venerdì 19 marzo 2010

Stagione 2009/10 de LaVerdi - Concerto N. 23


Olivier Messiean scrisse la sinfonia Turangalila a seguito di una commissione della Boston Symphony e del suo direttore Serge Koussevitzky. Messian la scrisse tra il 1946 e il 1948, mentre la prima esecuzione si tenne a Boston il 2 dicembre 1949 diretta dall'allora trentunenne Leonard Bernstein che sostituì Serge Koussevitzky malato.
Questo brano fa parte di una trilogia ispirata al mito di Tristano e ne costituisce il pannello centrale. La prima parte è un ciclo di canzoni, Harawi, Chants d'amour et de mort, nome inca di un genere di canto d'amore che in genere termina con la morte degli amanti, dove Messiaen, per i testi, oltre al francese utilizza anche inserti in lingua Quechua.
La sinfonia Turangalila, invece, è uno dei brani sinfonici più imponenti di tutto il '900 musicale. Serge Koussevitzky, il committente, reputava che, assieme alla Sagra della primavera di Stravinskij, si trattasse del brano più importante del '900 (nel 1950).
Prevede un'orchestra enorme (10 percussionisti, 10 contrabassi, ecc.) con un pianoforte concertante che ha parti cadenzali molto difficili e le onde Martenot che creano atmosfere incantate, estatiche e soprannaturali.
Turangalila è una parola sanscrita composta da turanga, che è il tempo che scorre, movimento, ritmo, e lila, gioco divino, della creazione, della distruzione. Messiaen disse che era semplicemente un "canto d'amore".
Originariamente Messiaen pensava di scrivere una vera sinfonia in 4 movimenti ma alla fine divenne un pezzo in 10 movimenti. I movimenti 2, 4, 6 e 8 sono incentrati sul tema dell'amore, estatico, passionale che trova il proprio culmine nell'ottavo movimento, Développement de l'amour; stupendo anche il sesto, Jardin du sommeil d'amour, dove il sonno amoroso produce il paesaggio assolutamente statico disegnato dalla musica dove si inseriscono i delicati inserti pianistici con richiami al canto degli uccelli, grande passione e centro poetico di tutta l'opera di Messiaen, assieme all'incrollabile fede cristiana e alla ricerca sul ritmo.
I movimenti 3, 7 e 9 sono le tre Turangalila; sono movimenti minacciosi, misteriosi.
Il quinto movimento, Joie du sang des étolies, è l'unione cosmica dei due amanti, un brano dall'eccitazione ritmica e di colori orchestrali assolutamente irresistibile.
Il tutto è incorniciato da una Introduzione, dove si presenta uno dei temi fondamentali della composizione, negli ottoni in fortissimo che intonano il tema della statua, e dal finale di incontenibile agitazione ritmica.
Per me questo brano è uno dei più grandi capolavori della musica. Non si può dire che Messiaen non pensasse in grande quando componeva; ad esempio il finale è basato su una cellula ritmica piuttosto normale ma è incredibile il modo in cui Messiaen lo sviluppa fino a costruire un edificio sonoro smisurato, un po' come succede nell'ultimo tempo delle Visions de l'Amen per due pianoforti del 1943, dove un corale viene espanso e portato alla glorificazione più totale e realmente luminosa, come una luce vera.
Allo stesso modo termina la Turangalila, con una luce abbagliante.
Pubblico da concerto per abbonati con musica del '900, quindi scarso. Quelli che ancora hanno difficoltà, diciamo così, con questa musica, sono probabilmente gli stessi che quarant'anni fa non andavano ad ascoltare alla Scala la V sinfonia di Mahler diretta da Barbirolli, o la VII fatta da Horenstein o la IX fatta da Bernstein con i Filarmonici di Vienna (platea vuota!), o uscivano tra un movimento e l'altro simulando un impegno improvviso o un attacco improvviso di gastroenterite acuta, e che ora Mahler lo ascoltano perchè alla fin fine ci hanno fatto l'abitudine, come con Beethoven che ascoltano fin da bambini e di cui conoscono le nove sinfonie, che poi sono 4 (III, V, VII e IX) e poco altro. Per Messiaen invece bisogna probabilmente aspettare i pronipoti. Non è certamente musica di semplicissimo ascolto e ci vuole anche un po' di pazienza e ci si deve lasciare andare a queste visioni, ma almeno bisogna provarci! Non possiamo ancora sentire commenti che manca melodia (solita critica alla musica "moderna"), che le dissonanze... ecc. per una musica che ha più di mezzo secolo.
Juanjo Mena, direttore spagnolo allievo di Celibidache che aveva diretto lo scorso anno una VIII sinfonia di Bruckner non molto convincente dal punto di vista della visione architetturale, e che aveva iniziato con il Preludio e morte di Isotta, ha ben diretto Messiaen con tempi abbastanza sostenuti, non velocissimi, ottimamente coadivato da Simone Pedroni al pianoforte e da Valerie Hartmann Claveire alle onde Martenot. Orchestra in gran forma (erano quasi di più loro del pubblico).

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