venerdì 22 marzo 2013

Musica sovietica (o quasi)

Musica sovietica, o quasi, nel concerto in Auditorium di ieri sera diretto da Giuseppe Grazioli.
Il primo brano era la suite dal Pulcinella di Igor Stravinskij, tratta dal balletto scritto nel 1922, che a quell'epoca se ne era già andato via dalla Russia sovietica da parecchi anni, su musiche di Pergolesi e altri, pezzo con il quale Stravinskij inaugura il periodo neoclassico. Per l'occasione Stravinskij, che a dire il vero aveva già abbandonato da qualche tempo le grandi orchestre dei primi balletti per rivolgersi ad ensemble molto più contenuti, utilizza un'orchestra che si potrebbe dire alla Haydn se non fosse per il trombone e il quartetto d'archi in assoluto rilievo mentre il contrabbasso solista non era una novità neanche per Haydn (vedi ad esempio il trio del minuetto della sinfonia n. 8). Non si deve pensare che queste musiche siano semplicemente delle trascrizioni dove Stravinskij dimostra la maestria di trascrittore; in realtà si tratta di vere e proprie reinterpretazioni e reinvenzioni realizzate con il suono, il timbrico e la ritmica tipici di Stravinskij. Esecuzione bella ma non brillantissima.
Seguiva il secondo concerto per pianoforte di Shostakovich, del 1957. Shostakovich, che fu veramente un musicista sovietico perché non andò mai via dall'Unione Sovietica, era un pianista di notevole bravura ma stranamente non ha dedicato al pianoforte le sue opere più alte come ha fatto nel campo della sinfonia, del concerto per violino e orchestra, del concerto per violoncello e orchestra o del quartetto. I suoi due concerti per pianoforte hanno un carattere piuttosto sbarazzino ed impertinente, quasi buffonesco in alcune parti. Questo secondo concerto contiene però un movimento centrale, un Andante, di grande tenerezza e dolcezza dove il pianoforte sgrana una semplice melodia sopra l'accompagnamento delicato degli archi che intonano una melodia mesta, meditativa, introspettiva, di grande tristezza e che lo stesso pianoforte riprende fondendosi meravigliosamente con gli archi. Questo movimento non è semplicemente un pezzo sentimentale, scritto per il figlio che compiva diciannove anni e comprendo bene quanto è grande la tenerezza di un padre per un proprio figlio, che può provocare un lieve brivido di emozione, ma è un pezzo che dietro questa dolcezza rivela una vera tragedia come spesso accade con Shostakovich. L'esecuzione al pianoforte era affidata a Boris Petrushansky che torna in Auditorium con una certa regolarità. Petrushansky è un pianista strepitoso, autore tra l'altro di un'ottima integrale discografica delle opere pianistiche di Shostakovich e ha eseguito in modo meraviglioso il concerto ed in particolare l'andante in modo molto sentito, assieme a Giuseppe Grazioli e a tutta l'orchestra che si sono prodotti in una strepitosa performance. Bis ciaikovskiano (individuato grazie ad un autorevole suggerimento), il valzer finale dalle Stagioni.
Il terzo brano il Tenente Kijé op. 60 di Prokofiev, un brano del 1934 scritto per un film satirico basato su un fatto storico avvenuto alla fine del Settecento sotto lo zar Paolo I di un inesistente soldato nato da un errore di trascrizione ma di cui la burocrazia, per coerenza, inventa atti eroici, un matrimonio e l'eroica morte.  Bella e ironica la musica di Prokofiev, piena di colori.
L'ultimo brano in programma era la suite da Masquerade di Aram Kachaturian che era un georgiano come Stalin. Il brano risale al periodo 1941/1944. Kachaturian è famoso soprattutto per il balletto Gayane, e in particolare per la famosa Danza delle spade che apre la prima suite. Sarebbe bello che qualche volta si eseguisse anche il suo concerto per pianoforte o quello per violino o una sinfonia, la seconda, ad esempio. La suite di Masquerade, comunque, è un bel brano aperto da un gran valzer,  un brano molto famoso, che è stato anche bissato.
Un bel concerto, anche divertente come accade spesso con Giuseppe Grazioli, di cui non si può non ricordare il particolare impegno con i concerti altrettanto eclettici della domenica mattina, molto ben suonato e diretto.
Pubblico numeroso con molti ragazzi delle scuole in galleria che, a onor del vero, si comportano in modo molto educato.
Successo vibrante.

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