mercoledì 12 dicembre 2012

Il museo dei bambini di Praga

A Praga, città magica, tra le tante cose da vedere e visitare c'è un posto particolare dove non si può mancare di andare. Si tratta della zona del quartiere ebraico. Verso la fine dell'ottocento fu quasi completamente abbattuto per lasciare il posto a nuovi palazzi di lusso. Si salvarono la sinagoga vecchia-nuova e alcune costruzioni attorno al vecchio cimitero ebraico. In una di queste costruzioni, una ex sinagoga i cui muri sono rivestiti da circa 80.000 nomi di ebrei morti nei campi di concentramento, nel matroneo, la zona riservata alle donne, è stato ricavato lo spazio per ospitare un piccolo museo dovo sono esposti disegni di bambini ebrei internati nei campi e lì morti.
Si tratta naturalmente di una galleria molto triste anche perchè i disegni sono accompagnati dalle fotografie di questi bambini e bambine, la cui espressione davanti alla macchina fotografica è sempre sorridente e quasi o apparentemente fiduciosa nei confronti di un avvenire che non avrebbero vissuto.
Guardando quei disegni, però, ci si accorge di come, accanto a  disegni che rappresentano il campo, le baracche, il filo spinato, le guardie, ma senza scene di violenza, ci siano molti disegni colorati, con scene marine, prati verdi, cieli azzurri, scene serene. Si può pensare che essendo solo dei bambini non si rendessero del tutto conto di quale fosse l'orrore nel quale erano costretti a vivere. Forse sarà anche vero ma da un lato mi sono venuti in mente analoghi disegni visti nel museo dell'olocausto di Gerusalemme, con quei disegni di bambini che immaginavano di volare nello spazio, e dall'altro mi è venuto naturale fare un'associazione con un libro che quasi per caso (ma in realtà ho scoperto da tempo che non leggo quasi mai dei libri per caso e per dei motivi strani un determinato libro mi capita tra le mani nel momento giusto) ho letto recentemente, il Diario 1941-1943 di Etty Hillesum.
Ebbene, Etty, che non era una bambina ma una donna di quasi trent'anni, una donna attiva, che lavorava, che aveva storie amorose ed una vita sessuale attiva, nel suo diario, accanto a varie considerazioni e riflessioni che riguardavano la sua persona e la situazione generale che era disastrosa ad Amsterdam dove viveva prima di essere internata, accanto a momenti in cui improvvisamente esprimeva tutta la sua angoscia per il futuro che, lo sapeva bene, non avrebbe portato alcuna salvezza, accanto a tutto ciò non perdeva mai occasione per dire e proclamare a gran voce che la vita è bella, che è degna di essere vissuta fino in fondo e che è piena di significato. Come poteva essere bella una vita come quella facevano lei, i suoi parenti e i suoi amici? Eppure lei trovava la bellezza in un fiore primaverile sbocciato sul davanzale, in un tramonto, in un'amicizia, in un amore, nella poesia, nella musica, e la forza nella propria dignità di persona umana che nessuno avrebbe mai potuto scalfire ed umiliare opponendosi alla tecnica nazista che consisteva innanzitutto nel provocare l’avvilimento fisico e psichico delle loro vittime.

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