mercoledì 23 giugno 2010
Stagione 2009/10 de LaVerdi - Concerto N. 36
La scorsa settimana si è conclusa la stagione sinfonica con l'esecuzione dell'oratorio Paulus di Mendelssohn; composizione ben raramente eseguita in Italia e quindi in genere ben poco conosciuta, vuoi per la lingua tedesca, vuoi per il genere in sè che non è tra i più popolari alle nostre latitudini.
Mendelssohn fu il più grande bambino prodigio della storia della musica, anche più di Mozart, perchè, come osserva Rosen nel suo bel libro "La generazione romantica", nessuno, prima di raggiungere i diciannove anni potè eguagliare la perizia di Mendelssohn, una perizia sbalorditiva che possedeva già a sedici anni e che gli permetteva di controllare perfettamente la composizione nelle sue macro e microstrutture.
La prima esecuzione del Paulus avvenne a Dusseldorf il 22 maggio 1836. Piacque tantissimo a Schumann che lo contrappose a Les Huguetots di Meyerbeer, indicato come la via conduce al male. Si sa che Mendelssohn, nella settimana santa del 1829, aveva dato la prima esecuzione, dopo 100 anni, della Passione secondo Matteo di Bach, dando quindi un contributo decisivo alla rinascita d'interesse per quell'autore che non era mai veramente venuto meno all'interesse dei musicisti (Beethoven suonava il Clavicembalo ben temperato) ma che certamente era in larga misura scomparso dalle sale da concerto e dalle chiese. Mendelssohn quindi, osservando l'opera di Bach e di Haendel, inaugurò un filone musicale ottocentesco che ha a che fare con il rapporto tra musica e religione che arriva al Parsifal di Wagner, a La forza del destino, al Don Carlos, all'Aida di Verdi. Con lui la religione entrò nelle sale da concerto, sollecitando in realtà non un senso religioso autentico, ma un senso di devozione e un certo timore reverenziale. Il Rosen etichetta tutto ciò con la definizione di Kitch religioso.
Comunque a me il Paulus piace e mi è sempre piaciuto fin da quando negli anni '60 lo ascoltai alla radio suo terzo programma, quando il terzo programma trasmetteva ancora musica! L'avevo anche registrato sul mio Geloso con i tasti colorati e lo ascoltavo spesso, in tedesco, senza capirci nulla delle parole, ma non aveva nessuna importanza. Poi l'ho perso di vista completamente per diversi anni ma alcune arie e cori di tanto in tanto mi tornavano in mente come dei feticci. Mi bastava sentire il nome Paolo perche alcune musiche mi tornassero in mente. Naturalmente quando ho potuto ho comprato i CD ma dal vivo non lo avevo mai potuto ascoltare.
Facendo un'imperfetta scelta tra i vari brani segnalo l'ouverture, il primo coro, la scena della lapidazione di Stefano che comprende tre recitativi, due splendidi cori ed un corale centrale e l'haendeliano coro Mache dich auf, "Alzati!" che viene subito dopo la rivelazione sulla via di Damasco. Ascoltando questo modo di trattare le voci e i cori si capisce, ad esempio, da dove viene una certa musica, ad esempio, di Brahms, quella del Canto del destino, della Rapsodia per contralto e coro, o lo stesso Requiem.
L'occasione è stata ottima perchè la direzione è stata affidata a Helmuth Rilling, un autentico specialista del genere, che l'ha diretto a memoria. Bravi i cantanti, soprattutto il basso Konstantin Wolff, anche se in possesso di una voce non particolarmente imponente, e la mezzosoprano Bettina Ranch. Grande performance del Coro. Pubblico non foltissimo, probabilmente non attratto dalla novità del titolo. Del resto è noto che anche i più grandi autori sono conosciuti per non più di una dozzina di titoli e di Mendelssohn chedo che se si esula dalla sinfonia Scozzese, dalla sinfonia Italiana, dal concerto per violino, dal Sogno di una notte di mezza estate, si entra in un campo piuttosto sconosciuto, qui da noi. Comunque chi c'era ha apprezzato moltissimo applaudendo tutti, tenendo anche conto del fatto che l'orchestra era praticamente dimezzata a causa del contemporaneo impegno al Festival dei due mondi di Spoleto.
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