venerdì 25 novembre 2011

Beethoven e Ciaikovskij

C'è un momento della sesta sinfonia di Beethoven, "Pastorale", che invariabilmente mi riporta alla memoria un ricordo d'infanzia.
Ero, come tutte le estati, dai nonni materni, nella campagna veronese. Mio nonno che di professione faceva il commerciante e mediatore d'affari, aveva anche alcune proprietà terriere e di tanto in tanto ci andava per vedere come stavano le cose; così un giorno siano andati in un suo campo che produceva fieno. Gli uomini falciavano e caricavano i carri. Alla fine sono stato issato sopra uno di questi carri, ricordo ancora il profumo del fieno, e siamo tornati verso casa. Era sera, ormai. Quando siamo arrivati nel cortile il sole era tramontato dietro la collina di fronte, il cielo era blu, nell'aria c'era un buon profumo di cibo, dalle finestre si vedevano le luci accese. Io guardai verso il cielo dove c'era già uno spicchio di luna e mi dissi: "Questo me lo ricorderò per tutta la vita" ed è stato proprio così e la cosa curiosa è che avrò avuto 8 anni. Ora, quel senso del cuore che ti balza nel petto per un'emozione così forte io la sento nella sesta sinfonia di Beethoven e precisamente all'inizio dello sviluppo (circa al minuti 5 del video) del primo movimento quando i violini primi e secondi si rimbalzano il motivo iniziale dandosi la parola l'un l'altro in due crescendo con l'intervento del flauto e dell'oboe su un ostinato degli altri archi; è la possessione di Dioniso (enthousiasmos) che entra in me provocandomi uno stato di estasi apollinea (ekstasis) intesa come uscita da sé; è più forte di me, ma purtroppo sono costretto a stare seduto su una poltroncina.
L'esecuzione che Oleg Caetani ha dato della sinfonia è stata sicuramente buona ma forse è stata tenuta troppo in un livello medio, cioè non c'erano molte differenziazioni di intensità. Anche il temporale, che deve produrre al suo scoppio un effetto terrificante, pur nella semplicità dei mezzi impiegati (non c'è la macchina del vento come nella sinfonia delle Alpi di Strauss!), non faceva un effetto particolarmente terribile e la scena al ruscello era molto uniforme. Sicuramente però era ammirevole la continuità e la fluidità del tempo ma certo, per Beethoven, ci vuole un'intensità un po' superiore. Peccato perché l'esecuzione di Caetani della settima sinfonia, ad esempio, è molto bella, e l'allegretto, proprio grazie a quella continuità del tempo così flessibile, è impeccabile nella sua interpretazione ma in una sinfonia come la sesta, opera dalle dinamiche più tenui, se non si differenziano i piani sonori in modo accurato, si rischia di apparire troppo uniformi. Inoltre non ho apprezzato che non siano stati eseguiti i ritornelli del primo e terzo movimento. Personalmente, se fossi direttore d'orchestra, i ritornelli li farei sempre.
Nella seconda parte del concerto è arrivato Manfred di Ciaikovskij ispirato ad un'opera di Byron come l'Aroldo in Italia di Berlioz. Proprio Berlioz era stato invitato in Russia da Balakirev e vi aveva portato la sua sinfonia fantastica e l'Aroldo, commissionatogli da Paganini che glielo aveva pagato profumatamente (in anticipo! lui genovese!) anche se poi non lo aveva mai suonato perché la parte della viola solista era troppo facile. Se Aroldo vaga tra le montagne dell'Abruzzo finendo per incappare in una banda di briganti, Manfred vaga per le Alpi dove ha un idillio con una ninfa. L'opera è basata su un tema tormentone che rappresenta Manfred e che si ripresenta sotto varie forme un po' ovunque, seguendo la narrazione, e soprattutto si impone in tutta la sua forza e carica passionale nei finali del primo (minuto 4.40) e del quarto movimento dove si raggiunge un autentico parossismo. Quando Ciaikovskij compose quest'opera era convinto di aver scritto un capolavoro tranne poi ricredersi, a causa delle continue incertezze del suo carattere, tanto da arrivare sul punto di distruggerla. Certamente in quest'opera c'è un momento particolarmente infelice ed è la fuga che ad un certo punto compare nel finale. Stranamente questa è un'opera ancora poco conosciuta. Molti direttori che pure eseguono le sue sinfonie, i concerti, i poemi sinfonici ed altre opere orchestrali, non hanno mai eseguito Manfred. Inoltre questa è un'opera che quando viene eseguita viene in genere tagliata in vari modi per cui la sue esecuzione può andare dai 45 ai 60 minuti. Stranamente la eseguiva Toscanini che pure con Ciaikovskij ci andava molto cauto tanto che delle sue sinfonie eseguiva solo la sesta, mi pare. Caetani, che l'aveva già diretta in Auditorium alcuni anni fa, l'ha eseguita in modo convincente ma, anche qui, forse in alcuni punti forse un po' di partecipazione e di passione in più non avrebbe guastato.
Ottima prova dell'orchestra con tutte le prime parti chiamate ad essere protagonisti e archi compatti e con bel suono.
Pubblico poco numeroso, buon successo anche se non clamoroso.

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