mercoledì 11 luglio 2012

Johann Sebastian Bach a Milano

Ieri sera ha preso il via il Festival di musica antica di Milano che si concluderà il 29 agosto con un concerto con musiche di Haendel a cura di Ottavio Dantone e l'Accademia Bizantina. In mezzo ci sarà Stefano Montanari che suonerà le sonate e partite per violino solo di Bach, Jos van Immerseel che suonerà le suites francesi, sempre di Bach, Rinaldo Alessandrini che con il Concerto Italiano eseguirà musiche di Geminiani, Galuppi e Vivaldi, Carlo Boccadoro che con Sentieri Selvaggi eseguirà Il Rimedio della Fortuna, da Guillaume de Machaut, con musica di Filippo del Corno, la Messa di Notre Dame dello stesso Guillaume de Machaut, e tanto altro.
Come l'anno scorso si era iniziato in Auditorium con l'Accademia Bizantina ed Ottavio Dantone che avevano eseguito in una sola serata i sei concerti brandeburghesi, così quest'anno si è ancora iniziato con la musica di Bach, ovvero con le quattro Suites orchestrali eseguite dall'Orchestra Barocca di Venezia diretta da Andrea Marcon

Il genere della suite origina prbabilmente dagli estratti da opere francesi, alla Lully,dove ad una ouverture dalle dimensioni considerevoli seguono una serie di danze. Bach scrisse quattro suite (BWV 1066-1069, una quinta suite BWV 1070 è di sicuro spuria) che non costituiscono un ciclo. Sono scritte per complessi diversi ma non così vari come nei concerti brandeburghesi.
La suite n. 1 BWV 1066 risale al periodo 1724/25 o anteriore; è in do maggiore ed è scritta per due oboi, fagotto e archi.
La suite n. 2 BWV 1067 in si minore risale al 1738/1739 ed è scritta per flauto e archi.
La suite n. 3 BWV 1068 in re maggiore fu scritta attorno al 1731  e prevede tre trombe, due oboi e timpani, oltre agli archi.
La suite n. 4 BWV 1069 in re maggiore fu scritta attorno al 1725 e prevede tre trombe, tre oboi e timpani e gli archi.
Le suite n. 3 e 4 hanno un carattere festoso, pomposo, scintillante ed estroverso, ma la suite n. 3 contiene la famosa aria dal carattere raccolto scritto per soli archi dove Bach crea una notevole tensione tramite la dissonanza e dove Bach trasforma le parti interne che accompagnano la melodia principale da un sottofondo armonico ad un delicato e pregnante contrappunto creando un bellissimo dialogo tra i due violini.
La suite n. 2 è più raccolta ed intima dove Bach, adottando anche stili del concerto italiano, trasforma l'ouverture in una sorta di concerto per flauto.
La suite n. 1 è in un certo senso la più tradizionale con la sua orchestrazione per due oboi

Gran concerto. Non avevo mai ascoltato questo complesso, dal vivo o in disco, in esecuzioni che non fossero di autori italiani. Essendo veneziani o comunque veneti, il complesso nasce nel 1997 dall'incontro del trevisano Andrea Marcon e l'Accademia di San Rocco, è naturale che il loro repertorio sia soprattutto dedicato ad autori di quell'area, in particolare a Vivaldi di cui sono straordinari interpreti come è facile verificare ascoltando, ad esempio, la registrazione discografica o in concerto delle Quattro Stagioni o di vari concerti e sinfonie fatte in collaborazione con Giuliano Carmignola.
Ieri sera hanno affrontato Bach con grande baldanza ed entusiasmo dando esecuzioni molto vitali, vorticose nei giri di danza che Bach organizza nelle varie suites, tra Bourrée, Gavotte, Menuet, Passapied, Polonaise, Badinerie e Gigue. Alcune volte ho l'impressione che certe esecuzioni di musiche antiche, nel caso specifico Bach, siano delle gare di velocità; nel loro caso, invece, i tempi erano giusti e la concertazione sempre molto chiara e trasparente, anche nei momenti più concitati, come, ad esempio, il brano conclusivo della quarta suite, la Rejouissance.
Ottimi i solisti, il flauto di Michele Favaro nella seconda suite, le tre trombe nella terza e quarta suite e gli oboi.
Il concerto era dedicato alla memoria di Gustav Leonhardt che aveva suonato anche lo scorso anno in questo festival e che avevo avuto la fortuna di poter ascoltare per l'ultima volta.
Gran successo decretato da un pubblico non particolarmente numeroso.
Fenomeno strano, questo: l'anno scorso per Dantone non c'erano neanche posti in piedi eppure l'Orchestra barocca di Venezia e Andrea Marcon godono di una vasta fama internazionale e hanno suonato ovunque in giro per il mondo raccogliendo grandissimi successi. Ho osservato questo fenomeno anche nei concerti dello scorso inverno quando per Uto Ughi, grandissimo violinista, il conservatorio era pieno tanto che ho preso posto sul palco a tre metri dal pianoforte, mentre per Hilary Hahn o Gil Shaham o il Trio di Parma o il Quartetto di Cremona c'era tutto il posto che si voleva. E' proprio vero che il pubblico, al di là della bravura degli interpreti, viene attirato dal nome famoso. A questa stregua se si organizzasse un concerto in cui Giovanni Allevi suonasse, poniamo, qualche preludio e fuga dal clavicembalo ben temperato, o dirigesse un paio di brandeburghesi, assieme a sua musica, giusto per farci capire dove Bach aveva sbagliato, ammesso che trovasse un'orchestra che si prestasse ad una simile operazione, bisognerebbe chiamare la forza pubblica per mettere ordine in un pubblico alla ricerca spasmodica di un preziosissimo biglietto.


2 commenti:

  1. Io la butto lì, poi vediamo cosa succede. Comunque farsi quattro risate per una trentina di minuti al giorno fa solo bene alla salute, aumenta le difese immunitarie e Giovanni Allevi dovrebbe essere prescritto dai medici.

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