venerdì 28 settembre 2012

Back in the USSR

Con il terzo concerto dell'Orchestra Verdi siamo tornati in Russia, o meglio, in Unione Sovietica, URSS, e lo si è fatto con due autori molto diversi, l'armeno di Yerevan Alexander Grigorevich Arutiunian e il russo di Pietroburgo Dmitri Dmitrievich Shostakovich.
Onestamente non conosco molto Arutiunian che è scomparso lo scorso marzo. Leggendo sommariamente la sua biografia spicca il fatto che Arutiunian, a differenza di molti altri, con il regime sovietico non abbia mai avuto particolari problemi e a partire dal 1949 quando scrisse la cantata Patria (ascoltandola, ognuno può giudicare) che gli fece meritare il premio Stalin (erano gli anni del dopoguerra e bisognava essere molto patriottici) ricevette molti altri riconoscimenti e premi per tutta la sua vita. Del resto la sua musica, a giudicare dal concerto per tromba ascoltato ieri sera, è piuttosto orecchiabile, di immediato effetto, autenticamente popolare; una musica che evita cerebralismi e complicazioni, quindi una musica che piace da subito ad un primo ascolto. Nello stesso concerto Arutiunian nel movimento finale ripropone il tema principale del primo nel caso che te ne fossi dimenticato. Comunque il concerto è assolutamente godibile ed è entrato nel repertorio di molti virtuosi dello strumento, come Maurice André. Ieri sera suonava la prima tromba dell'orchestra Alessandro Caruana che è stato bravo con una piccola sbavatura iniziale, piuttosto veniale.
Shostakovich, invece, di problemi con il regime ne ebbe parecchi, con crisi acute nel 1936 e nel 1948.
La decima sinfonia fu scritta nel 1953 ma pare che alcune parti, come il primo movimento, sia stato composto attorno al 1950 e tenuto accuratamente nel cassetto.
Shostakovich scrisse nella sua carriera 15 sinfonie e proseguì quella che in Russia era una vera e propria tradizione. Già dall'ottocento in Russia si scrivevano sinfonie, a partire da Balakirev, Rimsky-Korsakov, Borodin, Ciaikovskij proseguendo poi con Kalinnikov, Rachmaninov, Skrjabin, Glazunov, Stejnberg, maestro di Shostakovich, Mjaskovskij, che ne scriverà ben 27, Prokofiev, Chachaturian, Kabalevskij, ecc. ecc. Con l'avvento del regime la sinfonia divenne un momento musicale assolutamente centrale, divenne uno strumento per portare emozioni ed ideali. Nel 1927 per il centenario della morte di Beethoven si eseguirono tutte le sue sinfonie ma venivano comunemente eseguite anche le sinfonie di Brahms, Bruckner e Mahler e proprio Mahler rappresentò per Shostakovich un sicuro punto di riferimento. Non c'è da stupirsi quindi se una delle primissime composizioni di Shostakoch fosse la sua prima sinfonia Op. 10 (e che sinfonia!) e che, avendo come riferimento Mahler, fosse poco propenso verso i trionfalismi che il regime e magari anche il pubblico si sarebbe aspettato prediligendo toni più pessimistici, intimi e tragici. Di questa impostazione si ha un chiaro esempio con la nona sinfonia Op. 70 del 1945. Era finita la guerra, tutti si aspettavano una grande opera patriottica magari con cori, ed invece egli presentò una piccola sinfonia, con un primo tempo che inizia leggero leggero per proseguire con una ridicola e grottesca marcetta, prosegue con momenti di profonda angoscia e depressione e termina con una specie di luna park talmente allegro da diventare isterico e ironico da dare la netta impressione di dover essere allegro per forza. E' come se Shostakovich si chiedesse: dobbiamo proprio essere allegri? Nel 1948 con Zdanov passò dei guai, fu accusato di formalismo, persino la sua gloriosa settima sinfonia "Leningrado" scritta ai tempi dell'assedio fu messa sotto accusa, per cui preferì ritirarsi scrivendo musiche per film e poco altro che comunque aveva ben poche probabilità di essere eseguito. Di scrivere una nuova sinfonia non se ne parlava finchè il 5 marzo 1953 Stalin passò a miglior vita, nello stesso giorno in cui morì il povero Prokofiev a meno di un'ora di distanza. In quell'estate Shostakovich scrisse, o terminò, la decima sinfonia Op. 93 che fu eseguita il 17 dicembre di quell'anno  dalla Filarmonica di Leningrado diretta da Evgenij Mravinskij con un notevole successo ma anche con discussioni nell'ambito della Lega dei Compositori avvenuta nella primavera dell'anno successivo. La sinfonia ebbe da subito un grande successo internazionale e viene eseguita da grandi direttori come Mitropoulos, che ne realizzò nel 1954 con la New York Philharmonic la prima incisione discografica occidentale, Ancerl, Karajan, ecc.
Questa sinfonia, oltre a possedere questo riferimento al regime e a Stalin, che sarebbe rappresentato in modo esplicito nel furioso secondo movimento, contiene anche riferimenti personali attraverso due sigle musicali. La prima è è quella costituita dalle note re - mi bemolle - do - si che corrispondono alle lettere DSCH, iniziali di Shostakovich (le hanno incise anche sulla sua tomba) che esce allo scoperto in modo palese nel terzo e nel quarto movimento ma viene già presentato nel primo movimento con un ordine diverso, DCHS, e all'inizio del terzo che parte con il motivo CDSH. La seconda sigla è formata dalle note mi - la - mi - re - la che il corno ripete 12 (!) volte nel terzo movimento. Questo tema sarebbe legato al nome di una allieva di cui Shostakovich si era innamorato e che si chiamava Elmira Nazirova (che non era certo una bellezza); soprattutto questo tema ricorda, in modo stilizzato e parziale quello cui i corni iniziano il Das Lied von der Erde di Mahler e che è legato all'immagine della scimmia che urla sul cimitero. Un'immagine di morte che viene accentuata da Shostakovich con il ritorno del tema iniziale della sinfonia nei bassi, così introspettivo e depresso, a cui risponde quasi istericamente il tema DSCH per poi cedere ad una immagine sempre più luttuosa aggravata anche dell'uso del tamtam che porta a conclusione quel movimento in un clima di totale pessimismo con il DSCH che si leva un'ultima volta come un punto interrogativo. Nel finale il motto DSCH verrà proclamato a tutta forza, come un'affermazione personale che tutto spazza via.
Detto ciò ci si chiede se questa sia musica abbia una qualche validità in sé.
Personalmente ne sono sempre stato convinto da quando acquistai nel 1968 (1969?) il disco di questa sinfonia incisa da Mravinskij nel 1955. Mi ricordo che parlando di Shostakovich si disquisiva se alla fin fine non fosse un musicista asservito al regime e se la sua non fosse una musica di propaganda. Io invece ho sempre creduto nella sincerità di Shostakovich e nella validità delle sue musiche. Ad esempio considerando questa decima sinfonia ci si può tranquillamente dimenticare di Stalin e del regime ed apprezzare la costruzione musicale, la sua coerenza, il modo in cui Shostakovich elabora i motivi musicali che ne fa, nel novecento, l'autore forse più vicino a Beethoven per il modo in cui sviluppa la sua musica. Le interpretazioni esistenziali sono poi da prendersi con le pinze perchè è vero che, ad esempio, il primo movimento è claustrofobico e tristissimo e può rappresentare le condizioni di vita e psicologiche di una persona che viveva in quei tempi ma può essere semplicemente interpretato come  il prodotto di angosce personali, come il secondo movimento del quintetto per archi di Schubert.
Personalmente non ho bisogno di questi appigli per apprezzare questa musica e tengo sempre presente che all'utilizzo della musica per la propaganda, come avrebbe voluto il regime, Shostakovich ha sempre opposto la sua grandezza di musicista che nelle sinfonie, nei concerti, nei quartetti, nei trii, ecc. ha espresso la propria complessa personalità e merita di essere apprezzato solo ed esclusivamente per le sue qualità musicali perchè se ogni volta si teve tirare in ballo Stalin, Zdanov, il KGB, ecc. non se ne viene più a capo.
La direzione del concerto era affidata a Gaetano d'Espinosa, giovane direttore d'orchestra palermitano che, in assenza della neo mamma Zhang Xian, la sostituirà anche nel prossimo concerto e dirigerà infine il quinto concerto, che era già programmato con la sua direzione. Mi ha fatto un'ottima impressione. Tralasciando Arutunian, dove comunque è stato ottimo, in Shostakovich è stato grande perché ha saputo cogliere certi passaggi sottili con molta sensibilità e ha tenuto in pugno l'orchestra con grande autorevolezza in un brano certo non facile. Forse solo nel secondo movimento sarebbe stata necessaria un po' di ferocia in più ma faccio il paragone con Mitropoulos e Mravinskij, insuperati ed insuperabili nell'evocare in certi momenti un clima che rasenta l'autentico terrore con le raffiche dei violini, i colpi di tamburo e la minaccia degli ottoni. In ogni caso bravissimo ed ottimamente assecondato dall'orchestra che, giova ricordarlo, è l'unica orchestra italiana che ha inciso tutte le sinfonie con Oleg Caetani (figlio del grande Igor Markevich) e le ha eseguite svariate volte in concerto con grandissimi direttori come Rudolf Barshai (amico di Shostakovic), Vladimir Jurovsky (indimenticabile la sua settima di qualche anno fa che si trova su itunes), Fedoseyev, ecc. per cui in questo repertorio ha una certa autorevolezza anche a livello internazionale.
Poco pubblico ed è stato un peccato. Comunque un caloroso successo, un po' bradipo nella partenza ma con la poca gente che c'era e quella che non applaude timidamente se non quando esce il direttore nonostante parlando col vicino dica: "Bello, pero!" non si poteva pretendere di più. Bisogna organizzare un corso con il seguente programma: 1) quando si applaude, 2) tecnica dell'applauso per non produrre un rumore da 2 decibel.

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