venerdì 3 dicembre 2010

Porgy and Bess


Ieri sera abbiamo avuto la prima delle tre repliche della versione in forma di concerto curata dal direttore Wayne Marshall di Porgy and Bess di Gershwin.
Il '900 non è stato un secolo molto favorevola all'opera. Sono scomparse le figure gigantesche dei grandi creatori di sole opere, Verdi, Rossini, Wagner, Bellini. Però, nonostante tutto, nel '900 abbiamo avuto delle grandi opere scritte da autori che non erano operisti. Non si può certo negare che non siano grandi opere il Pelleas di Debussy, il Wozzeck e Lulu di Berg, Barbablu di Bartok, Lady Macbeth di Shostakovich, Mosè e Aronne di Schoenberg, ma anche Erwartung, le operine di Ravel, Oedipus Rex di Stravinskij e il suo Rake's progress del 1951, Peter Grimes, ecc. di Britten. C'è anche l'opera italiana soprattutto con Puccini, ultima propaggine di una grandissima tradizione iniziata da Jacopo Peri e dal divino Claudio Monteverdi, e la sua Turandot che è una grandissimo capolavoro, almeno per quanto riguarda il primo atto; trascuro gli altri italiani perchè molto semplicemente non li frequento e me ne tengo a distanza ben volentieri.
In America Gershwin già dai primi anni '20 pensava di scrivere un'opera e trovò un buon soggetto in un libro di Edwin Heyward, Porgy, una storia scritta in parte in inglese ed in parte in dialetto Gullah, una comunità di neri schiavi angolani.
Nacque così Porgy and Bess, con il libretto di Ira Gershwin e dello stesso Heyward, che andò in scena a New York il 10 ottobre 1935.
Dal punto di vista della forma Porgy and Bess non si discosta molto da un'opera tradizionale, alla Verdi o, soprattutto, alla Puccini. Ci sono arie, concertati, parti recitate, ariosi, molto colore locale, alla Puccini.
Quando scriveva l'opera, Gershwin si teneva sul pianoforte la partitura dei Maestri cantori di Wagner e di Boris Godunov di Mussorgskij. Se queste erano le influenze esterne, Gershwin, però, non poteva esimersi da essere se stesso; ecco quindi i blues, i vaudeville, i numeri da musical.
Per ascoltare nella sua integrità Porgy and Bess ci vuole un po' di pazienza perchè non è fatto tutto di canzoni famose; si può quindi rimanere facilmente delusi, ma non accade lo stesso con un'opera di Bellini o di Verdi, almeno inizialmente, da cui la pratica orrenda delle selezioni, oggi per fortuna abbandonata? Però, con un po' di costanza e cercando di entrare nella sua lunghezza d'onda, alla fine si riesce ad apprezzare del tutto quest'opera.
Come per tutte le opere famose dei secoli XVIII e XIX, molte arie di Porgy and Bess sono diventate molto famose e sono state rifatte da moltissimi cantanti, una su tutte Summertime, che penso abbia avuto tanti rifacimenti quanti ne ha avuti Yesterday dei Beatles. Esiste anche una bella suite sinfonica che raduna i temi principali.
Nella versione concertistica data ieri sera, Marshall ha eliminato i recitativi e salvaguardato le parti cantate più significative cercando anche di mantenere una certa coerenza narrativa.
Grande esecuzione, con quattro cantanti neri, Kevin Short, Indira Mahajan, Angela Renée Simpson e Ronald Samm, fenomenali.
Grandissima direzione di Marshall, del tutto a proprio agio con questo repertorio che è il suo repertorio. Apprezzo il fatto che Marshall, negli anni passati, abbia anche cercato di eseguire altri tipi di musiche; certamente i risultati sono stati molto alterni, buoni in una prima di Mahler, discutibile in una seconda di Sibelius, presa un po' troppo di petto, catastrofici nella nona di Beethoven dell'anno scorso, presa a passo di carica neanche stesse correndo dietro a un gruppo di indiani che avevano appena svaligiato una diligenza.
Grandissima prova del coro e di tutta l'orchestra.
Teatro praticamente sold out (questa sera mi pare che non ci sia più posto, e penso anche domenica).
Grandissimo successo per tutti con sonori fischi yankee.
Insomma, una bella occasione per ascoltare qualcosa di diverso nell'ambito di una stagione sinfonica.

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