venerdì 9 novembre 2012

Concerti

Questa mia settimana musicale è iniziata lunedì al Conservatorio dove Alexander Lonquich, grande pianista tedesco, ha eseguito i due libri dei Préludes di Claude-Achille Debussy, di cui quest'anno ricorre il 150° anniversario della nascita. Belle esecuzioni da parte di Lonquich e gran bel concerto.
Mercoledì, invece, alla Scala Daniel Barenboim, nella veste di pianista, con Daniel Harding come direttore, ha tenuto un concerto dove ha eseguito il terzo concerto di Beethoven e il primo concerto di Ciaikovskij. Premesso che Harding è stato splendido nelle sue esecuzioni ben concertate e condotte con bel gesto, parco ma deciso e sicuro, le prestazioni di Barenboim sono state alterne. Il suo Beethoven è stato ottimo, del resto già negli anni '60 Barenboim eseguì ed incise i concerti di Beethoven nientemeno che con Otto Klemperer. Con Ciaikovskij, secondo me, si è trovato un po' in difficoltà soprattutto nei due tempi estremi. Certi passaggi di ottave da fare fortissime e velocissime, a metà del primo movimento, ad esempio, non erano molto soddisfacenti e anche nel finale dove il pianista è chiamato ad una prestazione piuttosto atletica Barenboim, secondo me, ha rivelato di non essere l'interprete ideale di questa musica; nulla a che vedere con pianisti tipo Horowitz o Richter e se non sei in possesso di mezzi fisici eccezionale questo concerto è meglio evitarlo. Molto bello e poetico, invece, il secondo movimento, con momenti veramente incantevoli anche per l'ottima intesa con l'orchestra di cui Barenboim faceva quasi il direttore principale. Poi sono iniziati i bis chopiniani. Come primo ha suonato il notturno op. 27 n. 2; bella esecuzione. A seguire il walzer op 64 n. 1; esecuzione buona ma non molto chiara nell'articolazione della mano destra (Blechacz, nel video, è su un altro pianeta!). Non contento si è prodotto in un terzo bis, la polacca op. 53 "Eroica" e qui, purtroppo, le cose sono andate piuttosto male. In realtà non ne voglio neanche parlare perché è stato imbarazzante (Horowitz nel video o Rubinstein stanno dall'altra parte della galassia). Dico solo che un grande artista come è Barenboim dovrebbe sapere ciò che può fare bene e ciò che è meglio evitare. Quello Chopin non fa per lui ed è inutile e fastidioso che tenti di sopperire ad evidenti difficoltà tecniche (ancora terribili passaggi di ottave) con un'accentuazione dell'intensità pestando sui tasti e sul pedale approdando così ad un'esecuzione confusa e massimamente approssimativa. Dovrebbe portare anche più rispetto per la Scala e ricordarsi che lì chiunque è chiamato ad esibirsi al top delle proprie possibilità e capacità. Grandi applausi con qualcuno che ha tentato di dissentire. Personalmente sono troppo discreto per mettermi a muggire come un vitello per cui me ne sono andato sperando che non facesse un ulteriore bis.
Ieri sera in Auditorium si teneva invece il nono concerto della stagione della Verdi coprodotto con Milano Musica, rassegna di musica contemporanea, diretto da Andrea Pestalozza, figlio di Luciana Pestalozza Abbado, sorella di Claudio Abbado e recentissimamente scomparsa.
Il concerto si è aperto con un pezzo di Marco Stroppa, Let me sing into your ear, scritto nel 2010 ed in prima esecuzione in Italia. Il pezzo è scritto per corno di bassetto amplificato ed orchestra da camera. Il solista, Michele Marelli che è anche il dedicatario del pezzo, stava su una pedana sul fondo mentre davanti, tra il direttore e i primi violini, c'era l'amplificazione. Il pezzo è in due parti A e B ognuna divisa in tre sezioni dai titoli strani (Irredento, Rintanato, Marmoreo, Pulviscolante, ecc.).
Le dinamiche sono piuttosto ridotte e solo in alcuni parti la musica si agita mentre per la maggior parte del tempo le sonorità sono tenui, come provenienti da un grande distanza. Pezzo un po' evanescente ma di bell'impatto sonoro e fatto di belle atmosfere anche se non ho capito bene dove volesse andare a parare.  Bravissimo il solista.
A seguire è stato eseguito il concerto per tre pianoforti ed orchestra di Niccolò Castiglioni, brano del 1983 ma in prima esecuzione assoluta dal momento che lo stesso Castiglioni ne impedì la pubblicazione. Forse la sua pudicizia gli vietava di pubblicare un pezzo così scoperto, così eccessivo. In effetti, conoscendo altri brani dello stesso autore, questo Castiglioni mi ha sorpreso molto. Il concerto è in sei movimenti ma il tutto dura circa 15 minuti. Nei primi 5 tempi i tre pianoforti non intervengono molto nel discorso che viene condotto essenzialmente dall'orchestra. Nel finale, invece, i pianoforti prendono decisamente l'iniziativa e dopo una serie di gesti pianistici arrivano ad un accordo che viene ripetuto per 190. L'effetto è stranissimo perchè in ogni istante pensi che la musica debba cambiare in qualche modo ma ciò non accade finchè improvvisamente il primo pianoforte parte con un motivetto da canzonetta che viene immediatamente commentato, violentato, variato dagli altri due pianoforti; man mano si unisce tutta l'orchestra creando un guazzabuglio sonoro fatto di gesti violenti e caotici a cui mette improvvisamente fine un percussionista, nella fattispecie Stefano Bardella, posizionato a fianco del direttore che fino a quell'istante era stato lì ad ascoltare pazientemente e ad un certo punto si è alzato con l'aria di dire "Adesso vi sistemo io" e presi i piatti si è prodotto in un clamoroso colpo di piatti a due.
Non si può dire che si tratti di un brano che non colpisce. A me è piaciuto e credo che potrebbe diventare anche un brano con una certa notorietà se gli verrà data l'occasione di essere eseguito.
Sui primi due pezzi ho sentito le solite battute tipo: "Una musica così la comporrei anch'io" battute vecchie e banali che si potrebbero evitare e che non sono per niente originali. Considerando che ho abbastanza anni, ma non troppi, da aver sentito un idiota fischiare un brano di Debussy (nel 1969 in un concerto diretto da Abbado), affermazioni simili mi scivolano via come l'aria fresca e vorrei chiedere a questi geni che sanno tutto di musica: "Scusi, perchè Beethoven è un compositore importante? Come ascolta lei Beethoven? Trova gradevole la Grande Fuga? Secondo lei Mahler è ancora un autore contemporaneo e ai suoi tempi scriveva musica contemporanea?" e sarebbe per me fin troppo facile ricordare i tempi in cui, fine anni '60, la gente alla Scala se ne andava durante l'esecuzione della V di Mahler diretta nientemeno che da sir John Barbirolli (c'ero) o che Mitropoulos agli inizi degli anni '50 dovette redarguire il pubblico scaligero che fischiava il Wozzeck di Alban Berg spiegando loro che si trattava di un capolavoro scritto 30 anni prima (non c'ero). Questo perché ho il fondato sospetto che nell'ascolto della musica prevalga l'abitudine facendola passare per classicismo e superiorità su quanto viene proposto di nuovo.
Il concerto si è concluso con la prima sinfonia di Mahler, una delle cose di Mahler che mi piace di più. Premesso che nel complesso ho ascoltato esecuzioni migliori di questa sinfonia si deve però riconoscere che si è trattato di un'interpretazione non banale né scontata con momenti molto belli, ad esempio lo scherzo e il trio e molto bello anche il terzo movimento, vero centro della sinfonia e praticamente di tutto Mahler con una parte centrale dove viene citato l'ultimo lied, Die zwei blauen Augen, dai Lieder eines fahrenden Gesellen riorchestrato da Mahler in modo stupendo. Leonard Bernstein o Bruno Walter in quel punto sono commoventi fino alle lacrime ma Andrea Pestalozza non è stato da meno coadiuvato splendidamente dall'orchestra. Soprattutto mi è parso che l'esecuzione data da Andrea Pestalozza, anche se qua e là un po' faticosa, sia stata molto chiara ed abbia messo bene in evidenza alcune peculiarità del linguaggio di Mahler che si sarebbero sviluppate nelle opere successive. (Mi chiedo quando qualcuno si prenderà la briga di programmare la sinfonia in mi maggiore di Hans Rott il cui ascolto rivelerebbe tante affinità con il linguaggio di Mahler che, del resto, aveva di lui un'altissima stima).
Comunque grande stima e ammirazione per Andrea Pestalozza come musicista in genreale ed in particolare per il suo grande impegno nella diffusione del repertorio contemporaneo e naturalmente, e soprattutto, per la sua mamma che tanto ha fatto per Milano e per la musica.
L'orchestra ha suonato bene ma non sempre al meglio, soprattutto i corni.
Buon pubblico con parecchi giovani ed un pubblico anche diverso dal solito data la presenza di musica contemporanea, cosa, peraltro, che come ai tempi di Abbado alla Scala o come accade in luoghi come Berlino, Amsterdam o Londra, dovrebbe essere la normalità.
Questi concerti sono stati anche l'occasione per rivedere tante persone che già incontravo 30, 40 anni fa. Gli anni sono passati ma siamo ancora qua e ho scoperto una volta di più che mi fa molto piacere rivedere queste persone perchè abbiamo condiviso in vari modi tante cose belle e che voglio molto bene a tutte loro.


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