Già da quest'opera molto giovanile emerge in modo clamoroso la bravura di Maderna nella scrittura per coro, eredità della gran tradizione tutta veneziana (Gabrieli).
Il video che segue riproduce l'audio della prima esecuzione del 2009.
Cela est bien dit, répondit Candide, mais il faut cultiver notre jardin. Voltaire
Il concerto è terminato con Sheherazade op. 35 di Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov, scritto nel 1888 praticamente in contemporanea con altre due pagine orchestrali molto famose, La grande pasqua russa, op. 36, e il Capriccio espagnol, op. 34 del 1887, tre occasioni per scrivere altrettante composizioni dai colori sgargianti, tre manuali viventi di orchestrazione che saranno pure, come le ha definite un dottissimo studioso, "cime luminose del kitsch musicale europeo", ma che personalmente ho sempre trovato assolutamente godibili. E' interessante, ad esempio, vedere come l'orchestra di Rimskij-Korsakov, che a parte l'aggiunta dell'arpa e di alcune percussioni sostanzialmente è uguale all'orchestra di Brahms, suoni in modo completamente diverso andando in una direzione che porterà al primo Stravinskij che di Rimskij-Korsakov sarà allievo e che porterà alle estreme conseguenze l'insegnamento del suo maestro. Si sbaglierebbe però a pensare che Sheherazade sia un brano con il quale Rimskij-Korsakov sfoggia soltanto la sua abilità di orchestratore. In realtà egli utilizza la sua abilità per costruire un brano in cui l'orchestrazione sempre mutevole diventa espressione e sentimento arrivando anche a momenti di grande emozione come nel finale in cui il violino, che rappresenta Sheherazade, viene avvolto dal tema del sultano con cui, minacciosamente, si era aperta l'opera, che alla fine è placato, dolce, colmo di un pieno sentimento amoroso e tutto questo viene realizzato semplicemente con i colori dell'orchestra.
Stravinskij di Vivaldi disse più o meno che aveva scritto 500 volte lo stesso concerto. Da un certo punto di vista non aveva torto senza considerare però quale e che varietà di concerti Vivaldi ha scritto, per quanti strumenti solisti e immettendo nella forma del concerto musica sempre molto interessante e di grande livello. Certo non si può dire che siano tutti dei capolavori ma è indubbio che nel loro insieme costituiscano un caleidoscopio irrinunciabile della musica barocca. Questi due concerti per viola d'amore, uno strumento assolutamente affascinante, ne sono stati, nella loro diversità, una prova evidente. E' stato molto interessante anche il confronto con Bach, tra la musica più autenticamente italiana e quella tedesca, anche se con influenze francesi e italiane evidenti, scritta da un autore, Bach, estremamente strutturato, solido come la roccia ma anch'esso con una vena di follia e di puro divertimento che ne fanno, non il noioso e pedante compositore che quando ero più giovane mi volevano far credere che fosse, ma uno dei più eccitanti compositori che siano mai nati, un compositore assolutamente moderno e sempre da scoprire e riscoprire.
La IV sinfonia di Beethoven op. 60 risale al 1806 e si colloca tra due sinfonie di grandissimo impegno, ovvero la terza sinfonia "Eroica" op. 55 e la quinta op. 67. Però la quarta si colloca anche in un periodo in cui Beethoven produce tantissima musica che costituisce il nucleo del suo periodo eroico, quello che più tipicamente si definisce beethoveniano, con il triplo concerto op. 56, la sonata "Appassionata" op. 57, il quarto concerto per pianoforte op. 58, i tre quartetti Rasumowsky op. 59, il concerto per violino op. 61, l'ouverture "Coriolano" op. 62, la sesta sinfonia "Pastorale" op 68, ecc.
I cantanti mi sono sembrati mediamente molto buoni. Il protagonista era interpretato da Bryn Terfel che è stato molto autorevole. Molto brave le comari, Alice fatta da Carmen Giannattasio, sua figlia Nannetta fatta da Ekaterina Sadovnikova, Mrs. Quickly fatta da Marie-Nicole Lemieux e Meg fatta da Manuela Custer. Molto efficaci, ad anche ben interpretati, il Bardolfo di Riccardo Botta, il Pistola di Alessandro Guerzoni e il Dr. Cajus di Carlo Bosi. Buono anche il Fenton di Antonio Poli, con qualche piccola incrinatura mentre il Ford, alias Signor Fontana, di Massimo Cavalletti, che era alla sua prima recita, non mi ha particolarmente impressionato.