

A seguire c’era Mozart e il suo concerto per corno KV 495.
Tornando a Vaughan Williams nell’accostamento a Mozart si è capito immediatamente,
fin dalla prima nota mozartiana, quanto fosse distante la musica di Vaughan
Williams dalla tradizione austriaca-tedesca tanto che ne ho avuto quasi uno
choc. Fatto rapidamente un reset ho comunque apprezzato moltissimo questo
Mozart suonato benissimo, come al solito, da quel fenomeno di bravura che è
Radovan Vlatkovic che poi, con gli altri due cornisti in orchestra, ha fatto un
bis di Anton Reicha, amico di Beethoven, un modo molto simpatico per permettere di valorizzare anche i
due bravi strumentisti.
Per finire questo concerto che era iniziato con un autore
inglese, Mendelssohn e la sua terza sinfonia “Scozzese”. Nel 1829 Mendelssohn
fece un viaggio in Scozia e ne ricavò profonde impressioni. Visitando a
Edimburgo lo Holyrood Palace e la vicina cappella, in rovina, dove Maria
Stuarda era stata incoronata regina di Scozia, Mendelssohn ci dice di aver
trovato l’inizio della sua sinfonia scozzese. Tornato in Germania scriverà
l’ouverture Le Ebridi. Nel 1830, come si conveniva ad ogni ragazzo di buona
famiglia, Mendelssohn parte per l’Italia dove resta abbagliato dal sole e dal
cielo italiani. Nel 1831 si dedicherà ad una nuova sinfonia, che sarà
l’Italiana e che dopo la prima esecuzione del 1833 rimarrà inedita e subirà
varie revisioni, mentre la Scozzese viene messa temporaneamente da parte e sarà
completata solo nel 1842, quindi 13 anni dopo il viaggio in Scozia e che verrà pubblicata come terza sinfonia anche se in realtà è la sua ultima. La sinfonia
sarà eseguita per la prima volta a Lipsia il 3 marzo e a Londra il 13 giugno
davanti alla giovane regina Vittoria a cui Mendelssohn chiese il permesso di
dedicare la sinfonia, permesso che la regina accordò molto volentieri. Questa
sinfonia quindi, poiché nasce dalle impressioni di quel viaggio, può essere
considerata una descrizione di luoghi o leggende o di suggestioni poetiche o climatiche o di
situazioni di lotta o di allegria, ma può essere considerata anche più
semplicemente un bel pezzo di musica ricco di armonia e di suggestioni. L’esecuzione
è stata molto bella e soprattutto molto intensa. Durante l’esecuzione del
terzo tempo che è molto severo e profondo, osservavo alcuni strumentisti anche
delle ultime file dei violini e li vedevo veramente coinvolti come raramente mi
è capitato di vedere e nell'esecuione dell'inno finale si sentiva una grande forza interiore. Sarà stato Marriner? Certo Marriner ha diretto benissimo
con quel gesto così chiaro e direi pratico, che proviene da una persona con
tantissima esperienza e che esce dall’orchestra, essendo egli stato
violinista. Un musicista vero con un grande amore per una musica che egli sente
evidentemente molto sua. Alla fine commentavo che a 88 anni Marriner era stato tanto più
convincente di diversi direttori molto più giovani soprattutto perché si
sentiva qualcosa di diverso anche in orchestra, una convinzione, un’anima che
certe volte faccio fatica a sentire. E' qualcosa di indefinibile ma che si sente, come nei rapporti con le persone. In totale sono andato al concerto un po' di malumore come mi capita in questo periodo (sarà il tempo!?) ma sono uscito dal concerto con uno stato d'animo molto migliore dell'inizio e quasi quasi mi verrebbe voglia di risentirlo.