venerdì 1 marzo 2013

La terza sinfonia di Mahler

Ieri sera in Auditorium è stata eseguita la terza sinfonia di Gustav Mahler che è probabilmente, dipende dai tempi che si tengono, la sua più lunga sinfonia.
Si tratta di un'opera immensa, non solo per la durata, ma per la vastità visionaria dei panorami che si aprono nell'ascolto di questa musica.
Nel suo svolgimento Mahler compie un percorso che partendo dal tormentato primo movimento giunge ad una visione finale, una luce accecante.
La sinfonia, scritta tra il 1893 e il 1896, era originariamente pensata in sette movimenti con una progressione, un'ascesa verso l'alto partendo dalla visione terrestre del primo movimento e progredendo, secondo una indicazione di Mahler, con ciò che ci dice il mondo dei fiori, degli animali del bosco, l'uomo, gli angeli, l'amore, la visione della vita paradisiaca; quest'ultimo movimento però fu tolto per costituire il finale della successiva sinfonia.
La sinfonia, pur nella sua lunghezza, ha una grande tenuta e una sua propria coerenza. Ad esempio, subito dopo la fanfara iniziale, che cita l'inizio del finale della prima sinfonia di Brahms, irrompe un motivo oscuro e tenebroso che si ritroverà identico nel quarto movimento, relativo all'uomo e all'oscurità in cui vive. Più avanti, nel primo movimento, il trombone intona un tema che riprende, modificandolo leggermente, un motivo della terza parte del Requiem di Brahms, là dove si parla dello scopo della vita. Il primo movimento quindi pone questi temi angosciosi a cui si contrappone una gaia marcetta, che è sempre basata sulla fanfara iniziale, in maggiore, e che porterà il movimento alla sua trionfale conclusione passando attraverso slanci e ripiegamenti. Quegli slanci si ritroveranno nel finale dove però la conclusione luminosissima sarà trovata nell'intensificazione sempre più profonda del tema iniziale che riprende da vicino quello dell'adagio dell'ultimo quartetto di Beethoven. Il terzo movimento nasce da un lieder giovanile, Ablosung im Sommer, dove si parla di un cuculo nel bosco che è morto e di un usignolo che ne prenderà il posto nel canto e in modo meraviglioso e pieno di atmosfera tutti i rumori del bosco vengono zittiti più volte da una cornetta di postiglione che canta da lontano. Il quinto movimento, con il coro, anticipa il lieder che concluderà la quarta sinfonia.
Certamente Mahler si prende molto tempo per dire tutto quello che ha da dire e per costruire un intero mondo, un'utopia che già nella quarta sinfonia mostrerà qualche incrinatura, pur terminando, come estrema propaggine, con una visione paradisiaca, e andrà in frantumi con la quinta sinfonia. Però la lunghezza di questa sinfonia è apparente, almeno per me, dal momento che, al contrario, mi sembra terminare sempre molto presto; una sinfonia dove il tempo scorre molto velocemente.
Tra tutte le edizioni discografiche ho sempre amato molto quella diretta da Leonard Bernstein, sia quella degli anni '60 sia quella degli anni '80 (il suo finale è di un'intensità assolutamente incredibile), e quella diretta da Dmitri Mitropoulos il 30 ottobre 1960 a Colonia che dopo l'esecuzione partì per Milano dove alla Scala doveva dirigere la medesima sinfonia e dove il 2 novembre morì durante le prove del primo movimento stroncato da un infarto.
Ieri sera dirigeva la Xian Zhang che aveva già diretto la sinfonia un paio di anni fa. Rispetto ad allora, dove la Xian mi era sembrata un po' sovrastata dalla sinfonia, ho trovato l'esecuzione molto migliore, con una bella concertazione che metteva bene in evidenza i particolari dell'orchestrazione di Mahler. I tempi erano corretti, forse leggermente rapidi in alcune occasioni, ma nel complesso erano ben adeguati e la Xian Zhang ha tenuto saldamente in mano la sinfonia dall'inizio alla fine con grande intensità e concentrazione. Ottimi i cori dei bambini e delle donne e molto brava la mezzosoprano Carina Vinke.
Prestazione dell'orchestra molto buona con qualche piccola sbavatura nei fiati con le prime parti tutte in bella evidenza.
Pubblico numeroso. Successo piuttosto vivo.

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