborata in precedenza senza pubblicarla, ovviamente, dopo le varie censure a cui era stato sottoposto dall'apparato del regime e i seri pericoli che aveva corso. Questa sinfonia ha un primo movimento molto tenebroso, angosciante e tormentato mentre negli ultimi due movimenti assume molta importanza il motivo composto sulle lettere DSCH, che sono le iniziali di Shostakovich e che corrispondono alle note re, mi bemolle, do, si naturale secondo la notazione tedesca (lo hanno inciso anche sulla sua tomba). Quindi in questi due ultimi movimenti Shostakovich entra in prima persona nella sinfonia con vari atteggiamenti, ora sospesi nella solitudine come di chi, in una situazione ostile, vuole passare inosservato, ora estremamente vitali come nel finale dove il piccolo tema viene portato in una specie di trionfo, non senza una certa ironia piuttosto amara, forzata e quasi disperata tanto è esagerato il trionfo. 
Il secondo movimento, che credo sia il più breve movimento di sinfonia scritto da Shostakovich sarebbe una descrizione in musica di Stalin. Certamente è una musica molto violenta, minacciosa che fa quasi paura, dove i violini che impazziscono sulle rullate del tamburo danno quasi l'idea di un inseguimento, di una fuga, di un pericolo incombente.
La prima esecuzione della sinfonia avvenne giovedì 17 dicembre 1953 da parte dell'orchestra Filarmonica di Leningrado diretta da Yevgeny Mravinsky, certamente il più grande direttore di Shostakovich e uno dei più grandi direttori d'orchestra del '900.

Hilary Hahn

Ieri sera, per le Serate Musicali, la graziosissima violinista statunitense Hilary Hahn, assieme al pianista Cory Smythe, ha fatto un concerto con un'impaginazione un po' diversa dal solito e che verrà proposto in varie sedi europee assieme ad un altro concerto basato sull'improvvisazione. Il concerto infatti era composto di 8 brevi brani commissionati dalla stessa Hahn a compositori contemporanei nell'ambito di un più ampio progetto di 27 brani da eseguirsi come bis. Si sono così ascoltati Bifu (Brezza) di Somei Satoh, un delicato ed aereo brano minimalista, Torua della neozelandese Gillian Whitehead, un brano ispirato da terremoto avvenuto in Nuova Zelanda nel 2011, anche se non si tratta di una descrizione del terremoto mentre si sentono soprattutto voci della natura, Blue Fiddle, di Paul Moravec, un brano piuttosto brillante che sviluppa una certa dialettica tra i due strumenti, Echo Dash di Jennifer Higdon, Blue Curve of the Earth di Tina Davidson, un brano molto poetico ed evocativo, Memory Games di Avner Dorman, un brano ispirato ad un brano di memoria degli anni '80, un brano molto difficile con continue iterazioni su cambi improvvisi e continui di ritmo, certamente il brano più virtuosistico tra quelli proposti, Solitude d'automne di Bun-Ching Lam, un brano volutamente non virtuosistico nel senso tradizionale e di grande intensità e Whispering di Einojuhani Rautavaara, un brano molto lirico e nostalgico.
Tra questi brani è stata eseguita la deliziosa sonata Op. 12 N. 2 in La maggiore di Beethoven, la seconda sonata di Bach BWV 1003 e lo scherzo della sonata FAE di Brahms, un progetto di sonata a cui il giovane Brahms (ieri, 7 maggio, era il suo compleanno), aveva 20 anni, concorse genialmente componendo lo scherzo, mentre Albert Dietrich e Schumann composero gli altri due.
A ben vedere anche questi brani, nella loro interezza o nei singoli movimenti, sono a loro modo dei bis e come tali vengono utilizzati spesso.
Il concerto è stato molto bello. Hilary Hahn è una gran violinista molto bella anche da vedersi, con un bel portamento molto nobile e una grande armonia nei movimenti ma che soprattutto suona con bel suono, precisione, pulizia e passione. A parte i brani contemporanei a lei dedicati, impressionante il primo movimento della sonata di Beethoven per lo spirito e la leggerezza ed  Bach; veramente esemplare la differenziazione dei piani sonori nella fuga, i piani, i forte, gli effetti di eco e nell'andante, con quella linea del canto e dell'accompagnamento resi in modo così perfetto. Non a caso alla fine del pezzo di Bach, che personalmente continuo a ritenere la massima espressione violinistica, con buona pace di Paganini, la Hahn è stata oggetto di una vera ovazione. Hilary Hahn scrive inoltre molto bene come ho potuto constatare leggendo le note al programma scritte da lei stessa e le note al CD recentemente uscito, che ho acquistato ieri sera, con le quattro sonate per violino e pianoforte di Charles Ives eseguite con la pianista Valentina Lisitsa.
Molto bravo anche il pianista Cory Smythe che è molto impegnato nel campo della musica contemporanea e dell'improvvisazione.
Molto pubblico e grande successo.

giovedì 3 maggio 2012

Britten e Bruckner

Gran concerto stasera in Auditorium. Ne parlo in frettissima e brevemente prima di partire.
Britten meraviglioso con la sua Sinfonia da requiem del 1939/40. Musica intensissima ottimamente eseguita dell'orchestra molto ben diretta da Claus Peter Flor. Un brano che prende dall'inizio alla fine e che meriterebbe di essere più eseguito non avendo nulla da invidiare, ad esempio, ad una sinfonia di Shostakovich, nonostante le ridotte dimensioni.
Poi la nona sinfonia di Bruckner. Non parlo della sinfonia perchè in due righe non è possibile. L'esecuzione mi è parsa ottima con tempi giusti. Memorabile tutto il primo movimento. Lo scherzo, forse, era leggermente troppo veloce; personalmente preferisco un tempo più da totentanz, da ambientazione gotica, tipo quella di Bernstein del 1990 che dà modo ai timpani di fare i tremoli non come una semplice rullata ma come qualcosa di satanico e di violento. Molto bello il finale, oscuro e angosciante ma luminoso alla fine, sul ciglio del nulla, della morte.
Corni ottimi dall'inizio alla fine, chiamati ad un cimento molto arduo ed in genere molto bravi tutti i fiati. Archi compatti con bel suono.
Tralascio su qualche piccolo problema qua e là, ad esempio i pizzicati nella ripresa dello scherzo, perchè non hanno guastato, nel complesso, l'esecuzione.
Grande successo per entrambi i pezzi, compreso Britten che credo sia stato per molti una sorpresa molto piacevole.