Il primo concerto della XX stagione dell'orchestra Verdi doveva essere diretto dal suo direttore musicale Zhang Xian che aveva diretto domenica il concerto inaugurale che per tradizione si tiene alla Scala. La Zhang Xian, come si era visto in modo evidente, si trovava in uno stato più che interessante, come si usava dire una volta per non dire che era incinta al settimo mese, come era peraltro accaduto nel primo concerto che la stessa aveva diretto alcuni anni fa in Auditorium. Il lieto evento era atteso per i primi di novembre. L'altra volta il parto era avvenuto a scadenza regolare negli Stati Uniti. Questa volta, invece, il piccolo Riccardo ha voluto essere milanese e così ha pensato bene di nascere mercoledì mattina all'alba, a casa, ed accolto poi dalle rassicuranti strutture sanitarie della clinica Mangiagalli.
Ovviamente auguro al piccino di vivere abbastanza a lungo per riuscire a vedere il XXII secolo, migliore di questo, e gli auguro che per quel tempo che io non vedrò ci siano ancora gli orsi polari e che la Terra non vada in riserva a settembre.
Per quanto riguarda la Zhang Xian spero che ora si riposi un po' e non sia presa dalla tentazione di risalire sul podio tra un paio di settimane. D'accordo che è tosta ma è pur sempre una donna che ha partorito un figlio!
Stante questa situazione voluta dalle divinità ctonie, sul podio è stato chiamato Jader Bignamini, protetto dalla dea glaucopide Atena e da Artemide dalla bionda conocchia.
Era già successo una volta l'anno scorso ma in un intervallo tra la prima e la seconda parte a causa di un lieve malore della Zhang Xian (la seconda parte era una robetta da nulla, la V sinfonia di Mahler).
Questa volta invece si è assunto l'onere di tutto il concerto dedicato a musiche russe.
Si è partiti con colui che a ragione si può considerare a ragione il papà della musica russa, ovvero Michail Ivanovic Glinka di cui è stata eseguita l'ouverture dall'opera fiabesca Ruslan e Ludmila. L'ouverture è un brano turbinoso che richiede un notevole virtuosismo da parte di tutta l'orchestra, in particolar modo dagli archi. L'esecuzione è stata bella e tenuta ad un tempo giusto, più vicini a quanto fa ad esempio Gergiev (che dirige con lo stuzzicadenti) che non Mravinsky, che tiene un tempo quasi insostenibile per qualsiasi orchestra che non fosse la Filarmonica di Leningrado dei suoi tempi, ovvero la più grande orchestra del pianeta.
A questo inizio spumeggiante sono seguiti due brani di Sergei Prokofiev, ovvero il secondo concerto per violino. op. 63 e una suite dal balletto Romeo e Giulietta, op. 64. Come si vede dalla numerazione si tratta di due composizioni contemporanee composte nel 1935 nel momento in cui Prokofiev ritorna nell'Unione Sovietica, con un tempismo veramente micidiale per godere di uno dei momenti più cupi della storia di quel paese. Non era facile scrivere musica dovendo convivere con i dettami di quel regime ma Prokofiev, che possedeva una certa facilità melodica, riuscì a confezionare due opere che senza essere assolutamente moderniste non erano nemmeno retrogade. In effetti queste musiche sono un po' senza tempo e meravigliose proprio per questa loro ambiguità.
Il secondo concerto è molto lirico e privo di grandi contrasti ma con dei risvolti oscuri e inquietanti da non trascurare, come nel primo tempo e nel finale del terzo. Splendido il secondo movimento con una bellissima melodia del violino che viene ripetuta tre volte, la seconda sugli arpeggi dei violoncelli e la terza con un bellissimo dialogo tra solista e primi violini per chiudersi poi tra fremiti e brividi. Personalmente ho sempre preferito il primo concerto, op. 19, per un certo tono sarcastico ed astratto che quello possiede, ed in genere preferisco il primo Prokofiev (tipo il balletto Il Buffone) però l'esecuzione di ieri sera è stata veramente splendida grazie alla giovane violinista Francesca Dego ottimamente assecondata dall'orchestra. Non si possono rendere con le parole le sensazioni che vengono date da un'esecuzione perchè sono troppo i particolari anche minimi di cui si compone. Potrei dire che bastava ascoltare come la Dego ha proposto la prima frase del violino nel primo movimento per capire con quanta sensibilità suonasse. Tutto il secondo tempo è stato splendido e l'orchestra, ottimamente diretta, ha dialogato benissimo con lei. Concerto difficile, con un sacco di note da suonare. Grande prova di una Dego che ho trovata molto maturata artisticamente. Bis paganiniano seguito da un altro bis suonato in coppia con il primo violino dell'orchestra, Luca Santaniello, ovvero il primo tempo della sonata per due violini dello stesso Prokofiev.
Nell'ultima parte è stata proposta una scelta di brani dalle suite predisposte da Prokofiev da Romeo e Giulietta.
Prokofiev predispose due suite orchestrali, op. 64 bis e ter e successivamente un'ulteriore suite, op. 101; nel frattempo aveva pubblicato una suite di dieci pezzi per pianoforte, op. 75.
In nessuna di queste suite Prokofiev costruisce una sequenza che abbia una qualche attinenza con lo svolgimento dell'azione. I direttori d'orchestra raramente eseguono una suite intera preferendo scegliere qua e là per costruire una propria trama. Il giovane Abbado, ad esempio, negli anni '60 incise con la London Symphony una suite (molto eccitante) che partiva, come nell'esecuzione di ieri sera, con i Montecchi e Capuleti e si concludeva con la Morte di Tebaldo che eseguì, tra l'altro, nel primo concerto che in assoluto ascoltai alla Scala. La scelta dei pezzi intermedi però era del tutto diversa. L'Abbado degli anni berlinesi invece ha fatto una nuova incisione discografica con una scelta di brani tali da riprodurre l'azione del balletto, fino a Romeo sulla tomba di Giulietta seguendo con maggiore ampiezza quanto aveva fatto negli anni '50 Dmitri Mitropoulos che a capo della New York Philharmonic consegnò al disco quella che, secondo me, è la più grande esecuzione di quelle musiche (infiniti i dettagli, basterebbe il sax della ripresa dei Montecchi e Capuleti). Tra le edizioni complete amo molto quella diretta da Valery Gergiev.
L'esecuzione di Jader Bignamini è stata molto sostenuta ed anche energica, dove serviva, ma anche delicata nel ritratto della giovane Giulietta, ad esempio.
Bella esecuzione salutata da grandi applausi da un pubblico abbastanza folto.
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Jader Bignamini... ma trovarsi un nome d'arte?
RispondiEliminaMa sai, lui viene dall'orchestra dove suonava il clarinetto piccolo ma da sempre aveva il pallino della direzione d'orchestra e pian piano è riuscito a coronare questa sua aspirazione. Sarebbe un po' difficile essere Jader Bignamini come clarinettista alias Hans Castorp Hoeplinski (padre polacco, mamma tedesca ma nonno materno italiano)come direttore d'orchestra.
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