venerdì 28 marzo 2014

War Requiem

Nel giro di due anni e mezzo l'orchestra Verdi ha eseguito due volte una delle opere più belle e toccanti di Britten e di tutto il '900 in musica.
La prima esecuzione si era svolta alla Scala per l'inaugurazione della stagione sinfonica. Era l'11 settembre 2011. Serata memorabile dedicata al decennale dell'attacco alle torri di New York.
Bellissima serata anche quella di questa sera con un'esecuzione impeccabile dove mi pare tutto abbia funzionato a dovere in una partitura non facile che prevede due orchestre che si intersecano e un coro di voci bianche dislocato in posizione decentrata rispetto al grosso degli organici. Alla Scala il coro di voci bianche era nel palco reale, in Auditorium nelle prime file della galleria, in posizione centrale. Forse non è stata una soluzione ideale per chi era in galleria immediatamente dietro al coro, ma probabilmente non c'erano alternative.
Il Requiem di Britten è una musica per i defunti in cui si pone l'accento in modo deciso sul tema della guerra e della morte e quindi del cumulo di macerie e di morti che ogni guerra si lascia sempre dietro. Su questo si indugia con grande sensibilità tramite alcune poesie di Wilfred Owen, poeta morto in guerra a 25 anni il 4 novembre 1918, che si alternano e si fondono con il testo canonico  Si tratta quindi di un'opera drammaticamente antimilitarista in cui la soavità delle parti poetiche rende ancora più evidente la tragedia della guerra.
Ottimi i solisti, su tutti, per me il tenore Mirko Guadagnini: non sarà Peter Pears ma quasi.
Bravissimi i cori e impeccabile il coro di voci bianche diretto dalla grande Maria Teresa Tramontin.
Ottima la resa delle due orchestre, quella "grande" diretta da Xian Zhang, e quella "piccola" diretta da Ruben Jais.
I due Konzertmeister per l'occasione si sono scambiati le parti rispetto alla Scala, così Luca Santaniello capitanava l'orchestra "piccola" e Nicolai von Dellinghausen la "grande".
Per finire una parola su Britten. Ci sono stati tempi in cui musicisti estremamente impegnati nell'avanguardia guardavano con disprezzo a un musicista come Britten perché evidentemente troppo tradizionalista. Luigi Nono, ad esempio, si rifiutò di stringergli la mano, in un'occasione nel 1959, un gesto assurdo, ma penso che la musica di Britten sarà eseguita ancora in un'epoca futura quando la musica di Nono non lo sarà più, perché irrimediabilmente invecchiata.

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