
Uscendo dalla casa si può andare a sinistra o a destra.



Mahler era arrivato in quel posto dopo la grande tragedia
del 1907 quando venerdì 5 luglio gli era morta la figlia maggiore Maria Anna,
detta Putzi, di 5 anni. Può esistere una tragedia peggiore della morte di una
figlia? No, questo lo posso dire con assoluta certezza. Quello stesso anno
Mahler si fece visitare dal medico che curava sua moglie che era distrutta e il
medico gli diagnosticò una malattia cardiaca. La sua vita cambiò e anche la sua musica cambiò nella consapevolezza del proprio stato. È indubbio,
infatti, che dall’ottava sinfonia alle composizioni successive, le ultime tre,
c’è uno stacco molto grande. Dopo la morte della figlia Mahler fuggì dalla casa estiva di
Maiernigg sul Wörthersee e spostandosi verso occidente arrivò a Toblach dove
passò quel che rimaneva di quella estate del 1907.
Nell’estate successiva compose il Das Lied von der Erde, il
canto della terra, su poesie tratte da una raccolta di poesie cinesi tradotte
dal poeta tedesco Hans Bethge che in realtà non tradusse dal cinese ma da due
edizioni precedenti in francese.
Il Das Lied von der Erde è il primo approccio di Mahler alla
morte, alla consapevolezza del proprio destino. La morte non è evocata
direttamente ma è sottintesa.


Azzurro eterno è il firmamento, e la terra
È destinata a lungo a rimanere immobile
E a rifiorire in primavera..
Ma tu, uomo, ancora vivrai?
dove si vede come si pone il confronto tra l’eternità della
terra e il destino effimero dell’uomo.
Questo tema ritornerà nell’ultimo lied, Der Abschied (L'addio), che da solo dura
quanto i primi cinque assieme ed è uno dei capolavori assoluti di Mahler da
accostare al primo movimento della IX sinfonia. In questo lied, mentre scendono
le luci del crepuscolo sulla valle e nell’aria vibrano suoni della natura, una
persona aspetta un amico per dargli l’ultimo addio. Questa prima parte è in
prima persona. Nella seconda parte, dopo uno dei più grandi passaggi
orchestrali di Mahler, ma tutta l'orchestrazione così rarefatta e che crea un enorme effetto spaziale di questo lied è un miracolo, il discorso prosegue in terza persona, aspetto questo da
non trascurare osservando come il discorso autobiografico diventa un destino
comune. Egli scende da cavallo ed fa un brindisi con l’amico e con il brindisi
gli annuncia la sua partenza:
Cerco pace al mio cuore solitario
Vado via, torno in patria, il mio sito.
Mai più di lì mi muoverò per andare lontano.
Tace il mio cuore e attende con ansia la sua ora!
La cara terra dovunque
Fiorisce in primavera e verdeggia
Sempre di nuovo. Dovunque, eternamente
D’azzurro s’illuminano i lontani orizzonti!
Eternamente… eternamente…
Il lied termina spegnendosi in una rarefazione crescente
(quanto ne è stato influenzato Shostakovich nei finali, ad esempio, della IV e
della XV sinfonia!) ed è impressionante il fatto che mentre per due volte la
parola “ewig” viene ripetuta due volte sulle note mi-re, re-do, per altre tre volte
la parola viene detta una sola volta sulle note mi-re, negando l’approdo al do;
è come un paesaggio che diventa sempre più blu sfumando. Forse è così che si
muore.
Dell’esecuzione in sé parlo con difficoltà, non perché non
sia stata buona, ma perché per me questa è una musica da ascoltare
interiormente nel silenzio, in un luogo appartato, con i piedi sull’erba e la
testa tra le nuvole.
Comunque sono stati tutti molto bravi, il primo flauto
Massimiliano Crepaldi e il primo oboe Luca Stocco che soprattutto nell’ultimo
lied sono molto impegnati in interventi molto espressivi, il primo clarinetto Raffaella Ciapponi, il primo fagotto Andrea Magnani, tutti gli altri fiati in generale, il primo corno Giuseppe Amatulli,
e, sempre per mettere in evidenza i solisti, il primo violino Nicolai von
Dellinghausen (sostituiva Luca Santaniello impegnato nel triplo di Beethoven
che occupava la prima parte del concerto) che era impegnato un po’ ovunque nei
vari lied in parti solistiche, in particolare nel quinto, e che come al solito ha fornito un'ottima prestazione.
Il direttore Xian Zhang ha ben diretto Mahler ottenendo una
gran prestazione dall’orchestra. Non mi è piaciuto molto, però, il IV lied che secondo me è stato condotto ad un tempo troppo spedito, privo di quegli indugi, di quella calma e voluttà di cui è ricca quel testo, ed inoltre nella selvaggia parte centrale non è stata molto incisiva. Per quanto riguarda i cantanti, la
mezzosoprano Carina Vinke ha una bella voce un po’ carente, però, sui bassi,
mentre il tenore John Daszak non mi è molto piaciuto, in generale.
Nella prima parte, con Luca Santaniello al violino, Mario Shirai Grigolato al violoncello e Simone Pedroni al pianoforte, c’era il triplo concerto di Beethoven, opera un po’
snobbata. Certamente non è portatrice di chissà quali messaggi ma si ascolta
molto volentieri ed è comunque Beethoven, anche se un Beethoven che si stava riposando un po'. La Xian Zhang ha diretto in modo un po' anonimo, senza particolari slanci, però l’esecuzione mi ha convinto nel movimento lento ed in parte
nel finale, ma con alcune pecche, mentre mi è parso che nel primo movimento l’esecuzione
fosse un po’ incerta e con alcuni problemi di intonazione dei solisti; forse era la prima e
le cose miglioreranno nelle serate successive.
Molto pubblico. Successo soprattutto per il triplo di
Beethoven.
PS
Le traduzioni dei lied sono di Quirino Principe e di Ugo Duse.
Quando sono uscito dal concerto ieri sera e mi sono incamminato nel breve tragitto verso l'auto e nell'ancor più breve tragitto, temporalmente, in auto ero molto incerto se scrivere qualcosa, ma non sapevo bene perchè non avessi voglia di scrivere. Poi ho pensato di scrivere qualcosa per amore verso Toblach e la val Pusteria in generale e ricordando quello strano sentimento che mi ha preso ogni volta che mi sono trovato a guardare quei prati e quelle montagne.
Luoghi bellissimi, che conosco,storia affascinante, grazie!
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