Ancora un programma interamente russo per l'orchestra Verdi, due brani di Ciaikovskij e uno di Shostakovich.
Si è iniziato con il Capriccio italiano, pagina universalmente famosa. Personalmente penso di averlo ascoltato per la prima volta 44 anni fa ed ha smesso di piacermi meno di un anno dopo. Di tanto in tanto lo incontro di nuovo, come si incontrerebbe una vecchia conoscenza, per la quale magari ci si era presa anche un'infatuazione giovanile, ma dove ad ogni incontro si capisce che si era fatto bene a tagliare i ponti. Questa composizione infatti, secondo il mio gusto, a parte un momento felice nella tarantella, risulta piuttosto banale e volgare. Capisco che per un russo del XIX secolo, l'Italia, o la Spagna fossero paesi esotici, ma quel baccano inscenato da Ciaikovskj, come pure quella marcia lugubre dei fiati che potrebbe andare bene per una processione religiosa sulle parole "Vade retro Satàn", sono un po' troppo, per me. Molto meglio allora la reminiscenza d Berlioz nell'Aroldo in Italia nella marcia dei pellegrini, o la Jota aragonesa di Glinga o anche il Capriccio spagnolo di Rimsky-Korsakov, oppure, ancora meglio e rimanendo su Ciaikovskij, quel capolavoro di passione che è il Souvenir de Florence, opera per sestetto d'archi ma eseguibile anche in versione per orchestra d'archi.
L'altro brano di Ciaikvskij era la suite dallo Schiaccianoci. Speravo che fossero eseguiti brani dalla seconda suite invece è stata seguita la prima con l'inserimento solo del grande e bellissimo e appassionatissimo Pas de deux prima del Valzer dei fiori. Per quanto riguarda l'esecuzione di questo famosissimo valzer volevo solo far notare una particolarità dell'esecuzine lasciataci in disco da Toscanini. A parte il carattere incalzante e plastico dell'esecuzione, quando entrano i violini per l'esposizione del loro bel tema, nella ripetizione Toscanini esegue un ritmo puntato che dà uno slancio e un brio incredibile all'esecuzione. Si tratta di una licenza toscaniana; nessun altro lo fa ed è un peccato, a parte il fatto che per farlo con quel rigore e vigore bisognerebbe essere Toscanini, quindi meglio evitare.
Tra questi due brani era incastonato il concerto per pianoforte, orchestra d'archi e tromba di Shostakovich, brano del 1933 di un Shostakovich ventisettenne, sbarazzino e biricchino quanto mai. Questo è un brano che trasmette proprio allegria e gioia di vivere. Credo che poche volte come in questo brano Shostakovich rida e si diverta così di gusto e rivendichi il diritto di ridere con la musica. I tempi cupi sarebbero arrivati di lì a poco con le purghe staliniane ma qui non c'è traccia di ciò, neanche nel sommesso movimento lento, così poetico nel gioco degli archi con gli interventi delicati della tromba e del pianoforte. Nel finale invece tutto esplode con grotteschi interventi della tromba e frenetici e deliranti entrate del pianoforte tra glissandi e numeri degni di un pianista da saloon con la mano sinistra che impazzisce in salti clamorosi. Nel concerto hanno suonato la prima tromba dell'orchestra Alessandro Caruana e Boris Petrushansky, gran pianista che era già stato in Auditorium qualche anno fa per suonare un brano di Schnittke.
Il direttore era Evgeny Bushkov, alla sua terza apparizione in Auditorium, bravo ma senza particolari colpi di genio.
Molto pubblico. Buon successo.
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